E regge anche quella finta atmosfera underground e antagonista, da spazio okkupato, legata alla location nei tortuosi e inadatti spazi della vecchia fabbrica di birra Wartech. Tutte balle ovviamente, che fanno parte dello show. Qui come ovunque i nomi di artisti e dealer sono altisonanti, si vende a spron battuto e a prezzi elevati.
La formula di Liste è chiara: gallerie non più vecchie di 5 anni, artisti under 40, presenza limitata a 3, massimo 4 edizioni. All’edizione 2007 hanno partecipato 61 gallere da 21 paesi, 17 le nuove, con il contributo italiano al minimo storico: solo Maze di Torino e Monitor di Roma. Un segnale poco incoraggiante per il nostro movimento. D’altro canto se, negli anni scorsi, a Liste erano transitati, tra gli altri, Emi Fontana, Massimo De Carlo, Guenzani, Noero, Kaufmann (tutti entrate nel giro di ArtBasel), c’è da chiedersi seriamente se le nuove leve in circolazione, fatte salve un paio, siano in grado di raccogliere il testimone.
Intanto la fiera più europea di Basilea cerca di non perdere terreno rispetto alle nuove tendenze fieristiche mondiali. Ci prova quest’anno con un programma di performance all’ingresso. Così poteva capitare, ad esempio, di vedere all’opera un barman-dj giapponese, cimentarsi nell’arte della musica elettronica usando frullatori e mixer da cucina. Il risultato? Cocktail di banana preparati a ritmo di musica. Tipic
Intanto basta fare due metri e il colosso Zach Feuer di NY ti sbatte davanti i lavori di Dana Schutz, giovanissima appena presentata in personale in galleria e subito rilanciata nelle aste. Il risultato? Record a 240 mila dollari che, tradotto, significa che i suoi ritratti freak sono già inaccessibili per i comuni mortali (altro che banane). Nello stand ci sono anche i bei collage di titoli di giornale di Justin Lieberman e le interessanti foto di Daniel Gordon. Schleicher+Lange di Parigi si gioca due buone proposte: da un lato il provocatorio blindo-passeggino mimetico da usarsi nelle zone di guerra di Kristof Kintera, dall’altro la raffinata ricerca sui codici narrativi cinematografici di Laurent Montaron.
Un’altra francese, la Cortex Athletico di Bordeaux, prova che la scena transalpina sta riconquistando posizioni anche nella ricerca. In bilico sottile tra amore e morte, inquietudine ed esistenzialismo sono i lavori di Benoit Marie: un enorme dipinto nero fronteggia un pianoforte dal quale escono inattese note malinconiche.
La giapponese Yamamoto Gendai alterna il sogno anacronistico delle grafiche di Fukaya Etsuko agli esserini tragicomici di Sako Kojima mentre da Cosmic si rivedono gli arazzi dei viaggi clandestini del nostro Piero Golia (anche da Maze).
Tra le cose più interessanti della fiera sono gli oggetti e le installazioni bric a brac del giovane promettente Graham Hudson, che riesce ad essere ora romantico ora barocco, ora minaccioso ora evocativo, semplicemente raccogliendo materiale dai cassonetti (nel napoletano lo vogliono Sindaco subito). Lo si trova con una grande installazione dall’olandese Zinger ma anche dalla romana Monitor che l’ha inserito nel suo programma di residence per artisti.
Sofia Hultén, per la svedese Goldin, inscena incidenti e distorsioni tra le tranquillizanti pareti domestiche. Lo fa con le foto e con i video. Un lavoro non nuovo (Wurm, Fischli & Weiss…) ma ben fatto. Con Golia, Maze parla tutto italiano, tra le foto di Pietroniro e una mini installazione da viaggio di Favelli.
Profittando della vertrina occidentale, la giapponese Yoshii si gioca i nomi di Taro Izumi e Yoshitaka Azuma, che nell’estate scorsa avevano partecipato al progretto After the Reality per Deitch Project. Francamente non entusiasmano ma certamente sono serviti all’immagine pop e festaiola che il potente Jeffrey ha dato al suo spazio newyorkese.
L’indole ambientalista di Alexander Heim, da Doggerfisher di Edimburgo, conduce a risultati altalenanti: bella la sequenza di specchietti retrovisori raccattati in un tunnel, un po’ retorico e troppo esplicito il video Grand Walk, a documentare l’inquinamento delle acque. C’è tanto video per la romana Monitor e di buona qualità: si va da quello della performance milanese Cuckoo del biennalizzato Vascellari ad una romantica Ra di Martino sui rapporti di coppia, dalla bellissima passeggiata di Guido Van der Werve sul pack, inseguito da una rompighiaccio, agli Interiors di Ursula Meyer.
Niente male lo stand della danese Brigitte Kirkhoff e non solo per il divertente toaster di Kristoffer Akselbo, che sputa fette di pane con l’immagine della Gioconda ma anche per l’indole archivistica di Gitte Schäfer, che costruisce sculture, ritratti e paesaggi, narrativi, fatti con gli oggetti che luoghi e persone hanno caratterizzato.
Molto efficaci sono le foto parzialmente concellate di Jürgen von Dückerhoff, della tedesca Frehrking Wiesehöfer, a creare immagini assurde e surreali. Citazione d’obbligo infine per la newyorkese Team, sia per l’estatico reportage dei fan dei concerti di Morissey di Ryan McGinley, sia per i recenti lavori dell’ormai consolidato Cory Arcangel.
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alfredo sigolo
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