Una 26ma edizione di piena fioritura e anche se il tempo non è proprio dei migliori non fa nulla: miart ha riaperto le porte e, in questo primo trimestre 2022 segnato dal dramma della guerra in Ucraina, si fa portavoce di un diffuso sentimento di positività , con una proposta espositiva elegante e curata nei particolari, di livello mediamente alto. Diretta da Nicola Ricciardi, la kermesse meneghina, che traina un’Art Week quest’anno piuttosto animata (avete seguito i nostri tour quotidiani?), è tornata al piano terra di Fiera Milano e, secondo quanto abbiamo avuto modo di ascoltare tra i corridoi, si è trattata di una mossa apprezzata da molti.
Strategicamente importante e significativa anche la trovata di mettere le gallerie della sezione Emergent – una ventina – proprio all’ingresso, tutte insieme in una unica infilata, per privilegiare e premiare la visibilità dei giovani artisti. C’è però il rovescio della medaglia: alcune gallerie della sezione Established non hanno gradito il posizionamento troppo distante dall’entrata.
A prescindere dalle angolazioni della scacchiera, sul campo abbiamo visto tanta pittura e ormai non è affatto una novità , semmai una conferma dell’affidabilità di questo linguaggio, che sembra uscire rinforzato dall’inevitabile confronto con la nuova corrente dell’arte NFT, che travolge il mercato e l’attenzione ma rimane un’ancella, almeno per il momento. Segno, tra l’altro, della voglia di riprendere a osservare – e comprare – opere d’arte “ben” fatte. D’altra parte, nelle intenzioni di Ricciardi, c’è la volontà di dare il via al “primo movimento di una possibile sinfonia”, quindi, in armonia con i tempi, per quanto complessi siano (qui la nostra intervista con il direttore di miart). Di fatto, in questa prima giornata riservata ai VIP, tra i booth si aggirano tanti addetti ai lavori, molti sono sorridenti e vari ci hanno espresso il loro endorsement, da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo a Giorgio Verzotti.
La qualità c’è, i galleristi hanno giocato le loro carte vincenti. Bello lo stand di Franco Noero che, in Decades – sezione curata da Alberto Salvadori e incentrata su esposizioni monografiche o tematiche per esplorare la storia del XX secolo –, sceglie gli anni ’70 e porta Robert Mapplethorpe, icona indiscussa di quel periodo. Ci sono poi i famosissimi “Quadri a quadretti” di Aldo Mondino e le bottiglie scultoree di Luca Resta, in un dialogo generazionale da Il Ponte, le riconoscibilissime opere di Emilio Isgrò e Mimmo Rotella da Cardi Gallery e di Alighiero Boetti da Tornabuoni, oltre che l’installazione di Nagasawa da z20 Sara Zanin.
Ampia scelta di big anche per Lia Rumma, con William Kentridge, Ettore Spalletti, Gilberto Zorio e Joseph Kosuth, e se Mazzoleni porta Marinella Senatore e Galleria Continua Loris Cecchini, Poggiali presenta Goldschmied & Chiari e Renata Fabbri Sophie Ko e Giovanni Kronenberg. Menzione di merito all’allestimento d’effetto dello Studio G7, che riunisce i suoi artisti in un booth trasfigurato in un work in progress.
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Tante gallerie con opere giĂ viste negli anni,peccato non segnalare le gallerie A Palazzo con Raoul de Nieves e Massimo Minini con splendidi disegni di Enzo Mari