Tutto, com’è ovvio, ruota intorno
ai Pier 92-94, dove convergono le attività della fiera internazionale più
antica d’America, l’Armory Show, che nel 2013 festeggerà il centenario. L’idea
di una settimana Armory all’insegna dell’arte è stata quest’anno – in virtù del
suo ruolo guida tra le fiere in città – istituzionalizzata con la creazione di
un brand, AAW – Armory Arts Week, e di un sito web dedicato dove trovano
spazio, con una posizione privilegiata, la fiera collaterale Volta (con cui
collabora per la realizzazione di una serie di conversazioni e
panel
discussion), ma
anche tutte le altre “concorrenti”; e inoltre attività collaterali
quali programmi d’incontri, open studio, art tour, performance, visite low cost
ai musei e quant’altro, per tutti i tipi di visitatori e tutte le età, dalla
Soho Night alla Long Island City Night del 4 marzo, coinvolgendo in lungo e in
largo Manhattan e dintorni. E dando il buon esempio in merito a un concetto
molto chiacchierato ma poco praticato, ovvero “fare sistema” quando l’obiettivo
è ottenere risultati (ad esempio, 56mila visitatori nel 2009, di cui 29mila
newyorchesi).
Come da tradizione, anche
quest’anno l’Armory – la cui identità è stata realizzata dall’artista
Susan
Collins per il
2010 – si suddivide nella sezione dedicata al moderno (Pier 92) e in quella
“premiere” (Pier 94), destinata alle ricerche più attuali. La percentuale delle
gallerie d’arte contemporanea supera nettamente i promotori del moderno.
Parliamo di 167 contro 66, più 10 spazi non profit. Europa e Stati Uniti si
contendono la palma delle presenze, con un 43% per la prima e un 44% per la
seconda, mentre Asia e altri continenti registrano il 12%.
Tra i partecipanti non mancano
White Cube, David Zwirner, Lisson, Yvonne Lambert. La partecipazione italiana è
notevole. Per il contemporaneo ritroviamo la Galleria Continua, Raffaella
Cortese, Massimo De Carlo, Lorcan O’Neill, il Magazzino d’Arte Moderna,
Monitor, Lia Rumma, Franco Soffiantino, Studio La Città, mentre al Pier 92 si
presentano la Galleria d’Arte Moderna di Bologna (da non confondersi con il
Mambo) e Giorgio Persano. Da non dimenticare il focus dedicato a Berlino, che
ospita 22 gallerie della città: Galerie Guido W. Baudach, Buchmann Galerie,
carlier|gebauer, Coma, Galerie Crone, Galerie Cinzia Friedlaender, Johnen
Gallery, Klemm’s, Johann König, Tanya Leighton Gallery, Loock Galerie,
Christian Nagel, Galerie Giti Nourbakhsch, Produzentengalerie: ph-projects,
Reception, Galerie Aurel Scheibler, Esther Schipper, Galerie Thomas Schulte,
Galerie Barbara Thumm, Galerie Barbara Weiss, Galerie Barbara Wien.
E se la visita agli stand è
conclusa, più di 20 collezionisti “locali” apriranno le loro case per visite
speciali, ma solo per i vip, i quali saranno inoltre coccolati negli eventi
dedicati dalle ambasciate internazionali, da quella francese a quella svizzera,
ma anche da istituzioni come il Guggenheim e il Moma. Quest’ultimo, inoltre,
coglie l’occasione della fiera per organizzare una serata di fund raising, con
“biglietti” che spaziano dai 10mila ai 100 dollari.
Dopo Armory è il momento delle
fiere collaterali. Prima fra tutte, per ragioni di prossimità, viene Scope, il
marchio itinerante fondato da Alexis Hubshmann che, dopo gli appuntamenti di
Basilea e Londra, gioca in casa e colloca la sua tappa newyorchese al Lincoln
Center Park, con una buona selezione di gallerie e spazi non profit
internazionali, tra cui x-ist di Istanbul, White Box (New York) e la Gaia di
Seoul, mentre fra gli italiani espongono Bonelli di Mantova, Gagliardi Art
System di Torino e Mimmo Scognamiglio di Napoli-Milano. Tra gli eventi
speciali, la
Personal Development Auction, che mette all’asta il capitale esperienziale,
offrendo come lotti lezioni private, visite guidate in luoghi inaccessibili,
pranzi con protagonisti della cultura contemporanea.
Segue Volta Show, diretta da
Amanda Coulson e ubicata fra la settima e la trentaquattresima strada, non
lontano dall’Empire State Building. Volta, con una connessione diretta con
Armory e navette e programmi comuni, offre una selezione di 86 artisti
internazionali, protagonisti di altrettanti solo show, tra cui i nostrani
Federico
Solmi, presentato
da ADN Galeria di Barcellona e
Giuseppe Stampone, protagonista dello stand di Prometeogallery.
Al Park Avenue Armory si svolge
invece l’Art Show, organizzato e promosso dall’ADAA – Art
Dealer Association of America, con un parterre di galleristi con il cosiddetto
piede in due staffe, ovvero un doppio stand, diviso tra l’evento
dell’associazione e la “fiera madre”, vedi Zwirner. Fra gli altri, invece, lo
stand di Metro Pictures, Sperone, Marian Goodman, per una fiera autarchica ma
d’eccellenza.
Da Pulse
, al 330 West Street,
situata il un ex magazzino di circa 45mila piedi quadrati nel Greenwich
Village, oltre a gallerie ormai fidelizzate nella doppia edizione di Miami e
New York quali Mark Moore (Santa Monica), Perugi (Padova) ed Ernst Hilger
(Vienna), fra gli altri troviamo
Pulse Play, la video lounge a
cura di Deborah Cullen, che in un’ottica for Haiti presenta una selezione di
artisti caraibici e latino-americani di ultimissima generazione, e il
Pulse
Prize,
dedicato all’arte giovane, con un premio di 2.500 dollari cash.
Fra le novità più
interessanti della settimana c’è Independent
, fondata dai galleristi
Elizabeth Dee e Darren Flook. Con ingresso libero e una selezione di qualità in
termini di espositori, Independent si situa al Dia Art Center, “
fra la
mostra collettiva e un ripensamento del modello fieristico”, coinvolgendo spazi
non profit, gallerie, curatori indipendenti e artisti in una serie di
presentazioni e installazioni, con la consulenza di Thea Westreich e Matthew
Higgs.
Al Dylan Hotel fa
ingresso nella Grande Mela l’emergente Verge, di recente inaugurazione a Miami,
che si propone come una piattaforma dedicata alle esperienze più recenti, con
una selezione di gallerie americane, giapponesi e canadesi e una scarsissima
percentuale europea. Allo Skyline Studio si colloca invece la solitamente
deludente Red Dot, con trenta espositori, tra cui l’Università di Miami. Giunta
alla sua quarta edizione, Fountain Art Fair invece propone al Pier 66
quattordici gallerie, tra cui Art Slant e We Are Familia e sei progetti
d’artista (
Alison Berkoy,
Gawker Artists,
Miguel Paredes,
Murder Lounge,
Seth Mathurin e
Temporary States).
Al Gershwin Hotel si visita l’interessante Pool, la
“piscina” degli artisti non rappresentati: una sorta di Salon des Independents
di courbetiana memoria, un territorio di caccia per curatori, galleristi e
talent scout. E al National Arts Club dodici espositori olandesi partecipano al
Dutch Art Now, mentre
a Chelsea, con lo stesso spirito, si organizza il corrispettivo coreano, la
Korean Art Show (La Venue Terminal Stores), con ventiquattro espositori.
E poi, se esausti delle fiere si vuole transitare per qualche mostra vera,
l’offerta non è certo trascurabile. A partire, naturalmente, dalla Withney
Biennial nell’omonimo museo, passando dalla mostra di
Tim Burton al MoMA, da quella di
Tino Sehgal al Guggenheim e dalla collettiva sulla collezione
di Dakis Joannou curata, al New Museum, da
Jeff Koons.
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Si New York la grande mela, non trascura l'arte, penso sia una buona iniziativa.
Maria