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RIBOCA: la Biennale diventa un film e set cinematografico, causa Covid-19
Fiere e manifestazioni
L’epidemia del Coronavirus ha inferto un duro colpo a tutti gli aspetti della società e anche al mondo dell’arte. Sono stati numerosi gli eventi culturali e le esposizioni cancellati o posticipati. A Riga, però, è accaduto qualcosa di diverso. Qui la pandemia non è stata sinonimo di annullamento, bensì di trasformazione. La seconda edizione di RIBOCA – Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Riga, intitolata “And Suddenly It All Blossoms”, si trasformerà in un film e la mostra incompiuta diventerà il suo set cinematografico. L’apertura della biennale era prevista per il 16 maggio 2020 con una durata di cinque mesi.
RIBOCA2 nasce dell’intuizione della curatrice Rebecca Lamarche-Vadel, la quale ha dichiarato che la Biennale parte dalla voglia di cambiare il nostro modo di abitare il mondo, attraverso il contatto con altre voci, sensibilità e modi di fare relazione. Un’idea secondo cui la fine di “un” mondo non significa la fine del mondo. Queste intenzioni, però, si scontrano con la presente situazione e, purtroppo, il progetto originario della mostra, composto per l’85% di nuove commissioni, non può essere realizzato come inizialmente immaginato.
Come trasformare RIBOCA in un film
Nelle circostanze attuali, più che mai incerte, è necessario re-inventare i formati e l’accesso alle mostre, pur mantenendo gli impegni presi i nei confronti degli artisti. È in quest’ottica che “And Suddenly It All Blossoms” si trasformerà in un set cinematografico aperto al pubblico per tre settimane, se le condizioni lo permetteranno. Sul sito della biennale di Riga si legge che «Il film stesso presenterà un dialogo tra opere finite, incompiute e assenti. Da qualche parte tra un rudere e un cantiere, alle soglie di un domani sconosciuto e di possibilità aperte, “And Suddenly It All Blossoms” riconosce la nostra situazione e i limiti del nostro controllo».
Ambientato ad Andrejsala, dove un tempo sorgeva l’ex porto industriale di Riga, il film segue i resti del formato espositivo originale e si svolge come un’odissea, una deriva e una meditazione che si sviluppa tra le opere. La città si presenta come ambiante circondato da granai, terre desolate, una centrale elettrica abbandonata, una stazione ferroviaria e navi da crociera. Portando le tracce delle industrie di ieri in attesa della sua potenziale rinascita, Andrejsala è una metafora delle rotture delle utopie moderne, degli ideali sovietici. Il film riflette sulla condizione di stare in bilico, sulla soglia, di trovarsi all’incrocio tra il mondo passato e quello nascente.