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fiere_resoconti ArtVerona 09
fiere e mercato
La politica dei piccoli passi premia la fiera scaligera, nonostante la congiuntura economica negativa. La ricetta? Tante idee e progetti per un evento che non è più solo pittura, ma spazia nel panorama contemporaneo a 360 gradi. Fra video, fotografia e persino sound art...
viste le difficoltà in cui versano molti eventi di questo genere.
Le kermesse d’arte sono state, probabilmente anche più dei
record alle aste e del fenomeno dei cinesi, il simbolo dell’età d’oro del
mercato dell’arte. La loro diffusione planetaria, le mille declinazioni
assunte, l’impulso dato al turismo culturale, la responsabilità assunta
nell’imposizione di gusti e mode, fino alla creazione ex abrupto di un nuovo collezionismo nomade:
la fiera d’arte ha incarnato perfettamente lo spirito dell’art entertainment negli ultimi vent’anni.
Logico, quindi, che sia finita per esser la vittima
prediletta della crisi economica. Oggi è il tempo di ripensare il ruolo di
questi eventi, in un contesto di mercato post-crisi che studia nuove strategie
per reagire.
ArtVerona è nata cinque anni fa, col preciso intento di porsi quale
vetrina privilegiata del mercato interno. Quello che all’epoca parve un azzardo,
una scelta controcorrente rispetto a una generale tensione verso la
globalizzazione e l’apertura alle nuove economie, sembra oggi rivelarsi una
strada percorribile, sulla via di una maggior fidelizzazione del collezionismo
e del ritorno al lavoro sul territorio di competenza.
Ma non è questo l’unico sfizio che si è tolto l’evento
scaligero: dopo un inizio quasi imbarazzante, concentrato sul più gretto ambito
commerciale, ha saputo far tesoro dei propri errori e aggiustare
progressivamente il tiro. Il numero delle gallerie quest’anno si è ridotto di
un 20% ma è aumentata la qualità complessiva. Certo, c’è ancora troppa fuffa in
giro, ma la strada è giusta. Oggi ArtVerona contende alla romana The Road to
Contemporary Art
il ruolo di vera novità del panorama fieristico italiano: più razionale Verona,
più spettacolare la capitolina, più compatta l’una, innervata nella città la
seconda. Un duello interessante.
Chi ha seguito l’evoluzione di questi anni non potrà
comunque che constatare la progressiva, quasi inesorabile crescita di
ArtVerona, che ha inaugurato la stagione di scelte coraggiose, come quella di
posizionarsi in rotta di collisione con StartMilano, l’opening collettivo annuale
delle gallerie milanesi che apre la stagione, preferendo sposare Abitare il
tempo, la
tradizionale fiera veronese d’arredamento d’interni, e mostrando tutto
l’intento di far proseliti in un pubblico trasversale.
Per i potenziali nuovi collezionisti c’è infatti il
progetto Starting Collection, un’agile e documentata guida on-line per raccapezzarsi
nel complesso panorama dell’arte emergente (opere non superiori a 6mila euro).
Lo smarcamento dall’opening collettivo milanese avrà forse
tagliato fuori qualche possibile operatore (anche se almeno 3-4 potenziali
“starter” c’erano ugualmente, scelta a conti fatti azzeccata visto il tono
dimesso dell’opening del capoluogo lombardo) ma ha portato innegabili vantaggi
in termini di organizzazione, logistica, allestimento e razionalizzazione degli
spazi.
All’inizio era stata il regno della pitturaccia
commerciale figlia delle televendite, ora ci sono sezioni dedicate alla
fotografia, al video e alla sound art. E poi dibattiti (Forum 09), premi (Aletti e Icona 09), sezioni monografiche (FocusOn) e finanche una finestra aperta
sull’est europa (D’Est), quel Padiglione Immaginario della Bosnia-Erzegovina che è parso tutt’altro che
marginale e anzi piuttosto interessante.
Anche i nomi di esperti e specialisti coinvolti
testimoniano di un crescente credito: Pier Luigi Sacco, Gabriella Belli, Fabio
Castelli, Maria Rosa Sossai, Andrea Bruciati, Gabi Scardi e Aurora Fonda.
Non rimane allora che annotare alcuni flash back sulla
fiera.
La joint venture: è quella fra Alinari e Sole
24 Ore, sancita nel 2007 per la promozione e valorizzazione del patrimonio
storico e artistico della società fiorentina. Ad ArtVerona va in scena la nuova
avventura nel campo della fotografia contemporanea. Lo stand in fiera mette in
mostra artisti e opere di qualità, in sintonia con l’immaginario Alinari. In
particolare si segnalano la Doppia esposizione di Francesca de Pieri e Amalia di Sara Rossi. Come dire… Il buongiorno si
vede dal mattino.
La collaborazione: all’insegna della videoarte, le
due veronesi Studio la Città e Artericambi condividono il
progetto Videoràma,
con un programma di opere selezionate. Un piccolo ma significativo segnale che
le sinergie possono nascere anche fra strutture di grande tradizione e fra
operatori che lavorano esclusivamente con giovani artisti. E se la fiera
comincia a favorire dinamiche locali di questo genere…
La galleria emergente: la scelta cade su Osart
Gallery. Fondata nel 2008 dal giovane Andrea Sirio Ortolani, da subito ha
scelto arditamente di procedere sul doppio binario dell’arte del secondo
Novecento e del contemporaneo stretto. Finora non ha sbagliato nulla. Così allo
stand si alternano opere, non monumentali ma di qualità, di Nam June Paik, Tagliaferro, Samaras e Agnetti. La scelta sul fronte
contemporaneo cade invece su un efficacissimo martirio di San Sebastiano di Titus
Kaphar: martirio
che è innanzitutto della tela, fatta letteralmente a brandelli. La mostra in
galleria appena conclusa ha anticipato la retrospettiva del grande fotografo
americano Minor White. Davvero niente male.
La star: non è, come si potrebbe pensare, il Marc Quinn della mostra in collaborazione
con Byblos Gallery e Palazzo Forti, ma la palestinese Emily
Jacir. Dopo il
Leone ricevuto per gli artisti under 40 alla scorsa Biennale veneziana, ha
ottenuto anche la consacrazione con la personale al Guggenheim di New York. Per
i collezionisti in cerca d’investimenti era d’obbligo la tappa per vedere le
sue opere ispirate dal conflitto israelo-palestinese allo stand della torinese Alberto
Peola, che rappresenta l’artista in Italia.
Il progetto: interessante la trasposizione in fiera della
rassegna Il canto della terra, organizzata dalla Galleria Repetto di Acqui
Terme. Uno sguardo suggestivo e trasversale sulla Land Art, attraverso opere
(quasi sempre di qualità) di Smithson, Christo, De Maria, Turrell, Long, Oppenheim, Fulton e altri. Come spesso accade, la provincia italiana
riserva delle sorprese. La mostra è aperta fino al 25 novembre. Vale la pena di
farci un salto.
La monografica: è la sezione OnStage curata da Andrea Bruciati, con
nove gallerie che hanno proposto progetti personali, tra i quali alcuni
affiliati all’Amaci hanno scelto di fare acquisizioni. Ottime le proposte
romane di Federica Schiavo e Unosunove. Per la prima le
inquietanti opere horror-trash di Jay Heikes, per la seconda le decadenti
reminescenze pop geometriche di Conrad Ventur. Fra gli italiani intriga la
riflessione sul sacro di Sergio Breviario per Fabio Tiboni; belli anche i multipli e
il numero unico edito per l’occasione.
L’omaggio: lo fa a Carlo Scarpa l’artista Serse, nella mostra allestita da LipanjePuntin.
I suoi nuovi disegni a grafite fissano molti scorci delle opere progettate
dall’architetto veneziano, tra fughe prospettiche e atmosfere metafisiche.
Varrebbe la pena farci un libro.
Il caso: data la regola secondo cui tre indizi fanno una prova è
da registrare la “conversione” di Enrico Astuni al concettuale
contemporaneo più modaiolo. Fino a qualche anno fa la sua era sì una buona
galleria, ma impegnata con artisti affermati e con un gusto vagamente
commerciale, che faceva storcere il naso al clericalismo filo-milanese.
L’apertura della sede a Bologna ha inaugurato il nuovo registro. Ecco comparire
artisti ben introdotti come Pippin, Csörgö e Putrih, giovani emergenti come Luca Pozzi, curatori come Alessandra Pace e
adesso anche Fabio Cavallucci con l’esemplare progetto Viva l’Italia!, con Cattelan, Fabro, Maloberti, Pietroiusti, Xhafa, Montesano ecc.
Il classico: citiamo un bel Pongo di Stefano Arienti visto da Poleschi, anche
per cogliere un assist e segnalare l’ottima personale in corso allo Studio
Guenzani di Milano e la rassegna mantovana. Un artista che non tradisce.
I premi: Serena Clessi (Toselli) e Federico Pietrella (Deanesi) vincono il
premio Aletti, rispettivamente per fotografia e pittura. Scelta azzeccata, due
opere di ottima fattura. All’inglese Sophy Rickett (Alberto Peola) va invece
il PremioIcona 09, anche in questo caso la scelta migliore nel ventaglio dei
selezionati.
Giangrande (Paolo
Erbetta) appartengono forse a un’estetica esausta, ovvero quella di
ridisegnare oggetti della realtà quotidiana con materiali impropri (gomma,
cartone, vetro ecc.). Ma c’è gente che su questo ha costruito una carriera, e
allora perché non concederlo anche a lui o alla stoica Giusy Marchetti, che si è presa la briga di
ricoprire di lana, dentro e fuori, una Fiat 500, lavorando all’uncinetto sette
mesi (Reartuno).
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2008
La
romana The Road
alfredo sigolo
[exibart]
arienti tradisce tradisce… io sono stato tradito da lui e dalla galleria (in arco) e come un innamorato deluso ho tolto il suo quadro da casa mia e non lo riprendero’ piu’, non lo voglio piu’