Categorie: fiere e mercato

ArtVerona, la fiera di domani

di - 18 Ottobre 2012
Può una fiera crescere in un periodo di recessione, mentre il mondo istituzionale delle gallerie e dei musei è particolarmente in crisi? A Verona sembra di sì, dove oggi inaugura la nuova edizione della mostra-mercato dell’arte della città, giunta al suo settimo compleanno. Un’iniziativa che ha registrato nell’edizione del 2011 un totale di oltre 20mila ingressi. Il segreto del successo? Forse l’approccio a un mercato giovane e fatto da giovani, le esperienze più interessanti dell’arte indipendente italiana e una serie di iniziative che mirano a gettare una luce sull’andamento, anche critico, del contemporaneo. Qualche esempio? Il ciclo “On Stage”, focus sul delicato ruolo del curatore nell’attuale sistema dell’arte, a cura di Andrea Bruciati, la rassegna video “Playtime” ideata da Cecilia Freschini o gli incontri con il pubblico più giovane di “ArtVerona Young”. Un’occasione per farci raccontare da vicino, dal direttore artistico Massimo Simonetti, un punto di vista sulla sua fiera in espansione.
ArtVerona giunge quest’anno alla sua ottava edizione. Che bilancio si può fare anche rispetto agli anni trascorsi, considerando gli aspetti negativi della crisi di questo ultimo periodo?
«Siamo assai soddisfatti della riuscita di ArtVerona, abbiamo concepito e realizzato una fiera di rilievo nazionale, senza avere alle spalle una grande città metropolitana. Il nostro pubblico di visitatori proviene sempre più da tutta Italia. In particolare, siamo orgogliosi di questa ottava edizione, che, nonostante la difficile contingenza economica, riscontra una sostanziale tenuta degli espositori, che ne conta 110, rispetto ai 136 del 2011. La crisi ha spinto tutto il nostro staff a mettere ancora più entusiasmo nel progetto, per sviluppare un’atmosfera di evento culturale, di festival dell’arte contemporanea. Ci è parsa la strada migliore per affrontare il mercato».
Quest’anno torna, per la terza volta, anche il progetto “Independents”. Una vera formula di successo, dalla quale anche altre fiere collaterali a grandi manifestazioni hanno preso spunto. Come si può tutelare e promuovere l’immenso “sottobosco” creativo che in Italia abbonda, ma che fa fatica a resistere per più di qualche stagione?
«Gli Independents sono spesso dei veri eroi, che sprigionano passione per quello che fanno. Vi invito a osservare i loro spazi: spesso il loro slancio, il trasporto, si vedono fisicamente. Il nostro concetto di “fiera” nel senso antico di contenitore di “tutto quello che di buono troviamo nell’arte” ha portato il nostro grande Cristiano Seganfreddo all’idea di Independents, che ci è subito sembrata assolutamente perfetta tanto era semplice: dare spazio pubblico a chi per definizione non ce l’ha. È stato in effetti un vero successo».
Che investimenti ha operato ArtVerona in fatto di accoglienza di collezionisti, di promozione tra il pubblico? Si può dire che la fiera stia in qualche modo passando verso uno status “mid-career”?
«Grazie, mid-career lo trovo un bellissimo complimento. Per noi l’ospitalità è una questione di importanza vitale, come si evince da quanto dichiarato prima rispetto al pubblico. Ogni anno offriamo un pernottamento a Verona a circa 300 collezionisti selezionati. Intendo all’incirca 250 stanze in una delle notti di fiera. La promozione pubblicitaria inoltre è sempre stata assai apprezzata dagli espositori per ricchezza e criterio, merito del professionismo di Danilo Vignati».
Quanto conta l’internazionalità di una fiera in Italia e quanto, contrariamente, deve essere legata al proprio territorio?
«Noi siamo la prima fiera autodefinitasi anni fa “delle gallerie italiane di qualità”. Questo è il concept a cui ci siamo ispirati fin dall’inizio, con cui ci identifichiamo e che intendiamo perseguire, anche se abbiamo constatato essere stato cavalcato successivamente da altri. Quanto all’internazionalità, non nascondo che stiamo ipotizzando sinergie con realtà internazionali, per fare della nostra specificità e del confronto un reciproco arricchimento».
Recentemente a Milano, in occasione della presentazione della “nuova” MiArt, si parlava della necessità di coinvolgere tutti gli attori culturali della città. Applicate questo criterio a Verona? E come reagisce il tessuto culturale urbano?
«Verona non è una città con grande tradizione di interesse per il contemporaneo; il nostro successo si basa su un pubblico ben più allargato di quello cittadino. Nonostante ciò, abbiamo avuto negli anni la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura, dai tempi di Giorgio Cortenova a Palazzo Forti, a Paola Marini, direttrice dei Civici Musei. Diciamo che sempre più troviamo interazioni e interessi comuni, collaboriamo ormai con molte strutture cittadine e del territorio: Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, Fondazione Teatro Stabile, Archivio Regionale di Video Arte; poi il MART, Museion, la Feltrinelli, il FAI. Sono tutte partnership che abbiamo conquistato con la dimostrazione di essere anche evento culturale».
“ArtVerona Young” mette al centro i più giovani in una direzione un po’ contraria rispetto alle altre fiere, dove si passeggia con collezionisti, critici o curatori. Un messaggio forte, per promuovere la cultura dell’arte tra i piccoli e un investimento sul futuro? Per formare i collezionisti di domani?
«Non siamo così lungimiranti…però ci è sembrato che una delle poche cose buone del mondo odierno sia un’attenzione maggiore verso tutte le categorie di cittadini, compresi i bambini e i ragazzi. Certo è l’unico modo per sperare in un loro interesse futuro per il mondo dell’arte; per ora li invitiamo solo perché ci sembra giusto».
Che cosa si aspetta da questa nuova edizione? La conferma di un trend positivo? Maggiore qualità? Più pubblico?
«Cosa mi dice se le dico che ci aspettiamo moltissime vendite, qualità sfolgorante e le file alle casse? Certo non ci siamo mai arresi a certe atmosfere, dunque siamo pronti alla festa!»

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