Videocittà torna a Roma. Francesco Dobrovich ci racconta il festival della visione e della cultura digitale

di - 6 Luglio 2024

Anche quest’anno torna a Roma Videocittà, festival presieduto da Francesco Rutelli e con la direzione creativa di Francesco Dobrovich, che indaga i più innovativi codici dell’audiovisivo e del digitale. Una riflessione sulla connessione tra uomo e natura e sul legame tra pensiero ambientalista e nuove tecnologie.

Dopo l’elemento lunare (2022) e quello della Terra (2023), il 2024 è l’anno della Galassia. Ci puoi raccontare qualcosa di più sul tema scelto per questa edizione?

«Questa edizione è un viaggio attraverso il cosmo che abbiamo fatto grazie anche al supporto scientifico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e che raccontiamo attraverso Nebula, l’installazione dei Quiet Ensemble con le musiche di Giorgio Morder che illumina il Gazometro G4. Si tratta di un invito a osservare una parte infinitamente millesimale di una vita che ci circonda e che per quello che sappiamo si genera e si auto genera di continuo: dallo studio delle stelle sappiamo che da un buco nero nasce una nebulosa, da una nebulosa scaturisce una supernova in un processo che si ripete all’infinito, all’interno di un equilibrio universale. Nebula fa parte del terzo atto di una quadrilogia che il prossimo anno si concluderà con un racconto sul Sole in occasione degli 800 anni dalla scrittura de Il cantico di Frate sole e Sorella Luna, in concomitanza con il Giubileo.»

Anche per questa edizione Videocittà apre le porte del Complesso del Gazometro Ostiense. Il festival è anche il punto di partenza di un’operazione che intende riattivare questo distretto condotta da Eni. Come si inserisce Videocittà in questa operazione?

«Eni, nostro partner da sette edizioni, ha chiesto a Videocittà di partecipare attraverso un’apertura straordinaria che si inserisse in questo processo. Noi abbiamo deciso di farlo attraverso la forza della cultura, che è quella di poter avvicinare il pubblico ad un processo di cambiamento. Videocittà è il drive di un dialogo che si fa ponte tra presente e futuro, tecnologia e innovazione.

Il festival si sposa perfettamente con la mission di questo luogo, il ROAD – Rome Advanced District, dove convergono imprese che hanno come finalità ultima l’innovazione. Se ci si pensa questo ai suoi tempi era un luogo di innovazione, di produzione di energia, che oggi vogliamo reinserire in una nuova transizione digitale e ambientale. Lavoriamo sulle nuove tecnologie dell’audiovisivo, sul digitale e quindi sull’innovazione avvicinando il pubblico al processo di cambiamento che è in atto.»

Quali sono state le priorità sulle quali avete spinto per questa edizione?

«Come prima cosa riuscire a portare un ventaglio quanto più variegato possibile di ciò che è l’industria del digitale oggi. In particolare i creators e l’immersive experience. Abbiamo un grande focus con i creators in cui cerchiamo di mettere l’accento sulle nuove professionalità, questo anche grazie alla collaborazione con l’Unione Editori e Creators Digitali di ANICA. Quando si parla di produzione di contenuti sul web c’è bisogno di qualità: abbiamo coinvolto alcune delle professionalità migliori a livello nazionale e internazionale come protagonisti di una serie di talk.

Per quanto riguarda l’immersive experience, basta pensare a tutte le professionalità che sono state coinvolte per realizzare Nebula. Non è più l’artista/artigiano da solo, insieme c’è il musicista/artigiano, il fonico/artigiano, il direttore luci/artigiano, tutti artigiani digitali, un insieme di figure professionali che operano insieme per poter offrire un prodotto unico. Quest’anno abbiamo anche messo a disposizione del pubblico circa 100 visori per diverse esperienze: penso alla prima nazionale di ODE corporis, progetto VR del Teatro dell’Opera di Roma oppure a Le Bal de Paris, Leone d’Oro alla 78ᵃ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Venice VR Expanded

Cambiare il modo in cui è percepita la città di Roma. Dopo 6 edizioni possiamo fare un bilancio sostanzioso. Cosa pensi abbia dato il festival alla città e viceversa?

«Per me i festival, e parlo in generale, sono un elemento insostituibile nell’affermazione di ecosistemi creativi. Non esiste un ecosistema creativo in grado di auto svilupparsi se non c’è un festival di riferimento su piazza. Negli ultimi sette anni Videocittà sta contribuendo ad alzare la soglia dell’attenzione verso queste tematiche dando coraggio di esprimersi agli attori che esercitano in questa micro industria perché per loro diventa un punto di riferimento. Ma questo non succede solo nel nostro caso, succede per ogni festival di riferimento di un determinato settore.

Si tratta di eventi necessari a creare attenzione su una tematica specifica che riescono a parlare alla comunità. Può accadere solo con un festival che andando oltre le logiche strettamente di mercato, porta innovazione.»

C’è una rete di partner, sostenitori e istituzioni che vi seguono da anni. Che rapporto si è creato con loro?

«La rete di stakeholders che sostiene il festival è fondamentale. Per noi la cosa più importante è la credibilità: i nostri partner si apsettano risultati e noi abbiamo una grandissima attenzione nei loro confronti. Oramai siamo un team di persone altamente professionalizzate che si occupano ognuna di seguire un aspetto nel miglior modo possibile.»

Visto che siete sempre proiettati verso il futuro, perché non ci date qualche anticipazione sulla prossima edizione del Festival?

«Come ti ho accennato il tema della prossima edizione sarà il Sole. Come project leader di Europa Creativa, un programma di finanziamento istituito dall’Unione Europea per sostenere il settore culturale, creativo e audiovisivo in tutta Europa, parleremo anche di patrimonio naturale. Presenteremo un racconto digitale incentrato sul cambiamento dei landscape naturali europei causato dalla globalizzazione e del cambiamento climatico. In particolare parleremo del Pinus pinea, il Pino domestico, uno dei più diffusi nel nostro paesaggio naturale, ora sotto attacco dalla tartaruga cocciniglia. È un tema dibattuto in questo momento, ci saranno dei landscape che spariranno nei prossimi 25 anni e cercheremo di raccontarlo attraverso questo simbolo della nostra città.»

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