Categorie: fiere e mercato

Dal 21 al 26 giugno 2000 | Art 31 Basilea: cala il sipario | Messe Basel | Appunti per un articolo su Basilea

di - 3 Luglio 2000

Quest’anno a dirigere ed organizzare l’evento è stato chiamato Samuel Keller, un giovane (34 anni) di provata esperienza, essendo stato vice del direttore cui è succeduto, Lorenzo A. Rudolf. Basilea è l’appuntamento più ambito per le gallerie d’arte, 800 erano le candidate, 271 le scelte. Keller ha pescato tra le gallerie che hanno maggior voce nella promozione dell’arte contemporanea, portando a Basilea quelle che maggiormente influenzano il mercato e condizionano le scelte culturali odierne. A questo scopo si è dotato di “ambassadeurs” e di “bureaux” nei paesi stranieri che hanno lavorato incessantemente per selezionare nomi e dirigere la costruzione della fiera.

Nel segno della continuità, Basilea ha quest’anno proposto essenzialmente un’unica, ma importante, novità, con l’allestimento di Art Unlimited, un grande spazio di vetro di 12.000 metri quadri, con pareti di 4 metri, costruito da Theo Holtz nel 1999. In questo salone, “nello spirito di una biennale”, come dice Keller, sono state collocate 70 opere e installazioni di grande formato, di solito escluse dal mercato e dalle fiere a causa delle loro dimensioni.
Accanto all’evento centrale, Art Gallery, con gli stand delle gallerie più prestigiose del mondo, vi erano gli spazi di Art Statements, con le esposizioni personali di 25 giovani artisti, Art Edition per gli editori , Art Photography, Art Film.
Qualche nome delle gallerie più note: Art & Public e Krugier di Ginevra, Art Beatus di Vancouver,, Carzaniga + Ueker di Basilea, Marlborough di Londra, Gladstone, Shafrazi, Gagosian e Sperone di NY, Pauli di Losanna, e poi le berlinesi, le orientali, le inglesi, ecc..
In rappresentanza dell’Italia sono state invitate le milanesi Casoli, Invernizzi, De Cardenas, De Carlo, Stein, Tega, Blu la bresciana Minini (Massimo Minini è stato anche l’ambassador per l’Italia), le veronesi Lo Scudo e Studio la Città, Bonomo di Bari, Persano di Torino, Artico di Pozzuoli e Trisorio di Napoli.
Per valutare il successo di Basilea, non bastano le cifre dei denari e del numero di spettatori: attorno ad essa si mettono in moto eventi culturali di ogni genere e moltissime sono le città limitrofe che, nell’occasione, riescono ad organizzare eventi espositivi di grande interesse.

Per chi non avesse potuto vedere la messe di Basilea, si segnalano gli appuntamenti di rilievo in città, tra i quali Cy Twombly, Panamarenko, Jorge Prado, Close Up, Nam June Paik, senza contare le mostre di una ventina di gallerie, gli spazi aperti, ecc.
Di grande interesse anche gli eventi di molte altre città vicine, come Kirchner a Lugano, Van Gogh a Martigny, Sarah Morris e Cézanne a Zurigo.
C’è poi l’onda lunga della fiera, che potrà essere giudicata solo nel prossimo futuro, con gli eventi che vedremo l’anno venturo.

Appunti per un articolo su Basilea
Questi che seguono vogliono essere alcuni pensieri dedotti dalla visita alla Kunstmesse di Basilea. Quasi una serie di appunti senza la pretesa che attraverso di essi si possa, in poche righe, dare un’illustrazione completa di ciò che Art 31 ha presentato né una valutazione complessiva. Per questo ci sarà tempo, gli effetti si potranno valutare e giudicare in seguito.
In linea generale, mi sento di poter dire che Basilea ha segnato un po’ la rivincita dell’ultima Biennale veneziana, proponendo più la conferma di una tendenza che una alternativa credibile e nuova nel campo dell’arte contemporanea.

Appare evidente, infatti, che nell’epoca attuale, salvo lodevoli esempi, gli artisti sono attirati dal confronto e dallo sperimentalismo condotto attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, applicate alla fotografia e alla video art. Educati dalla società della comunicazione di massa, essi riescono infatti con molta abilità e naturalezza a esprimere il loro genio con un linguaggio di grande impatto emotivo e soprattutto di grande capacità divulgativa. Esemplare, in quest’ottica mi è parso l’allestimento di Art & Public di Ginevra, con l’esposizione delle opere di Candice Breitz che riproduce sequenze di concerti di gruppi musicali sovrapponendovi ossessionanti ritornelli spesso senza significato apparente. E’ una riflessione intelligente sulla sacralizzazione dei personaggi dello spettacolo, vere icone pop. Il meccanismo riprende le meditazioni della Pop art americana, introducendovi la rappresentazione della scansione ritmica dell’oggetto-personaggio in movimento, amplificata dalla scrittura del ritornello pronunciato dall’artista, quasi formule di un rito conosciuto; la nenia predicatoria si innesca immediatamente nel cervello dell’osservatore e come accade nel rito religioso il Mistero sembra riproporsi, riaccadere: non si tratta di una rievocazione.
Nel campo della fotografia è stato interessante il confronto presentato dalla galleria Meyer-Elunger di Francoforte, tra la fotografia degli anni ’70 di Klaus Reinko, carica di idealismo e cultura tipicamente sixties e le opere di Hiroshi Sugimoto, esponente della corrente orientale degli ultimi anni, portatrice di una sorta di traduzione e adattamento occidentale della filosofia dagli occhi a mandorla, fondata sulla riflessione e la ricerca di sé stesso attraverso la meditazione e il rapporto con la natura. Basilea non si è sottratta a rappresentare con completezza la nuova arte orientale. Interessanti due artisti presentati dalle gallerie di Seoul Kukje e Hyundai: rispettivamente Kwang Young Chun e Sung-Hy Shin. Il primo lavora applicando sulla tela piccoli involti di carta scritta coreana, il secondo realizza fitte trame di fiocchi colorati: si tratta, in entrambi i casi, di un operare che sembra riproporre la paziente e meditativa pratica buddista del giardino di sabbie colorate, quasi un invito a recuperare una dimensione del tempo più consona alla pratica intellettiva, contro i ritmi sfrenati del contemporaneo. Per quanto concerne la Hyundai si segnalano, ovviamente, anche le opere tecnologiche di Nam June Paik, oggetti non però trattati freddamente ma che anzi manifestano una grottesca umanità legata all’assemblamento di oggetti retrò, a dare sensazioni di effetti speciali artigianali che non riescono a nascondere imprecisioni e difetti.
Nel segno dell’arte e della filosofia orientale non si può non segnalare le interessanti proposte della nota Art Beatus di Vancouver , in particolare per quanto riguarda Qiu Zhi Jie.
La galleria Beyeller ha portato alcune cose decisamente belle realizzate con l’utlizzo dei neon e del plexiglass colorato: suggestive le psicadeliche realizzazioni di Mischa Kuball e Brigitte Kowanz.

Curioso revival hanno riproposto la galleria parigina Denise René e la Scholler di Dusseldorf, esponendo vecchie e nuove realizzazioni op e cinetiche. Sembra quasi che, all’inizio del nuovo millennio, possa esserci nuova linfa per queste correnti che sembravano essersi esaurite negli anni ’60. Forse la ricerca di una soluzione al disordine del XX secolo può cominciarsi attraverso un recupero dell’opera d’arte che si fa vedere, che attira l’attenzione per la sua intraprendenza nei confronti dei sensi umani. Preferisco però pensare che la grande attenzione che il pubblico sembrava manifestare per le opere di un Dieter Jung sia significativo per far emergere uno dei limiti maggiori delle manifestazioni fieristiche, che finiscono per sovraccaricare e mandare in tilt la capacità di discernimento dello spettatore attraverso la proposta di un eccessivo numero di opere, tanto da condurre il visitatore ad una sorte di passività che fa il gioco di quell’artista che sia stato in grado di creare oggetti strani, stupefacenti, o rumorosi o motili o vertiginosi per l’effetto ottico. D’altro canto siamo in casa di Tinguely…
Tra le gallerie più note Shafrazi ha stupito per l’opulenza dei Basquiat, degli Haring, dei Bacon e degli Warhol, ha deluso con le opere di Charles. Sperone Westwater ha portato ottimi lavori meccanici di Sachs.
Tra le italiane si segnalano le personale di Tommaso Cascella alla Blu e quella di Melotti allo Scudo di Verona. Buona, non ottima per un allestimento un po’ caotico, la presenza della galleria Studio la Città di Verona: in ogni caso erano belli i monoliti di Julia Mangold e di Herbert Hamak, mentre mi ha fatto piacere di vedere ancora, dopo Bologna, le opere di Lena Liv.
De Carlo di Milano ha proposto le cose di Cattellan, artista di levatura internazionale (una sua installazione è esposta a Zurigo al Migros Museum), mentre la Minimi di Brescia ha puntato sul sicuro con le opere della Beecroft.
Tra gli artisti italiani è sempre forte la presenza di Fontana, di cui cominciano ad apprezzarsi molto le opere bucate su ceramica, ma si sono visti anche Burri, De Dominicis, Paladino, Chia, Calzolari, tutti storici purtroppo. Nel complesso una presenza in linea con la tendenza attuale, che vede nella Beecroft e pochi altri i rappresentanti quasi esclusivi dell’arte italiana all’estero.
Rispetto alle fiere di casa nostra uno degli elementi che maggiormente saltano agli occhi è la cusa con la quale vengono preparati gli allestimenti degli stand che riescono a mitigare di un po’ quella sensazione da “banco della spesa”.
Un’ultima citazione per le riviste italiane presenti: Il Giornale dell’arte, Flash art, Juliet, Tema Celeste, Art, Arte e Critica; tutto sommato quanto di meglio c’è in Italia, niente da ridire.


“Art 31 Basel”. Basilea, Messe Basel (CH), Messe Platz. info: tel. +41 61 686 20 20 fax +41 61 686 26 86 www.Art.ch E-Mail: Art@messebasel.ch. Il Catalogo contiene 250 schede delle gallerie partecipanti con 450 illustrazioni d’opere d’arte a colori: lo si può ordinare al Tel. ++498912699046, Fax ++498912699011, pagamento con carta di credito (Visa, Diner’s Club) indicando numero e data di scadenza (prezzo:CHF 45 o Euro 29)

Alfredo Sigolo

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