Art Feature, appena
introdotta, si focalizza sugli aspetti curatoriali nella pratica del
gallerista: 20 progetti accanto al settore Art Galleries. Potresti
spiegarci perché hai scelto di giocare a questo gioco, qual è il suo senso per
te, e che cosa ti aspetti da questa sezione?
Annette Schönholzer: Art Feature permette a gallerie
che altrimenti non parteciperebbero alla fiera di essere presenti con un
approccio curatoriale basato su un singolo artista, o su una selezione molto ristretta
di vari autori. Porta alla mostra la stessa tipologia di progetti altamente
specifici che vediamo, per esempio, in Art Statements. Ma mentre Art
Statements si concentra su artisti giovani, Art Feature riguarda coloro che
hanno una storia più lunga alle spalle. Alcuni di questi artisti addirittura
non sono più tra noi, ma continuano a esercitare una forte influenza.
Leggendo le anticipazioni dei vari settori vedo che
mercoledì la première delle Art Basel Conversations include un artist talk con Paul McCarthy e
Massimiliano Gioni. Come consideri, dalla Svizzera, il panorama della “curatela
artistica” in Italia? Vedi qualcosa di speciale, che pertiene unicamente allo
stile italiano e alla situazione italiana negli anni più recenti? E come
consideri il lavoro delle gallerie italiane che hai invitato ad Art Basel?
Mark Spiegler: L’Italia è un paese molto importante nel
mondo dell’arte e molti collezionisti, artisti, curatori italiani vengono a
visitare Art Basel
ogni anno. Massimiliano Gioni ha esposto un’opera seminale di Paul McCarthy con
la Fondazione Trussardi in una mostra che inaugurata a maggio, perciò siamo
lieti di ospitare una conversazione tra i due, dal momento che molte persone
avranno visto la mostra, o la vedranno dopo aver assistito al talk. Abbiamo molte gallerie italiane
nel settore principale della mostra, come Artiaco, Continua, de Carlo, Galleria
Dello Scudo, Invernizzi, La Città, Magazzino, Giò Marconi, Minini, Noero,
Persano, Raucci/Santamaria, Stein, Tega, Tucci Russo e Zero…; in più, la
personale di Lily von der Stokker nella Galleria Francesca Kaufmann all’interno
del settore Art
Feature, così
come T293 di Napoli con un progetto di Patrizio Di
Massimo e la romana Monitor che presenta Francesco
Arena nel settore Art Statements.
Per Art Film hai invitato Shirin
Neshat a presentare Women Without Men. Il film ha vinto nel 2009 il
Leone d’Argento per la miglior regia, è un’opera con un forte contenuto
politico sociale, e inoltre è diretta da un artista, dopo Schnabel, LaChapelle
e, ultimo in ordine di tempo, Banksy. Che cosa pensi di questa nuova moda? Ci
dice forse che agli artisti comincia a stare troppo stretto il mondo dell’arte?
Stanno cercando qualcosa di totalmente nuovo, una nuova scena con nuovi budget
a partire dai quali poter lavorare? Che cosa ti aspetti in futuro da questa
situazione?
AS: L’arte non è delimitata da nessun confine formale.
Molti “artisti visivi” lavorano anche nel campo del cinema, e ci lavorano
professionalmente come “registi”. Gli artisti provano costantemente nuovi media
e il film, in questo senso, è stato esplorato ampiamente: pensa solo a Julian
Schnabel, Derek Jarman, Andy Warhol e ad artisti più giovani come Christian
Jankowski e Doug Aitken.
La crisi economica non accenna a finire. Che cosa ti
aspetti da questa edizione di Art Basel in termini di visitatori,
vendite, consenso? Qual è il comportamento dei collezionisti in questa
condizione mutevole, dopo/dentro la crisi economica? E come stanno rispondendo
le gallerie?
MS: Come abbiamo visto ad Art Basel e ad Art Basel Miami Beach lo scorso anno, l’arte di qualità
vende ancora, e i collezionisti continuano a visitare la mostre da ogni angolo
del mondo. Il numero dei visitatori è persino leggermente cresciuto e abbiamo
moltissime reapplication per entrambe le fiere, il che vuol dire che le gallerie desiderano
tornare. L’aspetto più importante è che abbiamo visto le gallerie concentrarsi
ancora di più sulle loro presentazioni e sulla qualità del lavoro che portano.
Potete descrivermi la nuova mappa geopolitica degli
ultimi anni? Dove sono i collezionisti più importanti, le migliori scene
artistiche? Dove suggeriresti di andare a un giovane collezionista che voglia
incontrare i prossimi artisti migliori?
AS: In un mondo dell’arte globalizzato è difficile dire da
dove provengano le persone, ma nei nostri ultimi viaggi in luoghi differenti
tra loro come Città del Messico, Mumbai, New York, Dubai e Madrid abbiamo
trovato molti giovani collezionisti emergenti. Art Basel vuol essere la
piattaforma ideale per le sue gallerie, ma anche un terreno di scoperta per
collezionisti nuovi e di lungo corso: puoi vedere arte modernista dell’inizio
del XX secolo, e arte contemporanea di autori emergenti, e ogni movimento più
importante che sta in mezzo a questi due estremi. Abbiamo settori dedicati a
installazioni di grande formato, arte pubblica, così come stand classici. Il
programma relativo ai talk comprende artisti, architetti, curatori, direttori di
museo e collezionisti, che discutono gli argomenti più attuali. Perciò, per un
giovane collezionista, è un posto perfetto per cominciare ad afferrare la
complessità e le dimensioni del mondo dell’arte globalizzato.
Per una fiera d’arte, molto importante è la partnership
con la città che la ospita. Qual è il vostro rapporto con Basilea, e che cosa
c’è di nuovo nel mercato artistico svizzero dopo le nuove leggi europee
“contro” le banche? Un rischio concreto di impoverimento per il paese…?
AS: La nostra relazione con Basilea è estremamente
importante. Sappiamo che senza il supporto della città e dei suoi
amministratori, Art Basel non sarebbe la stessa. Ogni anno i musei di Basilea
presentano un’offerta eccezionale di mostre, che attraggono molti visitatori.
Quest’anno Schaulager espone Matthew Barney, il Kunstmuseum presenta Gabriel
Orozco e Rosemarie Trockel, il Museum for Gegenwartskunst presenta una mostra
di Rodney Graham e la Fondazione Beyeler espone Jean-Michel Basquiat e Félix
González-Torres. Inoltre, i musei organizzano ricevimenti, cene e altri eventi.
Beyeler era amico e mecenate di Picasso, ma anche di Giacometti, Rothko, Klee. Ha fatto molto per Basilea. Che cosa provi dopo la sua
recente scomparsa, e che cosa ha rappresentato la sua figura per la scena
artistica svizzera?
AS: Ernst Beyeler era una figura molto
importante per Basilea e per il mondo artistico internazionale. Come fondatore
e membro del comitato di Art Basel per molti anni, è stato essenziale per le
nostre fiere. È un modello per tutti noi, e siamo onorati di averlo incontrato.
La personalità e la passione per l’arte di Beyeler ci ispireranno e ci
influenzeranno per gli anni a venire.
Dopo dieci anni a Miami, la risposta sembra
molto buona. Il giro d’affari cresce costantemente e la città sta sviluppando i
suoi vecchi musei che lo scorso dicembre sono apparsi aggiornati (con nuovi
direttori, orientati decisamente all’arte contemporanea) e alcuni importanti
investitori coinvolti in grandi progetti. E adesso? Se dovessi scegliere una
terza città per Art Basel, quale avresti in mente e perché?
MS: Al momento non abbiamo piani per una terza
fiera, semplicemente perché non crediamo che sia materialmente possibile avere
tre fiere della qualità e della dimensione di Art Basel. L’obiettivo è
l’offerta, non la domanda.
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Ingresso:
intero CHF 38; ridotto CHF 28
Catalogo
Hatje Cantz, CHF 65
Info: www.artbasel.com
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l'arte vede , oltre che un problema di crisi economica, un problema di linguaggio "arenato". Ovviamente questo non si può dire perchè lo show deve continuare. Se la sovrapproduzione di artisti è un fenomeno positivo, d'altra parte contribuisce a creare un esercito impersonale di "artigiani del contemporaneo". Una sorta di burocrazia creativa con poche scintille. L'originalità dipende dalla conoscenza del pubblico, ma la reiterazione ossessiva di certi codici può diventare semplicemente un'occasione sprecata.
Concordo con Luca, nell'arte contemporanrea, l'originalità non esiste più. La prassi creativa e il linguaggio più che arenato, si è trasformato in puro esercizio accademico di "codici estetici", ormai obsoleti che non hanno nessuna presa sulla coscienza del pubblico. Di qui il carattere eminentemente commerciale della produzione creativa con una sfibrante attività mediale, promozionale che alla fine svilisce tutto nel nulla in senso stretto della prassi creativa. Il paradosso è però che questo stallo nell'esercizio dell'arte e della teoria critica si verifica in un momento in cui i fenomeni di disagio e di malessere sociale non sembrano affatto diminuiti, anzi sono divenuti lo sfondo catafalchico, mortifero, costante di elaborazione dell'arte contemporanea. Osservare l'arte contemporanea significa respirare noia, insensatezza, angoscia, nichilismo. Per produrre qualcosa di nuovo bisogna darsi alla clandestinità creativa, all'efficacia virtuale, non quella reale, materiale effettiva delle mostre.