Categorie: fiere e mercato

fiere_resoconti | Scope Basel

di - 6 Luglio 2007

Sarà perché la fiera vanta una struttura solida, sarà la location felice, la E-Halle in Erlenstrasse in pieno centro cittadino, a 5 minuti a piedi dalla Messe Platz, saranno il progetto articolato che mette in campo premi e riconoscimenti per artisti, architetti, istituzioni non-profit, una fondazione con collezione propria e iniziative promozionali per progetti curatoriali. Sarà tutto ciò ma tant’è, girando tra le 60 gallerie dell’accogliente padiglione, si percepisce da subito un’alchimia positiva: il prossimo anno potrebbero innescarsi pericolose tensioni migratorie. E le vittime potrebbero essere illustri (non solo tra i galleristi, ma tra le stesse kermesse concorrenti).
S’incappa subito nelle splendide porcellane di Ma Jun per Regis Krampf (NY): vecchi televisori e apparecchi radiofonici con antiche immagini e decorazioni orientali. La tedesca Stefan Roepke fa finta di essere ad Art Basel e non si nega i big come Richter e Kiefer, la belga Annie Gentils rende omaggio al piatto nazionale teutonico, il salsicciotto, con un’installazione scultorea pop dove Kati Heck (1979) sevizia wurstel umanizzati.
Da Charlie Smith (UK) intrigano i gotici dipinti dark su tavola di John Stark (abilissimo nei notturni) e James Unsworth e tornano la sperimentazione tecnologica e la net-art per la newyorkese Bryce Wolkowitz, con la ricapitolazione dei passaggi fondamentali della ricerca di un maestro come Vuk Cosic.

Tutto lo stand della big gallery di Chelsea Marlborough è percorso dai curiosi pupazzotti in cartapesta di Will Ryman, che mette alla berlina i cliché dell’individuo contemporaneo, i dissacranti canadesi della R.A L. (in particolare l’ispirato Neil Farber) propone invece la londinese Houldsworth, dove si vedono anche le sculture di Laura Ford, dallo spirito vagamente catellaniano, e l’originale pittura di Justin Mortimer, scene ambigue e frammentarie emerse da campiture informali.
Heliumcowboy di Amburgo diverte con l’eclettico Boris Hoppek: tra pittura, installazioni e foto, proprio in queste ultime il suo spirito urban giunge a volte a risultati convincenti. Piace il bel disegno a Katharine Mulherin (Toronto); lo si vede dalla scelta di Oscar De Las Flores, suoi gli inchiostri caricaturali su carta giapponese, dall’espressionismo visionario alla Grosz.
Si conferma l’ispirazione concettuale di Euan McDonald per l’altra canadese Birch Libralado e sono una chicca per collezionisti i disegni dei Kabakov presentati dalla tedesca Brigitte Schenk.

Da rivedere Heiko Mueller di Feinkunst Krueger (Amburgo), per gli amanti del genere new pop certamente intrigante. Piacciono invece ai patiti di videogiochi gli scenari di Izima Kaoru e affascinano le geometrie psichedeliche di Chris Duncan, da Gregory Lind from Frisco. Tra le chicche le classiche foto di Basquiat by Edo Bertoglio della svizzera Mahler. Gli scatti furono realizzati durante la lavorazione del film Downtown81 e sono stati pubblicati dalla galleria in un libro edito alla fine dello scorso anno.
Si segnalano ancora la rivisitazione di un’icona del cinema, l’uomo invisibile, di Bill Shannon(da Douz & Mille di Bethesda) e i morbidosi maiali installati da Stephen Wilks per Art Affairs di Amsterdam.
Con le americane a farla da padrone (24 gallerie in tutte, molte di New York) a rappresentare l’italia la mantovana Bonelli e la milanese Carasi. La prima si presenta con l’intento di dare un colpo di spugna alla linea commerciale del passato. Nuovo progetto e nuovo spazio nella Chinatown losangelena. In fiera scelte oculate, con i recenti ingressi di Nicola Vinci ed Elena Monzo, la pittura delirante di Fulvio Di Piazza (della scuderia storica forse il nome migliore) e la novità di due vecchie conoscenze, ormai italo-americane: Nicola Verlato e Federico Solmi, entrambi ben graditi dal pubblico.

E anche Carasi non sbaglia la selezione, soprattutto con le sagome di plastilina di vecchie foto di famiglia di Cristiano De Gaetano e le ispirate sculture pop di Filippo La Vaccara.

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alfredo sigolo

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