“Manifesto of Fragility” è il titolo della prossima Biennale d’Arte Contemporanea di Lione, che si terrà dal 14 settembre al 31 dicembre 2022. Il tema nasce dalla necessità dei due curatori Sam Bardaouil e Till Fellrath di indagare la fragilità dell’era contemporanea, ponendo l’attenzione su una forma generativa di resistenza che prende spunto dal passato, ingloba il presente e si predispone al futuro. Protagoniste della Biennale saranno opere prese in prestito dalle più importanti istituzioni mondiali come il Metropolitan Museum of Modern Art, il Louvre Abu Dhabi e lo Staatliche Kunstsammlungen di Dresda. Oltre alla collaborazione internazionale, la manifestazione gode di un appoggio della comunità locale grazie all’esposizione di opere appartenenti ai grandi centri culturali della città, tra cui il Museo di Belle Arti di Lione, il Museo gallo-romano di Fourvière e il Musée de la Confluence.
L’esposizione si basa sulla convinzione che il dialogo sia parte fondamentale del processo che porterà la nostra epoca verso un futuro più sostenibile. Proprio per questo motivo, la Biennale inizierà a raccontarsi molti mesi prima della sua apertura ufficiale il 14 settembre 2022, grazie a parternships strette con diversi enti internazionali che continueranno fino alla fine del 2023. Questa impostazione rende l’evento molto più di una semplice esposizione: è un piano d’azione pensato per coinvolgere le coscienze degli abitanti del presente e del prossimo futuro. Proprio in vista di queste collaborazioni, ad aprire la stagione, il primo ottobre 2021 i curatori hanno invitato il rapper lionese Sasso a esibirsi nel cuore delle Fattorie Fagor di Lione. Questo primo evento è esemplificativo della loro volontà dei curatori di lavorare sul territorio, coinvolgendo qualsiasi forma di espressione artistica, senza limiti né generi.
La ricerca dei curatori parte dalla storia di Lione, complessa e stratificata. La Biennale vuole evocare le vicende di cui la città è stata protagonista con l’intento di invitare i visitatori a esplorare le fragilità del racconto, portandoli a ricercare delle connessioni che vadano al di là della geografia e del tempo passato. La Fragilità è quella dello spirito contemporaneo, da cui l’intera popolazione mondiale è accumunata. Il manifesto della Biennale a proposito recita: «La nostra fragilità è forse una delle poche verità universalmente sentite nel nostro mondo diviso. Da nessuna parte questo è più evidente che sopra e dentro il corpo. Le nostre comunità, tese da crescenti disordini civili innescati dal rifiuto di inchinarsi di fronte a ingiustizie secolari e iniquità endemiche, provocano nella loro fragilità un accresciuto senso di frenesia sociale. La nostra fragilità è inevitabile».
Come reazione a questa Fragilità, i curatori propongono la Resistenza, intesa come quella serie di azioni prolungate nel tempo e nello spazio capaci di parlare alle persone e alle loro debolezze. Che ne sarebbe del nostro mondo, si chiede la Biennale, se invece di evitare la vulnerabilità come segno di debolezza, la sfruttassimo come fondamento per l’empowerment? La Biennale propone una dichiarazione collettiva, sostenuta da una pluralità di voci e di coscienze che «Prosperano nella tenerezza e fioriscono nelle avversità». La sedicesima edizione della Biennale di Lione, sicuramente influenzata dagli eventi che hanno colpito la popolazione mondiale negli ultimi due anni, vuole proporre un modello positivo dove le differenze e le difficoltà sono viste come punti di forza, con l’obiettivo di promulgare un messaggio positivo e di inclusione.
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