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La Biennale d’Arte Contemporanea di Riga rinviata a causa della guerra in Ucraina
Fiere e manifestazioni
di redazione
La RIBOCA – Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Riga, in Lettonia, ha annunciato che la sua terza edizione, la cui apertura era prevista originariamente per luglio 2022, sarà prorogata all’estate 2023, a causa della guerra tra la Russia e l’Ucraina. In una dichiarazione diffusa alla stampa, gli organizzatori hanno spiegato che «In tempi come questi, immaginare di lavorare per una mostra che avrebbe dovuto essere una celebrazione dell’arte, del rispetto e dell’unione, è inconcepibile, mentre in Ucraina vengono ancora commessi crimini atroci. Condanniamo fermamente l’attacco russo all’Ucraina e siamo uniti a tutti coloro che chiedono l’immediata fine della guerra».
Fondata nel 2016, con un forte taglio territoriale, incentrata sull’arte dei Paesi Baltici, ma con un respiro internazionale, RIBOCA è promossa dalla Riga Biennial Foundation e la prima edizione si svolse nel 2018. L’edizione che avrebbe dovuto svolgersi quest’anno, curata da René Block, in collaborazione con Nico Anklam, si intitola “Exercises in Respect” e alla mostra principale, sull’isola di Andrejsala – un’area precedentemente utilizzata come porto industriale sulla riva del fiume Daugava – avrebbero partecipato 63 artisti, tra cui Rosa Barba, Miriam Cahn, Maria Eichhorn, VALIE EXPORT, Alicja Kwade, l’ucraino Boris Mikhailov, Dan Perjovschi, Ran Zhang, con molte nuove commissioni, prodotte appositamente per questa occasione. «Con una lunga storia di fenomeni, i gesti di rispetto spesso significano un tentativo di capirsi su un piano di parità nonostante le differenze. Questa edizione abbraccia la varietà di voci attraverso i continenti e le generazioni», spiegava Block.
Ma la guerra si è messa in mezzo, generando la più grande crisi umanitaria in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Le Nazioni Unite hanno stimato che, al primo aprile, in Ucraina sono circa 7 i milioni di persone sfollate, mentre oltre 6 milioni di rifugiati sono fuggiti nei Paesi vicini.
«In quanto istituzione per l’arte contemporanea, è nostra responsabilità fornire uno spazio in cui gli artisti e il pubblico possano interagire, discutere e riflettere sulle nostre realtà», spiegano gli organizzatori. «Pertanto, insieme ad artisti, altre istituzioni artistiche e culturali, curatori e professionisti dell’arte, stiamo avviando una discussione aperta per ripensare il ruolo dell’industria artistica nel mondo intero. Dobbiamo riconsiderare la validità del format biennale in tempi come questi. Dobbiamo discutere su come il mondo dell’arte e le biennali possono influenzare e coinvolgere le società durante i periodi di guerra e conflitto. Di quale tipo di piattaforma di espressione e scambio hanno bisogno gli artisti, i curatori e la nostra società?».
Iterrogativi urgenti e sui quali anche altre manifestazioni di questo genere dovrebbero ragionare. Peraltro, anche l’edizione del 2020 subì uno spostamento, a causa della pandemia. Anche in quella occasione, però, gli organizzatori riuscirono a trasformare la difficoltà in un’occasione creativa e di riflessione, con la mostra incompiuta diventata un set cinematografico.