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Domenica, ultimo giorno di fiera, tempo di primi bilanci, che quest’anno per ArtVerona coincidono con i bilanci di ben quindi anni di attività. I dati sulla fiera saranno diffusi alla chiusura ma – breve spoiler – a detta dei galleristi e degli addetti ai lavori l’affluenza e le vendite sono in crescita, vedremo se le voci di corridoio saranno confermate.
In ogni caso, se da un lato è giusto e doveroso comprendere quanto, come e a chi si è venduto, se i visitatori siano aumentati o meno etc. – visto che una fiera è in primis un’azienda – parimenti importante (e forse di più, per chi crede che l’arte non sia solo un fatto di mercato), è capire come tutto il meccanismo attivato da una fiera si collochi all’interno delle necessità del sistema dell’arte in quel determinato momento.
«Il bilancio è positivo, – ci ha raccontato Sara Benedetti, project manager di ArtVerona – la fiera si mostra matura, con una proposta qualificata e a nostro avviso, e dei molti addetti ai lavori con cui ci siamo confrontati in questi giorni, migliorata rispetto all’anno scorso. Si nota anche un impegno maggiore delle gallerie nel pensare la loro proposta e il display degli spazi. Abbiamo inoltre registrato un gradimento molto alto sia della nuova porta Re Teodorico, sia degli spazi, migliorati per consentire una visita più fluida. Parlando di collezionisti è stato anche molto apprezzato il programma VIP. In generale abbiamo avuto ottimi riconoscimenti da tutto il network della fiera, che include anche sponsor, imprenditori, partner culturali e un numero sempre più alto di direttori di musei che, con Level 0, vengono ad ArtVerna per scegliere artisti con cui immaginare un progetto durante l’anno. Ci sono stati nuovi premi, come il Premio MZ Costruzioni, nato dall’iniziativa di due collezionisti campani, e il Premio Casarini del gruppo Due Torri Hotels. Tornano il premio Widiba e il Premio Icona, assegnato alla galleria Studio G7, con cui ArtVerona è lieta di avere modo di omaggiare Ginevra Grigolo, recentemente scomparsa, oltre alla conferma del Fondo di acquisizione di Veronafiere, A Disposizione.
Per quanto riguarda gli scambi commerciali le gallerie ci riconoscono un pubblico qualificato. In una fiera dalle dimensioni contenute, che non presenta situazioni di calca, le gallerie – soprattutto quelle alle loro prime partecipazioni – hanno rilevato che i collezionisti hanno più tempo e modo di approfondire la ricerca dell’artista, di porre domande sulle opere, come se si sentissero più a loro agio nel creare un rapporto con i galleristi».
Al di là dei dati, la domanda rimane se in questi quindici anni la fiera abbia saputo raffinare la propria identità come realtà concretamente e efficacemente in grado di confrontarsi con le sfide e le necessità del momento storico in cui avviene. Nei quindici anni trascorsi dalla prima edizione il sistema stesso dell’arte è cambiato – il come e il perché sono temi di grande complessità –, la fiera è riuscita a trasformarsi per rispondere in modo significativo a questi mutamenti? O, come spesso accade, si è rafforzata come brand perdendo in freschezza e capacità di rispondere alle vere necessità del momento? È riuscita a mantenere (o sviluppare) reattività e lungimiranza?
Negli ultimi tre anni è stata Adriana Polveroni a governare il vascello tra vincoli d’impresa, necessità del sistema e equilibri “diplomatici”. Impossibile riassumere in poche righe questo triennio di impegno costante e caparbio per far crescere la fiera, ma vorremmo sottolineare uno degli aspetti che caratterizzano il suo mandato: l’attenzione verso i giovani artisti.
Questa edizione di ArtVerona, elogiata da molti per la qualità degli stand, l’eterogeneità (coerente) delle proposte e la varietà degli approfondimenti, ha reso ancora più evidenti i risultati del lavoro fatto in questi tre anni a sostegno dei giovani artisti. ArtVerona è stata in grado di progettare e sviluppare un’articolata sinergia tra ente fiera, gallerie, collezionisti (anche – e spesso – nuovi), istituzioni e imprese private creando una circuitazione capace di sostenere i giovani artisti. ArtVerona si è assunta il rischio di dare vita alla sperimentazione – calata nel massimo della concretezza – di un modello fondamentale e necessario in un paese in cui il sistema dell’arte soffre della mancanza di un reale sostegno in grado di favorirne uno sviluppo e non una semplice sopravvivenza. Ad ArtVerona i premi sono opportunità (non solo “targhette” e complimenti), gli spazi indipendenti e le gallerie di ricerca trovano visibilità, occasioni di dialogo e confronto, trasformando la fiera da luogo espositivo in terreno di incontro (vero).
Tornando alla domanda iniziale: a quindici anni dal taglio del nastro ArtVerona è diventata una fiera in grado di essere significativa per il suo contesto e per quello nazionale? È, ad oggi, in grado di imprimere un impulso allo sviluppo dell’arte nel contesto nazionale (e non solo)?
La risposta è sì, scritta a chiare lettere in ogni momento di questa quindicesima edizione e in ognuno dei frutti che poterà, dopo la chiusura di questa sera.