All’insegna della solita pachidermica estensione si è aperta Arco 2008. Nuovi spazi, sezioni di performance, un ricco programma di conferenze, molti eventi a latere e numerosissime gallerie da tutto il mondo. Con una predominio inevitabile delle spagnole. Una supremazia quantitativa ma non qualitativa. Uno spaccato sull’arte iberica che non nasconde carenza di ricerca e un profilo piuttosto deludente.
E non si tratta solo delle solite, ovvie, questioni del mercato. La fiera è questo ma, tra gli stand, è sempre possibile incontrare alcuni lavori interessanti accanto ai pezzi smaccatamente vendibili. In Spagna la questione è tutt’altro. Se tra le varie gallerie straniere qualcosa -poco, per la verità- è emerso, tutti gli stand targati España si muovevano nel segno del passato: molta pittura di tradizione e poca contemporaneità. Artisti anche giovani che lavorano come se le urgenze dell’attuale gli fossero del tutto sconosciute, pur vivendo in un contesto di forte sviluppo ma non privo di tensioni sociali ed economiche.
E c’è anche da considerare che, pur essendo la penisola iberica una porta privilegiata verso l’arte latinoamericana, i percorsi espressivi di quei Paesi non sembrano lasciare alcuna traccia sull’attività dei galleristi.
Faccende di un mercato protezionista (i collezionisti spagnoli comprano solo arte spagnola o giù di li) che però ancora ripropongono le questioni in ordine alla creazione dello stesso mercato. Di nuovo ci si chiede se, a fronte della naturale influenza della domanda, non si possa osare una diversificazione dell’offerta ai fini di un’educazione di quel mercato. Ovvio che non sia un compito della fiera che, però, rispecchia una tendenza da considerare. Certo, questo protezionismo è probabilmente specchio di una volontà di posizionamento del Paese nei più ampi piani economici internazionali. Comunque l’effetto è stato sempre lo stesso: grande successo di vendite per le gallerie spagnole, molto meno per quelle provenienti dall’estero.
Tanti sono stati gli acquisti fatti dai musei internazionali accreditati in fiera e buoni i risultati anche per il Brasile -ospite d’onore- che però si è proposto sottotono, senza grandi sorprese, forse neppure rispecchiando appieno la sua realtà artistica. Che dire di un percorso in cui spiccano soltanto due lavori degli anni ’70 di
Antonio Manuel, proposti dalla galleria
Nara Roesler, e le foto con video della giovane
Cinthia Marcelle della galleria
Box4?
Negli altri stand internazionali, a parte un paio di lavori particolarmente interessanti -come il dizionario castigliano-basco modificabile dai visitatori, opera di
Pep Agut (
Sobre la idea de hablar. Cuando mi nombre es tu voz) proposto dalla spagnola
Troyecto Galeria e una suprema
Ode a la Bievre (2007) di
Louise Bourgeouis presentata da
Carolina Nitsch di New York- emerge solo il lavoro di una bravissima
Teresa Margolles. La galleria
Peter Kilchmann di Zurigo proponeva i lavori fotografici e una installazione relativa a un progetto sul tema della morte e degli omicidi in Messico, su cui l’artista lavora da tempo.
Anche la presenza delle gallerie italiane passa senza grandi annotazioni. Tra le altre,
Lia Rumma con le solite
Vanessa Beecroft e
Marina Abramovic, molto fotografate dai numerosi studenti in visita.
Più interessanti semmai i disegni su carta della colombiana
Johanna Calle portata dalla galleria
Casas Riegner di Bogotà nella sezione
Solo projects, dov’era anche -unica galleria italiana-
Prometeogallery con
Regina José Galindo. Di sicuro ottima è stata, invece, l’organizzazione: una scaletta perfettamente orchestrata di incontri e conferenze.
Grande attenzione è stata posta alle nuove tecnologie: dibattiti intorno al tema hanno consentito di sviscerarlo a fondo, dalla media art oggi alle strategie della sua curatela, dalle ultime tendenze del suo collezionismo fino alle tematiche della conservazione. La sezione è stata arricchita anche dall’
Expanded box, piccoli spazi offerti a gallerie per la presentazione di un progetto video o videoistallativo. Tra i molti,
Alfredo Jaar (
Oliva Arauna),
Carlos Garaicoa (
Habana) e
Jim Campbell (
Hosfelt Gallery).
Oltre agli incontri intorno alla performance -espressione a cui la fiera ha dedicato ampio spazio con una rassegna- il
Forum Internazionale degli Esperti di Arte Contemporanea si è trovato a discutere sul tema dell’arte pubblica, novità annunciata di Arco 2009, che vedrà anche un progetto di intervento urbano.
E poi le conferenze sul concetto di proprietà intellettuale e i vari Premi assegnati agli artisti in fiera, tra cui il debuttante
Premio Illy SustainArt, andato al giovane brasiliano
Matheus Rocha Pitta.