-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
no time no space – la ventottesima edizione di miart
Fiere e manifestazioni
Allargare ulteriormente i propri confini geografici e temporali è l’obiettivo di miart 2024, che ha preso in prestito le parole di Franco Battiato nella scelta del suo titolo: no time no space. Musicista, artista e indiscusso esploratore di mondi lontanissimi e civiltà sepolte, Battiato canta «Controllori di volo pronti per il decollo | Telescopi giganti per seguire le stelle».
Pronti, dunque, e occhi puntati – fin dall’ingresso – sulla proposta di generazioni più giovani di artisti nella sezione Emergent, a cura di Attilia Fattori Franchini, che accoglie quest’anno 23 gallerie in un interessante mix tra ritorni – Bel Ami (Los Angeles), Sébastien Bertrand (Ginevra), Sans titre (Parigi) con un solo di Robert Brambora – e new entries, come Arcadia Missa (Londra), Lovay Fine Arts (Ginevra) e Sweetwater (Berlino).
ArtNoble Gallery propone Kit eliminacode multifunzione (fichi d’india), un solo booth di Luca Staccioli che trasforma la chiocciola del kit eliminacode del banco di gastronomia del supermercato nella matrice di un corpo vivo ispirato ai fichi d’india, sia nella forma che nella capacità di generare aggregazioni naturali per proteggersi e moltiplicarsi. Se Staccioli apre le porte a una nuova possibilità di metamorfosi, che guarda alla natura come prima fonte di ispirazione, gli esseri magici di Michele Gabriele, scultorei e dipinti presentati dalla new entry ASHES/ASHES (New York) che lasciano evadere lo spirito romantico di creature per certi versi mostruosi che sembrano permeati di quel mistero che nel capolavoro di Guillermo del Toro era capace di vivere tra acqua e aria.
«Navigare, navigare nello spazio, nello spazio» – cantava ancora Battiato che si apre – nella sezione Established – con l’Altalena di Francesco Arena: Raffaella Cortese sceglie una presentazione minimale che lascia respiro alla poeticità materica dell’opera e incita al suo godimento. Chi con una panoramica completa chi con una selezione più dettagliata, la maggior parte degli stand punta sulla narrazione di storie nei segmenti dell’arte moderna e contemporanea. Mazzoleni (Torino – Londra) per esempio punta sia sui grandi maestri – Carla Accardi, Agostino Bonalumi, Lucio Fontana, per citarne alcuni – che sui contemporanei, con qualche novità da un punto di vista formale: ci sono i libri, sonori, frutto della Cromofonetica di David Reimondo, le crepe, in terra, in oro e in lapislazzuli di Andrea Francolino, e una serie di luminarie di Marinella Senatore, una delle quali con un nuovo fascio di parole che anticipa la scultura ambientale che, dopo la Venere degli Stracci, presidierà, da luglio, Piazza del Municipio a Napoli. Anche Thomas Brambilla (Bergamo) propone pezzi storici di Lynda Benglis e Klaus Rinke, insieme ai più recenti lavori di Erik Saglia e gli inconfondibili Crazy Flowers di John Giorno. Altrettanto ampia è la proposta Madragoa (Lisbona), dove Matteo Consonni dà spazio ad Anentte Barcelo, Sarah Benslimane, Enzo Cucchi, Pablo Echaurre, Alice Guittard, Rodrigo Hernandez, Steffani Jeminson, Luis Lázaro Matos, Carrie Moyer, Joanna Piotrowska, Gonçalo Preto e Buhlebezwe Siwani.
Edson Luli porta da Prometeogallery Ida Pisani (Milano) I am you. You are me. Tha’s a fact, mentre Ribot Gallery (Milano), insieme a una serie di sculture di Olivia Bax presenta l’ultimo progetto di Kate Groobey, Always Love, che riflette su cosa possiamo fare in tempi personalmente e politicamente strazianti, e trova che la risposta sia sempre l’amore. L’opera di Groobey ha due protagonisti principali, lei stessa, come alter ego dello stallone femmina, e sua moglie, la scrittrice e poetessa Jina Khayyer. In Always Love riconosciamo un lessico di motivi – che si estende alla mano, alla rosa, al cuore e all’osso dell’anima, soul bone – che assurgono a strumenti simbolici destinati a sostenere, guidare, rafforzare e potenziare le sue due eroine.
Ricordano relazioni (e corpi assenti) anche le opere di Davide Stucchi della serie 16/01/22 che Martina Simeti (Milano) presenta insieme all’altra serie HM5x58 e alle opere di Mimosa Echard che invita gli spettatori a entrare in un mondo in cui i confini tra pubblico e privato si confondono: ogni opera della serie invita alla contemplazione, offrendo scorci di emozioni e ricordi nascosti. Se Martina Simeti, in uno stand condiviso con la romana Ada Project, gioca sulle cromie, Gilda Lavia (Roma) predilige il bianco e nero per un interessante dialogo tra Marc Bauer, Petra Ferancovà, Marina Paris e Leonardo Petrucci che gioca a scacchi facendone, anche dell’arte, una questione di spazio. Uno spazio, come il mondo, che le opere di Anna Boghiguian, proposte da Franco Noero (Torino), cercano di mappare fino a diventare, come ha lasciato scritto l’artista in occasione della sua mostra in galleria, «un occhio, una visione, un ricordo, una sagoma». A Boghiguian è stato assegnato dalla Fondazione Henraux Sculpture Commission il premio per la realizzazione di un’opera in marmo. La galleria torinese è tra le dieci gallerie che partecipano alla fiera, sempre all’interno della sezione Established, a Portal, sezione curata da Abaseh Mirvali che propone 8 piccole mostre: dai solo show pensati per rileggere sotto nuova luce i lavori di artisti italiani come Franco Mazzucchelli (ChertLüdde, Berlino) e Francesco Gennari (Ciaccia Levi, Parigi – Milano /ZERO…, Milano), ai progetti pensati per allargare gli orizzonti della fiera, come gli stand dedicati a Troy Makaza e Gresham Tapiwa Nyaude (First Floor Gallery, Harare – Victoria Falls).
Nei corridoi si incontra anche Magali Reus, ora in mostra al Museo del Novecento, che è presentata da Galerie Fons Welters (Amsterdam) insieme a Bob Eikelboom, Jennifer Tee, Anh Trán ed Evelyn Taocheng Wang; e anche Luiz Zerbini, che era stato protagonista della nostra cover nel numero 121 è proposto dalla galleria Fortes D’Aloia & Gabriel (San Paolo, Brasile) in compagnia di Anderson Borba, Leda Catunda, Mauro Restiffe, Valeska Soares, Gokula Stoffel, Tadáskia e Yuli Yamagata. C’è spazio anche per i lavori di Erika Verzutti, esposti in uno spazio progettato per connettere lo stand a quello di Andrew Kreps (New York). Dall’installazione di Vivian Suter pensata per kaufmann repetto (Milano – New York) allo spettacolare paravento del 1987 di David Hockney proposto da Galerie Lelong & Co. (Parigi – New York), molte sono le opere di carattere museale da scoprire in fiera – tra cui anche Combustione B.A. (1960) e Combustione plastica (1957) di Alberto Burri presentate da Tornabuoni Arte (Firenze – Milano – Forte dei Marmi – Roma – Parigi – Crans Montana). Galerie Lelong presenta anche Kiki Smith e una serie di interessanti lavori di Ernest Pignon-Ernst, che dalla prossima settimana vedremo protagonista all’Espace Luois Vuitton di Venezia.
A proposito di Venezia, la vicinanza all’inaugurazione della 60. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia ha portato numerose gallerie a dare risalto in fiera agli artisti che ne saranno protagonisti. Galerie Neu (Berlino) propone un solo show di Louis Fratino, Richard Saltoun (Londra – Roma) porta Greta Schödl, Bertina Lopes e Xiyadie – ma c’è anche Atelier dell’Errore, che con il supporto di Collezione Maramotti e il contributo di Gianni Belletti inaugura AdE_Vela_Rapido in occasione della seconda edizione del progetto Vela d’Artista organizzato da Edipo Re. Da Lia Rumma (Napoli – Milano) insieme a William Kentridge e Luca Monterastelli – a cui è andato il Premio Matteo Visconti di Modrone – e tanti altri grandi nomi sono esposte anche alcune opere di Wael Shawky, rappresentante del Padiglione Egiziano; Francesca e Massimo Minini propongono – tra gli altri – Sol Calero e Wilfredo Prieto; Michela Rizzo (Venezia) sceglie Matthew Attard, che rappresenterà il Padiglione Malta. Il lavoro di Attard – che indaga cosa resti di umano nelle società sempre più dominate dall’intelligenza artificiale e cerca di sviscerare il rapporto dell’umanità con l’intelligenza artificiale e la tecnologia digitale, adattando un dispositivo digitale di eye-tracking come mezzo per disegnare – si inserisce in un incontro artistico con le opere relazionali di Cesare Pietroiusti, le rappresentazioni del tempo e della memoria e quelle fedeli delle correnti oceaniche di Mariateresa Sartori e i Frottage di Andrea Mastrovito in cui intervengono, oltre alla facoltà visiva, il dato reale, la coscienza, l’adesione affettiva, la memoria individuale e la messa a fuoco morale.
Numerosi sono gli sconfinamenti in fiera, è evidente, e oltre la fiera, e ognuno a modo suo è promessa di un entusiasmante viaggio intellettuale, emotivo, visivo ed empatico. Tanti sono i tributi alla memoria, altrettante sono le presenze della nostra contemporaneità. A tal proposito, in un passaggio fondamentale della sua lezione, Agamben disse che «È davvero contemporaneo chi non coincide perfettamente col suo tempo né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio attraverso questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo». Non ci resta che accogliere l’invito di questa ventottesima edizione di miarte, per dire in futuro che «seguimmo per istinto le scie delle Comete, come Avanguardie di un altro sistema solare».