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fiere_resoconti Artissima 16
fiere e mercato
A mente fredda, un breve resoconto su Artissima 16. A distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, in Italia si sono consumati due eventi attesi nel mondo dell’arte, per quanto diversi: Artissima e l’inaugurazione architettonica del Maxxi a Roma...
l’incarnazione dei loro facitori: Andrea Bellini, il direttore-curatore, e Zaha
Hadid,
l’architetto-artista.
Una curiosità sulla comunicazione, nell’uno come nell’altro
caso ispirata da un approccio negazionista: Artissima non è una fiera ma un festival, il
Maxxi non è un
museo ma un campus. A dichiararlo, proprio loro, il non-direttore e il
non-architetto. La negazione è importante. A essere negata è la funzione primaria
e l’immaginario a essa legato: a Torino il mercato, a Roma la conservazione.
L’importante è altrove: non a caso il Maxxi ha aperto vuoto, senza arte; anzi
no, con uno spettacolo della compagnia berlinese della coreografa Sasha
Waltz. E
Artissima, dal canto suo, ha quest’anno messo in primo piano soprattutto ciò
che succedeva fuori di sé, anche qui performance, fatte da artisti per i
teatri. Accecare l’ascolto, citava il ribaltamento di Carmelo Bene, che retrocede il testo per far
avanzare l’estasi coinvolgente, ma ricorda anche l’arte accecante dell’ultimo
Virilio e il concetto di distrazione e differimento, di spostamento indotto
della percezione dal suo obiettivo.
E se alla fine la questione fosse proprio l’obiettivo?
Lasciamo in sospeso per ripercorrere i corridoi dell’ultima edizione della
fiera torinese.
Sono state 141 le gallerie selezionate per Artissima 16.
L’anno scorso si diceva che nel 2009 sarebbero state 20 in meno, invece sono 13
in più. 53 le italiane, pari al 37,5%: una adeguata rappresentanza.
Lo scenario geopolitico rappresentato oggi dalla fiera di
Torino mostra un’Europa che riconquista posizioni sugli States e più in
generale tenta di allentare la storica egemonia anglosassone. La crisi ha fatto
emergere da un lato l’effervescente piazza berlinese, agevolata dall’ottimo
rapporto qualità/prezzo della vita, dall’altro ha dato ragione all’impianto
della politica culturale transalpina, che è riuscita a rimettere in moto in
moto un sistema da anni imbalsamato. Sono ben 27 le gallerie berlinesi presenti
(32 le tedesche), 12 le parigine (14 le francesi). Parigi e Berlino, il centro
sembra tornare là dov’era stato un secolo fa e oltre.
LE ITALIANE
A farla da padrone è stato ovviamente l’asse
Milano-Torino. Poche le vere novità, che coincidono soprattutto con le new
entry. Ecco dunque Federico Bianchi, che in quel di Lecco ha cominciato
a lavorare soprattutto sulla declinazione geometrica dell’astrazione
contemporanea con artisti come Alexander Wolff e Clement Rodzielski, entrambi impegnati a indagare
potenziali slittamenti di senso e spaziali dell’immagine e della forma
bidimensionali. Ma già una precisa identità ha dimostrato la torinese Norma
Mangione, che ha esposto in fiera opere di Ruth Proctor ispirate all’estetica
suprematista, un video e dei ritagli su carta da musica, e allestito in
galleria una interessante bipersonale curata da Simone Menegoi: Craig e Laessing sono due giovani inglesi che
esplorano zone d’ombra della ricerca scientifica.
Tra i già noti, invece, Zero… ha associato ai
testoni primitivisti di Houseago le opere di Herbert Duprat, artista non giovanissimo (è del
’57) dall’immaginario ispirato dalla natura e dall’entomologia.
Da De Cardenas erano esibiti gli splendidi volti di
Juul Kraijer, Kaufmann
ha proposto le aste di bandiera vuote di Latifa Echakhch, Prometeo le foto di Rossella
Biscotti, per la
verità un po’ didascaliche, tratte dalla sua ultima mostra alla Fondazione
Nomas, quella celebre delle teste ritrovate di Mussolini e Vittorio Emanuele
III.
I cavalieri metallari di Susan Norrie esposti da Persano sono
quelli del video presentato al Padiglione australiano alla Biennale 2007, che
servì da trampolino anche al gruppo AES+F e al loro immaginario da nuova età dell’oro. I
nuovi video digitali erano portati in fiera da Noire, con grande
successo di pubblico.
Enrico Fornello ha anticipato il suo trasferimento
da Prato a Milano con le novità di Ane Mette Hol, virtuosa del disegno, e Daniela
Huerta, che
declina in forme poetiche materiali e oggetti di banale uso quotidiano.
Si sono visti il solo show di Ingo Gerken da Pianissimo, quello di Arienti
per In Arco,
mentre lo stand di Soffiantino si illuminava alla luce della catasta di
neon di Nacciarriti.
Suggestivo e originale l’allestimento di Massimo Minini,
che con passione ha raccontato nelle didascalie alcune tappe fondamentali del
suo percorso nel mondo dell’arte.
Ispirata al rigore la presenza delle gallerie romane. Nico
Vascellari ha
dissezionato e catalogato maniacalmente nidi d’uccello per Monitor, Federica
Schiavo ha opposto all’immaginario sulfureo di Jay Heikes il minimalismo di Elin
Hansdottir, Magazzino
d’Arte Moderna ha lasciato spazio alle alchimie di Alessandro
Piangiamore.
Tornando alla sezione delle New Entries, interessante è l’avventura di Paolo
Maria Deanesi nella provincia trentina, che sfruttando sinergie allargate è
riuscito a consolidare il mercato del cubano Django Hernandez, voce lucida e sofisticata
avversa al regime, e quella di A Palazzo di Brescia, ambizioso tentativo
di proporsi al collezionismo come competente punto di riferimento
sull’andamento del mercato.
LE BERLINESI
C’era qualcosa di paradigmatico nell’orologio bloccato del
canadese Gareth Moore da Luttgenmeijer, se lo si associava all’omaggio sconnesso
alla colonna infinita di Brancusi: in molti artisti contemporanei si coglie una tendenza
retrospettiva che ora si concentra su slittamenti semantici, ora assume forme
analitiche e filologiche, ora infine trasfigura con connotati decadenti,
nostalgici o romantici.
Da Meyer Riegger le opere di Jonathan Monk trovavano un parallelo nella
manipolazione di vecchie fotografie di Bjorn Braun, che innescavano curiose derive
di senso.
Da Circus (ma anche da Chert, lo spazio
fondato dall’ex assistente di Zero…) le installazioni di Sophie Bueno-Boutellier mostravano un gusto
purovisibilista, mescolando materiali e forme povere con elementi classici.
Alla star John Bock Klosterfelde ha dedicato un ampio spazio
per accogliere piccole installazioni e inedite sculture domestiche. Bock si
conferma ispirato, riuscendo a profondere anche nelle piccole dimensioni
l’universo incantato e onirico che gli è proprio.
A proposito di star, pervasiva presenza è stata quella di Simon
Dybbroe Moller.
Si sono spartiti le sue opere d’ispirazione razionalista e modernista Andresen’s
Contemporary, Harris Lieberman, Kamm e Francesca Minini.
Da Carlier Gebauer si è rivista la nostra Rosa
Barba con una
tipica installazione creata manipolando tecniche e macchine per la proiezione
filmica: un aspiratore risucchia la pellicola di un proiettore, mantenendola in
tensione precaria. A margine un cenno merita anche la pittura di Amy Sillman, un lirismo astratto la cui
intensità espressiva è pari solo a quello di Katy Moran.
LE PARIGINE E LE ALTRE
Passando per i collage e le scarpe con i lacci di
spaghetti di Jiri Kovanda da GB Agency, Bugada & Cargnel si sta
godendo la nuova star Cyprien Gaillard (anche da Laura Bartlett), 29 anni e
reduce, tre mesi fa, da una performance alla Tate Modern.
Bernard Bouche ha percorso invece una strada
diversa, andando alla ricerca di talenti non giovanissimi da riscoprire. Nel
caso di Bernd Lohaus la scelta è risultata azzeccata: le sue composizioni lignee mostrano
una modernità inaspettata. Ma citazione d’obbligo anche per l’italiano Carlo
Guaita.
Tra le gallerie statunitensi si sono viste le foto
accecate di Thomas Zipp (da Harris Lieberman) e le bianche sculture sotto plexiglas di
Terence Koh da
Peres Project.
Sul fronte londinese, se Alison Jacques ha
sfruttato il traino dell’ottima personale alla GAM per proporre le opere di Ian
Kiaer, Max
Wigram si presentava con due suoi artisti storici: da un lato i “restauri”
di Marine Hugonnier e dall’altro le “finestre” aperte sull’inconscio di Barnaby
Hosking.
Allo stand di Skuc di Lubiana s’accendeva a intermittenza
l’emblema della Repubblica Italiana: era una delle opere di Nemanja
Cvijanovic,
protagonista anche nel progetto Viva l’Italia di Fabio Cavallucci, mostra che
ha contribuito a riaprire le porte di Artissima per la galleria Astuni,
qui con una quasi antologica di Steve Pippin.
CONSTELLATIONS
Nonostante l’allestimento di primo piano all’ingresso, per
altro tutto fuorché seducente, la sezione è stata il punto debole della fiera:
opere male allestite, in taluni casi poco ispirate (come nel caso di Irwin). Considerando fuori concorso lo
storico video di Marina Abramovic, Art must be beautiful/Artist must be beatiful del 1975, facevano bella figura
una precaria struttura di isolamento di Franz West e il cartello da cantiere di Stefan
Burger.
PRESENT FUTURE
L’edizione del Present Future ha messo in mostra
personalità interessanti: Nick Lessing ricostruisce bizzarre e perdute invenzioni del
passato, Adrien Missika e Stéphane Barbier Bovet cercano di abbracciare le possibili varianti della
fotografia nell’epoca della pervasività dell’immagine, Gyan Panchal è uno scultore alle prese con i
nuovi materiali del nostro tempo, Gintaras Didziapetris si pone in maniera critica
rispetto alle forme di percezione e fruizione dell’opera d’arte.
Alla fine l’ha spuntata però il nostro Luca Francesconi, e meritatamente. Non solo perché
il suo lavoro ha dimostrato una forte personalità e coerenza rispetto a una
ricerca che spazia dall’antropologia alla cultura passando per la religiosità
popolare, ma anche per una carriera già lunga, nonostante la giovane età. Che
lo ha portato – a Milano – anche a co-fondare il progetto Brown e a
curare la direzione della galleria Fluxia.
alfredo sigolo
[exibart]
A sentire questo genio del giornalismo l’arte contemporanea in Italia si ferma a nord del PO…
Napoli non pervenuta!
bah!
Quindi tutto bene..mah
scusami, ma sullo stand …suggestivo di minini.. avrei un appunto… ma avete letto le didascalie sotto le opere.. il mercante ..poeta.. mi sembrava di una tristezza infinita.
tutto era comunque in vendita… gli affari sono affari.
artissima ha un buon livello e primato sulla ricerca, che deve riuscire a tenere.. c’era anche una bella personale di tyson da project b
seminascosta. non capisco perche dare stand enormi a riviste come rolling stone e domus.. e relegare l editoria specializata nei soliti box…triste l’area vip , l’anno scorso era piu
calda e accogliente.ottimo il servizio illy free
scarsità di pezzi importanti, paura? o mancanza?
la galleria mangione che si fa curare lo stand da menegoi? qualcosa ha il coraggio di dire cosa pensava fino a poco tempo menegoi della curatrice mangione? e degli artisti che la stessa mangiona difendeva? e cose pensava di un certo tipo di arte, appunto quella seguita da menegoi, la sig mangione? certo, cambiato rotta, seguita lalinea della tendenza del momento e un bel calcio a chi fino a quel momento l’aveva sostenuta. artisti e collezionisti. che vergogna. io mi permetto di dire questo poichè negli anni mi fece comprare molti degli artisti che sosteneva e che ora ha deciso di mettere a un’asta per liberarsene.. lascio a voi l’ardua sentenza
Norma Mangione la figlia di Salvo…..
mamma mia ne è venuta fuori un’altra.
Menegoi poi topino da biblioteca!
Secondo molti Norma Mangione era ancora prematuro inserirla ad Artissima, dato che l’attività è appena iniziata. Cosa ne pensate?
Io mi chiedo come riesca Luca Francesconi a coniugare l’attività di artista visivo con quella da concertista, di direttore alla Biennale musica e di schiacciatore nella squadra di pallavolo sarda Comer Volley Iglesias.
ma gallerie napoletane non c’erano ad artissima? quelle bellissime foto di darren almond dove le avrò mai viste?
e pensare che francesconi, per il quale si sono sprecate tante lodi, era presentato proprio da una galleria partenopea!
caro daniele capra, mi sembra un buon arogmento di discussione quello che tu proponi, però mi chiedo se dopo tutte le polemiche che la mangione ha suscitato possa servire a qualcosa dire come la pensiamo. nessuno difende la vera realtà dell’arte. è ovvio che la mangione in fiera era prematura, in più non dovrebbero avere almeno 2 anni di esposizione alle spalle le gallerie? ma certo, per lei sicuro che non vale. è amica di tutti quelli che servono per scavalcare gli altri.
ma che siddisfazione si prova a fetseggiare successi che non sono meritati? perchè la mangione non risponde mai? non ha le risposte, o forse darà parola al suo avvocato che sarà amico di amici. buongiorno italia.
Siamo in piena crisi economica e tutti cerchiamo di fare del nostro meglio.
i costi fieristici sono molto elevati e artisti disposti a spendere sempre meno.
secondo voi cosa dovrebbe fare un curatore o un gallerista?
date voi la soluzione.
alcune banche sponsorizzano ma non tutte e la cosa non è semplice.
martinelli-art