La Biennale di Bucarest del 2022 sarà curata da una personalità decisamente sopre le righe anzi, sopra le stringhe (di codice): si chiama Jarvis ed è un programma di intelligenza artificiale, attualmente in fase di sviluppo nello studio di programmazione viennese Spinnwerk. Insomma, chi l’ha detto che i robot possono svolgere solo lavori manuali o fare da maggiordomi. Anche se Jarvis è il nome del fedele governante di Tony Stark, alias Iron Man, in questo caso si tratta di ben altro, rispetto ad appendere quadri al muro, perché secondo Razvan Ion, fondatore della Biennale di Bucarest, Jarvis sarà in grado di condurre ragionamenti complessi, utilizzando tecnologie di deep learning per apprendere informazioni dai database di università, gallerie e istituzioni del mondo dell’arte. In seguito, potrà scegliere le opere che meglio si adattano al tema scelto. La domanda sarebbe: chi sceglie il tema? Chiaramente, dovendo comunque basarsi su pacchetti di dati, la scelta sarà limitata a quegli artisti inseriti nei database.
Ma nulla vieta di immaginare che un ipotetico Jarvis 2.0 possa accedere ad archivi più ampi, per esempio quelli dei social network. A quel punto, i curatori in carne e ossa dovranno darsi da fare e sudare le proverbiali sette camicie, per far riconoscere le peculiarità insostituibili del proprio ruolo. Anche perché una intelligenza artificiale non dovrebbe avere problemi di sudorazione. Ma la questione non andrebbe ricondotta solo alla dicotomia umani vs robot. Coinvolgendo ambiti molto al di là dello specifico settore dell’arte, la discussione riguarda, infatti, l’essenza stessa di ciò che consideriamo “lavoro”, dalle radici del suo valore alle diramazioni dei suoi scopi e dei suoi obiettivi. Per non parlare poi dell’enorme concetto del tempo (libero o da liberare).
In ogni caso, la decima Biennale di Bucarest, dal 19 maggio al 17 luglio 2022, si svolgerà tutta in realtà virtuale, quindi sarà accessibile in ogni momento e da parte del mondo, a patto di avere un visore VR. Ma a Bucarest e Vienna verranno comunque allestiti dei padiglioni muniti di visori. Anche l’edizione di quest’anno, intitolata Farewell to Research, si terrà online ma il curatore, Henk Slager, è umano.
L’ascesa del curatore robotico rappresenta obiettivamente una sorpresa, dato che, fino a poco tempo fa, sembrava che i lavori nel campo della creatività fossero al sicuro dall’automazione. Ma l’intelligenza artificiale è entrata nel mondo già qualche anno fa. Secondo il report 2019 pubblicato da Deloitte Private, a cura di Giorgia Coltella, Francesco Magagnini, Fabrizio Malfanti e Gabriele Torre, l’I.A. soddisferebbe molti ambiti del settore, dalla prevenzione anti-frode, alla catalogazione delle opere. E non solo.
Nel 2018, una stampa su tela di 70 cm x 70 cm, il Portrait of Edmond de Belam, è stato battuto da Christie’s New York a 432mila dollari. L’autore? Una intelligenza artificiale sviluppata dal collettivo francese Obvious. Alla base del processo creativo, un algoritmo che prevede il confronto tra due reti neurali, a partire da un database di immagini relative a 15mila ritratti storici realizzati tra il XIV e il XX secolo. Confrontando le informazioni, le due reti neurali hanno potuto “dare vita” a un ritratto non solo realistico ma anche in bello stile.
Infine, nel 2019, alla Fondazione Prada si è tenuta “Training Humans”, un’ampia mostra dedicata ai sistemi di intelligenza artificiale. Ma Boris sapeva già tutto: era infatti un robot a firmare la regia di Troppo Frizzante, lo show comico che, nella terza stagione della fantastica serie riscoperta da Netflix, fa fuggire Renè Ferretti da Milano.
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