12 ottobre 2024

Sempre moderna e contemporanea, ha preso il via la nuova edizione di ArtVerona

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Tre sezioni per 130 gallerie e una nutrita partecipazione del mondo editoriale e degli spazi no profit: ArtVerona ha aperto i battenti della diciannovesima edizione con un Red Carpet realizzato da Ugo Rondinone, e con due nomi d’eccellenza per il progetto Habitat, dedicato quest’anno all’opera di Fabio Mauri (in fiera) e a Mario Merz (in città)

Fabio Mauri, Habitat, ArtVerona 2024. Courtesy Studio Fabio Mauri. Ph. Giuseppe Marinelli

«Quando ci è arrivato l’invito da parte di Stefano Raimondi ed Elena Forin ad esporre le opere di Fabio alla sezione Habitat della fiera, il pensiero è andato immediatamente alle mostre Interno (1990, Galleria Anna D’Ascanio, Roma) e Interno/Esterno (1990, Galleria Carlini, Firenze) perché affrontavano già il tema dell’abitare, dello stare in un luogo, quello “dell’Arte o del Mondo”, come diceva Mauri, anche se questo luogo, seppure definibile, non è individuabile. Così realizza le opere con i propri mobili di casa come a renderli icona di quel rapporto di mediazione tra “l’interno”, l’io, e “l’esterno”, il mondo, rapporto di cui ogni casa, con il suo contenuto, è espressione» confida Ivan Barlafante, artista e direttore dello studio Fabio Mauri, avvicinandoci alla collezione completa degli Zerbini di Fabio Mauri esposta in occasione della terza edizione di Habitat all’interno del padiglione 11 del polo fieristico.

Fabio Mauri, Dramophone – Disegno, 1976, tecnica mista su carta, 20,7 x 45 cm, Courtesy Galleria Michela Rizzo, Venezia, e Courtesy The Estate of Fabio Mauri

Il padiglione si apre, mi piace pensare in nome di quella compenetrazione del tempo, per cui in qualche modo tutto il lavoro di Mauri nello svolgersi in avanti si radica all’indietro nel “senso” delle prime opere in una parabola che restituisce dall’origine il senso del suo operare, con lo stand di Michela Rizzo – che nel 2009 presentò in galleria proprio gli Zerbini nella mostra postuma dell’artista, da lui progettata, Fabio Mauri, etc – che sceglie quest’anno di presentare le opere di Fabio Mauri, tra cui un Dramophone del 1976, insieme al lavoro di Matthew Attard, Federico De Leonardis, Mauro Ghiglione, Maria Teresa Sartori e Silvano Tessarollo. Di fronte alla galleria veneziana, Mazzoleni – impegnato anche a Londra – propone uno stand importante, che dà ampio respiro alla scultura, da quelle di Salvatore Astore a quelle di Agostino Bonalumi, medium deputato per raccogliere “al suo interno” – rispetto alla costruzione dello stand – capolavori di Dorazio, Salvo, Marinella Senatore, David Reimondo, Rebecca Moccia, Andrea Francolino e, last but not least, un’anticipazione su Eridanus: The River Constellation (“Eridano”: la costellazione del fiume), la più vasta mostra in galleria dedicata a Melissa McGill con opere dal 1998 al 2024 (in programma dal 30 ottobre), che mette in luce il legame tra acqua, esseri viventi e cosmo, che attraversa tutta l’opera dell’artista americana. 

Veduta dello stand Mazzoleni London-Torino, ArtVerona, 2024

Dep Art Gallery offre una proposta varia, che spazia tra Valerio Adami, Alighiero Boetti, Gerold Miller, Pino Pinelli, Regine Schumann, Turi Simeti e Giuseppe Uncini tra gli altri, inserendosi nel padiglione che tradizionalmente è più incline al moderno e pone all’attenzione del pubblico nomi come Sandro Chia, Luigi Ontani e Mario Schifano, Toti Scialoja (Ambrosiana Art Gallery), Mario Sironi (Casa d’Arte San Lorenzo), Giorgio Griffa (Ferrarin), Enzo Cucchi, Luigi Ghirri, Bruno Munari e Giulio Paolini (Galleria Antonio Verolino), Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Renato Guttuso, Leoncillo, Antonio Ligabue e Zoran Music (Galleria de Bonis). Lasciando la sezione moderna, per accedere a quela più contemporanea, di sperimentazione e ricerca, attraversiamo, prima, il Red Carpet di quest’anno, di straordinaria rilevanza internazionale: è di Ugo Rondinone, infatti, il tappeto di oltre 400 mq – The rainbow brick road – che accoglie i visitatori di questa 19. edizione e li traghetta da un padiglione all’altro. «Ho immaginato il tappeto come una ‘strada di mattoni’ di tanti colori diversi fondendo così due archetipi incompatibili: l’arcobaleno e il mattone. Entrambi gli archetipi sono apparsi come leitmotiv nei miei dipinti, sculture, video e installazioni fin dai primi anni ’90 sotto forma di aperture e pareti», afferma l’artista accompagnando alla lettura dell’arcobaleno come simbolo di pace, di uguaglianza e apertura, e insieme ponte tra tutto e tutti, e del mattone come elemento determinante nella costruzione di muri intorno a sé e al mondo e dunque simbolo di simbolo di chiusura all’interno o all’esterno. 

ArtVerona 2024, Red Carpet. Ugo Rondinone, The rainbow brick road
Vedutosi dello stand Boccanera Gallery Trento – Milano, ArtVerona, 2024

Il padiglione 12 si apre sulla destra con l’urgente messaggio di Daniel González, Peace Please, presentato da Boccanera con un riferimento al filosofo Hans-Georg Gadamer, secondo cui – ricorda l’artista – «la festa è la presentazione della comunità stessa nella sua opera più compiuta». Il lavoro di González – che nello stand è in ottima compagnia di Cristian Avram, Davide Quartucci, Andrea Ravo Mattoni e Ivano Troisi – crea un luogo di scambio emotivo positivo all’interno del quale, o di fronte al quale, indistintamente chiunque può ripensare i propri codici di comportamento, amplificando – spiega l’artista – «il senso personale di felicità». Sempre in ingresso, ma a sinistra, è invece Prometeo Gallery Ida Pisani a dare il benvenuto con una selezione di opere che comprende nomi capisaldi – Zehra Dogan, Regina José Galindo e Giuseppe Stampone, vincitore quest’ultimo del Premio Arte Museo – e nomi nuovi, tra cui spicca Francesca Perrone, brava a mantenersi in equilibrio tra erotismo e fanciullezza per parlare di pensieri privati e rivelare storie intime. 

Dionysis Saraji, L’uomo con lo strano copricapo racconta la storia del marinaio e la sirena, 2024. Courtesy l’artista e LABS Gallery, Bologna. Art Verona, 2024

Passeggiando molto attentamente nei corridoi, tra tante conferme – Matt Berguist da Atipografia, per esempio, con la deliziosa Scala che si è aggiudicata lo storico premio Icona, e Dario Picariello da LABS Gallery, vincitore anche lui del Premio Zenato Academy con le opere Come se fosse tempo e Tienimi prima che me ne vada – si scoprono nomi giovani, nomi nuovi, su cui vale la pena soffermarsi. Uno di loro è Dionysis Saraji – presentato da LABS e meritatamente vincitore del Premio Casarini DueTorri Hotel – capace di elaborare, con originale intensità e sensibilità, una ricerca che scopre, ristabilisce ed approfondisce numerosi aspetti della propria identità. Un altro è Roberto Amoroso, alla sua prima fiera con la galleria veneziana 10zerouno di Chiara Boscolo, che partecipa per la prima volta alla manifestazione. L’altro nome ancora è Rosario Vicidomini, che si interroga sul linguaggio pittorico come verità disvelatrice, costruita sulla perduta penetrabilità del reale, alimentando una ricerca che ha percorso stadi di esistenza molteplice, indagando il conoscibile, afferrando il soggiacente e le sue condizioni di possibilità, di cui Curva Pura, di Roma, presenta un’importante e affascinante selezione.

Rosario Vicidomini, veduta nello stand di Curva Pura, Roma, ArtVerona, 2024
Vedutosi dello stand MLZ Art Dep, ArtVerona, 2024

Ci sono anche nomi da Biennale, come quello di Anna Jermolaewa – che si aggiunge a quello di Attard, da Michela Rizzo – presente nello stand di MLZ Art Dep, insieme alle opere di Matteo Attruia, Negra Negra Bernhard, The Coolest Couple, Sergio Cabar e Yuk Ćosić. Jermolaewa, artista del Padiglione Austria nella Biennale corrente, presenta l’opera Ribs, affermando il suo interesse per l’analisi delle strutture funzionali della società e dei sistemi sociali nella vita quotidiana, e concentrandosi – come è prassi nella sua ricerca – sulle condizioni di base dell’esistenza umana e sulla natura dell’uomo, cogliendo il rapporto tra l’individuo e le masse, la libertà e la restrizione, il potere e l’impotenza. 

Guardare in alto (acutamente), ha lasciato scritto Vinicio Berti in una delle opere esposte nello stand di Frittelli Arte Contemporanea, insieme a Mimmo Rotella, Tomaso Binga, Servane Mary, Nanni Balestrini e Lucia Marcucci. In alto, si, ma anche tra i corridoio, per scoprire qualche buon lavoro su cui puntare o su cui investire che si distingue nell’ampia proposta di questa diciannovesima edizione, la quinta diretta da Stefano Raimondi, a cui va il merito di aver portato un’aria nazionale e internazionale all’interno della kermesse veronese.

Vinicio Berti. Courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze. ArtVerona, 2024

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