miart 2021, una fiera «come una grande collettiva»

di - 16 Settembre 2021

142 gallerie (in leggera flessione rispetto alle 170 presenze circa delle ultime edizioni) di cui un terzo internazionali e provenienti in larga parte dall’Europa (Lelong, Corvi-Mora, Kilchmann, Clearing, solo per citarne alcune); e non mancano i grandi nomi italiani, tra cui Lia Rumma, Monica De Cardenas, Massimo e Francesca Minini, ZERO…, Vistamarestudio, Raffaella Cortese, Sperone, Mazzoleni – e anche il ritorno dopo varie edizioni di Franco Noero. Invariate le sezioni: Established Contemporary, Established Master, Decades, in cui dieci gallerie daranno vita a un percorso per decadi di quello che è stato il ‘900, Emergent e Generations, dedicata al dialogo tra artisti di diverse generazioni. Ritratto di miart 2021, oggi in apertura a Milano, con le parole del suo nuovo direttore, Nicola Ricciardi.

Nicola Ricciardi, ph. Giorgio Perottino Getty Images

Quattro anni nella direzione delle OGR Torino. Qual è il bagaglio d’esperienza maturato dal 2016 ad oggi?
«Le OGR per me sono state una formidabile scuola per quanto riguarda tutti quegli aspetti gestionali e manageriali che sono oggi imprescindibili per costruire o guidare un’istituzione culturale. Sin dai primissimi giorni come direttore artistico — quando le ex Officine Grandi Riparazioni erano ancora in ristrutturazione — a Torino ho dovuto accostare la ricerca e la pratica curatoriale all’attenzione per i processi aziendali, alla cura delle risorse umane, alla ricerca della sostenibilità economica. Tutte queste caratteristiche si sono dimostrate indispensabili per entrare in comunicazione e costruire da subito una relazione solida e produttiva con una realtà strutturata come Fiera Milano, che oltre a organizzare miart gestisce il polo fieristico più grande d’Europa».

Che cosa significa dirigere una fiera d’arte internazionale in un anno come il 2021? Quali le sfide principali in un periodo così complicato?
«La sfida è stata duplice: da un lato Fiera Milano ed io ritenevamo fondamentale che la prossima edizione di miart si sviluppasse in continuità con il percorso iniziato prima di me da Vincenzo De Bellis e Alessandro Rabottini — i quali, nel corso degli ultimi otto anni, hanno trasformato la fiera milanese in uno dei più rilevanti e apprezzati appuntamenti europei, puntando sull’internazionalità e sulla qualità dei progetti selezionati. Dall’altro era necessario adattare formato e strategia alla nuova realtà in cui ci troviamo immersi. Si tratta dunque di trovare il giusto equilibrio tra passato e futuro. Tenendo tuttavia sempre a mente la questione più importante — ovvero che le fiere si costruiscono innanzitutto partendo dalle esigenze dei suoi due pubblici di riferimento, galleristi e collezionisti».

Decades
Titina Maselli, Elevated, Grattacieli: Calciatore ferito, 1984, Acrylic on canvas, 250 x 400 x 4 cm. Photo Stefano Maniero, Courtesy Collezione Brai Maselli and Eduardo Secci, Florence

A proposito di sfide: qual è stata la risposta delle grandi gallerie, data la concomitanza con Art Basel e The Armory Show? E come può una fiera essere competitiva anche nei confronti delle grandi manifestazioni internazionali?
«La risposta è stata estremamente incoraggiante, come dimostrano anche i numeri: 145 gallerie partecipanti, di cui un terzo operanti all’estero. C’è stata ovviamente una flessione rispetto al 2019, dettata dal fatto che quando abbiamo chiuso il processo di application, a maggio, restava molta incertezza rispetto alle reali possibilità di viaggi e trasporti extra-UE. Nonostante questo, possiamo però contare su realtà provenienti da una grande varietà di latitudini e longitudini: da Miami a Lima, da Mosca a Città del Capo, da Atene a Città del Messico. Per quanto riguarda le fiere competitor, invece, ritengo la vicinanza un’opportunità piuttosto che un limite. Ad esempio, molti collezionisti si sono detti felici dalla possibilità di visitare Milano e Basilea con un unico viaggio e nell’arco di pochi giorni. Un ragionamento condiviso anche dalle gallerie, visto che sono numerose quelle che hanno deciso di aderire a entrambe le fiere, nonostante le evidenti difficoltà logistiche per loro».

Per l’edizione 2021 le sezioni di miart restano invariate rispetto al 2019. Sarà così anche in futuro o ci sono cambiamenti all’orizzonte?
«Non ho mai ritenuto una strategia vincente cambiare per il gusto di cambiare: non avendo mai diretto una fiera prima d’ora, ho ritenuto più opportuno studiare la macchina in funzione e in movimento prima di — eventualmente — apportare ritocchi al motore o alla carrozzeria. Grazie alla preziosa guida del gruppo interno a Fiera Milano ho imparato moltissimo in questi primi sei mesi, e so già che per il 2022 andrò ad apportare alcune modifiche, con la loro approvazione. Ma è presto per dire quali: ad oggi la nostra priorità è fare la migliore fiera possibile seppur nel non facile contesto del 2021. Poi, dal giorno immediatamente dopo la chiusura, lavoreremo per migliorarci ancora — e nel più breve tempo, visto che mancherà poco alla primavera del 2022».

Established Masters
Piero Dorazio, DORAZIO, Pilota 19, 1964, Oil on canvas, 25,5×35,5 cm, Photo and Courtesy Galleria Tonelli, Milan / Porto Cervo

In generale, come è cambiato il mercato dell’arte negli ultimi 18 mesi e come questi stravolgimenti hanno influito sull’organizzazione delle fiere?
«Il principale stravolgimento è stato che le fiere hanno scoperto di non essere più imprescindibili. Se nel 2019 quasi il 70% delle gallerie indicava le fiere d’arte come principale priorità aziendale, nel 2020 la percentuale è scesa al 24%. Questo significa che tutte le manifestazioni, anche le più importanti o rappresentative, non possono più dare per scontato la partecipazione di nessuno. Bisogna tornare ad ascoltare le esigenze delle gallerie, modellare l’offerta e le proposte sui loro effettivi bisogni. Personalmente lo ritengo un elemento di novità estremamente positivo per tutto il settore, perché si traduce in una comunicazione e una relazione più bilanciata e trasparente».

Le caratteristiche di una fiera d’arte ideale.
«La fiera d’arte ideale deve saper creare e offrire quante più opportunità possibili affinché le gallerie partecipanti possano veder ripagata la loro fiducia e il loro investimento. Solo così si creano manifestazioni solide e durature. Ovviamente bisogna poi bilanciare questa cura per gli aspetti di business con la capacità di costruire un progetto stimolante anche per il pubblico generalista. In questo caso l’ingrediente fondamentale è lavorare sulla curiosità del visitatore. Di miart, ad esempio, posso dire che abbiamo lavorato per far vivere la fiera come una grande mostra collettiva, capace di raccogliere al proprio interno oltre cento anni di storia dell’arte».

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