«Dentro una fiera ognuno si muove secondo traiettorie e interessi personali. Ambiente, femminismo, figurazione, astrazione, arte africana: la nuova edizione di ArtVerona consente tanti, variabili e tutti attuali modi di essere vista», dice Stefano Raimondi al taglio del nastro della nuova, diciottesima, edizione di Art Verona.
Tra 6 sezioni espositive (Main Section; Innova; Introduction, a cura di Hannah Eckstein; Curated by, a cura di Giacinto Di Pietrantonio; LAB, a cura di Giulia Floris; e POV-Point Of View, a cura di Edoardo Monti), 13 premi (A Disposizione, Display, Premio A Collection, Premio Montani Tesei, Premio Casarini DueTorri Hotel, Premio MZ Costruzioni, Premio Massimiliano Galliani per il Disegno Under35, Sustainable Art Prize, Premio ArteMuseo, Premio Icona, Premio Marval Collection, stARTup promosso dal collezionista Nico Sgarzi, Premio Fondazione The Bank per la pittura contemporanea e Tomorrows UniCredit residency and production award) è evidente, qualcosa di diverso c’è.
E sono le proposte che molte gallerie hanno scelto di presentare nel segno della contaminazione, che abolisce la distinzione tra moderno e dialogo in favore di un dialogo che lascia emergere la complessità e la sperimentazione artistica dell’arte italiana e internazionale del Ventesimo e Ventunesimo secolo, attraverso varie generazioni di artisti. Così, per esempio, Mazzoleni propone fondanti capisaldi del Novecento, come Agostino Bonalumi, Lucio Fontana, Georges Mathieu, Salvo, insieme ad alcuni tra i più interessanti rappresentanti della scena artistica contemporanea: Marinella Senatore, Salvatore Astore, Andrea Francolino, David Reimondo e Rebecca Moccia.
Michela Rizzo, che dal padiglione 12 si sposta nell’11 – «scommettendo», dice lei, concretizzando, diciamo noi, a tutti gli effetti la contaminazione che abbiamo premesso – sceglie i suoi maestri (Nanni Balestrini, Riccardo Guarnieri, Lucio Pozzi e Saverio Rampin) e insieme dà ampio spazio a Matthew Attard con una serie di opere che attraversano passato, presente, futuro. Attard, che l’anno prossimo rappresenterà Malta alla Biennale di Venezia, mescola nozioni storiche, culturali, contemporanee, ironiche e satiriche per raccontarci del completo affidamento dell’uomo nei confronti della tecnologia. In fiera sono esposti i disegni digitali realizzati con programmi di editing in cui i tools convenzionali, come i pennelli, sono stati sostituiti con le emoticon e i disegni su pietra della Ship of Fools (Nave dei Folli che usa come allegoria) grazie all’uso dell’eye-tracker, uno strumento tecnologico che segue lo sguardo umano, segna dei punti e, tramite la post-produzione, elabora un disegno che non può essere controllato.
Sempre da Venezia, attraversando il Magic Carpet di Peter Halley (realizzato in collaborazione con la Galleria Massimo Minini di Brescia e grazie alla partnership con Aquafil S.p.A., lungo 42 metri realizzato con ingredienti sostenibili quali il filo ECONYL®) nel padiglione 12 Marignana Arte propone una curata selezione di opere di Aldo Grazzi. Di lui Luca Massimo Barbero ha scritto «è un artista che si interroga sull’esistenza di un mondo altrove, che ama i vaticini enigmatici delle particelle semplici, del Punto, del colore,delle associazioni matematicheo semplicemente ama indagare Mondi nuovi, senza mai diventare esotico». Piccoli arazzi in perline della serie Aldilà sarà, due importanti reti di fibra tagliata (Pieno 1 – Pieno 2) e l’iconica opera Vita Luce Amore di sei metri, si accompagno a lavori di Nancy Genn, Giuseppe Adamo e Laura Omacini.
Sethembile Msezane e Gina Pane, Dan Halter e Vincenzo Agnetti sono invece due – dei tanti – accostamenti inattesi, tanto quanto sorprendenti e potenti, che sceglie di mostrare Osart Gallery, accostando artisti storici, che hanno fatto parte della storia della galleria, con artisti africani contemporanei. Accanto a Action Psychè (Essai), 24 gennaio 1974 di Gina Pane, Sethembile Msezane crea opere ricche di simbolismo spirituale e politico esplorando temi legati alla spiritualità, alla commemorazione e ai sistemi di conoscenza africani; come a Given two or more work-instants there will always be a work-duration containing these given instants (1972) di Vincenzo Agnetti, concettuale estremamente radicale, freddo e a volte criptico, Dan Halter riflette sulla ridistribuire della ricchezza, ancora largamente concentrata tra una piccola minoranza bianca, a beneficio solo di pochi con legami con il governo.
Di attualità dà ampia proposta visiva anche Frittelli Arte Contemporanea con l’allestimento manifestante e partecipativo delle opere di Lucia Marcucci entro cui trovano collocazione i lavori di Tomaso Binga, tra cui Riflessioni a puntata, del 1991: un’installazione di 12 cartoline, inviate ogni mese per un anno a 280 destinatari in tutto il mondo, per riflettere sulla Guerra del Golfo, in cui risalta la dedica «AGLI INVOLONTARI DI GUERRA». Contemporanea è anche la proposta di Crag Gallery, che punta sui giovani in un dialogo soave e poetico, ma impegnato, con le opere di Luca Coser, Roger Coll e Giacomo Modolo.
Atipografia sceglie di accostare artisti con cui ha iniziato la propria attività, come Arcangelo Sassolino, con un cemento a parete che – con soddisfazione – ha trovato collocazione fin dalle prime ore di apertura – Mats Bergquist, Mirco Baricchi e Diego Soldà, con artisti più giovani come Yulia Iosilzon e Josh Rowell (ora in mostra ad Arzignano). A 360° è la proposta di Galleria Studio G7, che ha pensato a una doppia linea di proposta. All’esterno, Linea di Materia, è una riflessione sulle declinazioni di materia e materiali che prende le mosse con la serie Sectilia di Caterina Morigi (in marmo artificiale, una miscela di pigmenti, scagliola, e colla animale) e si conclude con l’installazione di Aleksander Pektov, che ricrea con cemento e argilla appunti grafici delle architetture che predilige. All’interno dello stand invece spazio a Jacopo Mazzonelli, Daniela Comani, Franco Guerzoni, Marilisa Cosello, Dravid Tremlett e Giulio Paolini, con la grande Ni le soleil, ni la mort… (tutte le opere esposte), 1998, esposta per la seconda volta nella sua storia.
Ed è proprio Giulio Paolini protagonista di una mostra personale alla Galleria Achille Forti, a prenderci per mano e condurci verso la dimensione museale ben tradotta, sia in fiera che che in città, dal progetto Habitat. Agli estremi dei padiglioni sono esposti Film Ambiente di Marinella Pirelli, una struttura metallica modulare percorribile, attraversata da pannelli trasparenti in metacrilato sui quali l’artista proietta il film Nuovo Paradiso, e Spazio Elastico di Gianni Colombo, un volume cubico, praticabile, astratto e instabile, una trappola percettiva a valenza onirica.
A proposito di città «ArtVerona – ci dice Stefano Raimondi – rappresenta anche l’occasione per scoprire tutto il fermento artistico contemporaneo che anima Verona. Quest’anno sono più di 40, infatti, gli appuntamenti diffusi in città». Nelle prime ore di apertura si intravede già qualche sorriso e anche se Giulio Alvigini, da Magazzeno, ci ricorda che «non siamo a Frieze», si può dire che ArtVerona rocks!
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