ShContemporary si
consolida come l’espressione più vibrante e internazionale dell’Asia. Come di
consueto, l’evento è stato ospitato nella spettacolare location sovietica dello
Shanghai Exhibition Center, riscontrando un notevole
successo di pubblico (il doppio rispetto l’edizione precedente) e affari d’oro.
Tanto che molti galleristi hanno già confermato la loro presenza per l’edizione
2010.
I collezionisti si
sono dimostrati entusiasti e soddisfatti della qualità dei lavori esposti e,
fra questi, un sorprendente
feminine touch ha fatto registrare cifre da capogiro. Ad esempio,
la giapponese
Ota Fine Arts ha venduto ad acquirenti asiatiche quattro
pezzi di
Kusama,
per un totale di 800mila dollari.
Federico Minoli, amministratore
delegato di Bologna Fiere – stupito dal numero cospicuo di acquirenti filippini,
taiwanesi e sudcoreani -, racconta: “
Questa
fiera sta diventando sempre più internazionale. Abbiamo riscontrato un notevole
successo di vendita e addirittura alcuni sold out nei primissimi giorni. In
Europa il mercato è bloccato e molte fiere hanno chiuso. Noi abbiamo voluto
portare avanti il progetto per passionee scommessa, perché crediamo in
questo mercato. Sicuramente qui abbiamo testato la rinascita del mercato… Si
riparte!”. Arthur
Solway, della
James Cohan Gallery, afferma: “
In generale la
sensazione è che ShContemporary sia una fiera con buone capacità di ripresa”; e Lu Jie, direttore di Long March, aggiunge: “
Questa fiera avrà un enorme
impatto sul mercato Asia Pacific”.
L’entusiasmo,
soprattutto da parte dell’organizzazione, nasce dal merito di esser riusciti a
superare i numerosi ostacoli che quest’edizione di
ShC presentava. Primo fra
tutti, l’incerta situazione economica, ma anche la recente mancanza del
fondatore Lorenzo Rudolf, la concorrenza della vivace fiera di Hong Kong e lo
spettro di una scorsa edizione non pienamente soddisfacente.
La sfida maggiore è consistita nel
mostrare non l’aspetto
fashionable e accattivante dell’arte asiatica, ma di supportare in
modo serio e responsabile il mercato locale, allo scopo di riuscire a
posizionarlo nello scenario globale e offrire così nuove opportunità. Uno dei principali obiettivi del nuovo direttore artistico,
infatti, è stato semplicemente quello di cercare di regolare le esagerate
aspettative del pubblico nei confronti dell’esplosione del mercato cinese. Secondo
Colin Chinnery, dunque, “
le aspettative sono diverse rispetto a prima: ora
sono basate sulla realtà concreta. Ci sono molti più lavori sperimentali e
giovani artisti. La gente sta rendendosi conto che l’arte non si rivaluta di cento
volte in cinque anni“.
Ad eccezione di alcune
gallerie, infatti, i prezzi in fiera sono stati effettivamente più moderati. La
Long March Space di Pechino ha portato con sé una vasta gamma di pezzi,
con un
price range che andava da 10 a 300 mila dollari. Il gallerista David Tung
afferma di aver venduto una decina di pezzi, per un totale di quasi un milione
di dollari:
“Qui incontro molta nuova clientela. Questa fiera non serve solo
a Shanghai, ma è anche una piattaforma ideale per il sud della Cina. Pechino è
la destinazione più importante per l’arte, ma in termini di vendita qui la
mentalità è diversa“.
Secondo Marco Mango,
della
Galleria 42 di Modena, l’entusiasmo deriva dal riuscito tentativo di confronto e
contaminazione fra diversi linguaggi, occidentali e orientali. Un punto di
coraggio che “
porterà la fiera a uno sviluppo unico nel tempo”. Da
parte sua, Chinnery è ottimista e conclude: “
L’anno prossimo saremo
ancor più coraggiosi e audaci. Voglio costruire step by step una solida
piattaforma e credo che ci stiamo riuscendo!“.
Grazie alla direzione artistica
dell’ex curatore dello Ucca di Beijing, l’immenso
potenziale artistico e commerciale asiatico è stato sfruttato attraverso una
serie di ardite iniziative, volte soprattutto a incoraggiare i collezionisti
emergenti. Lo speciale intervento del
Collector’s Development Program ha avvicinato, ma anche formato, una
nuova generazione di collezionisti, mentre la sezione
Discoveries ha affrontato l’eterna e sempre
attuale questione: “
What is contemporary art?”.
Un ciclo di conferenze intorno al
tema
Scoprire il contemporaneo ha accompagnato l’esposizione di 23 artisti
internazionali, fra i quali
Marina Abramovic,
Fiona Tan,
Feng Mengbo,
Aiko Miyanaka,
Susan Norrie e molti altri, sotto la sperimentale
visione curatoriale di Mami Kataoka, Anton Vidokle e Wang Jianwei.
All’interno della prestigiosa
sezione
The Best of Galleries sono state invitate a partecipare
le migliori gallerie a livello internazionale, tra cui le italiane
Galleria
Continua e
Giorgio Persano. La sezione
Platform, invece, ha prestato attenzione
ai giovani emergenti, concentrandosi sui lavori realizzati negli ultimi due
anni.
Tuttavia è da
segnalare l’assenza di Pearl Lam, direttrice della
Contrast Gallery di
Shanghai, che negli anni passati ha saputo guidare da sola il programma per i
collezionisti. Gli inviti per le sue stravaganti cene durante la manifestazione
fieristica sono sempre stati i più ambiti. F
orse anche per compensare tale
perdita, la fiera ha ospitato più di trecento persone a un’elegante cena
di gala presentata da The Singapore FreePort presso
lo Swissôtel. L’evento ha costituito un ulteriore piacevole momento di
dialogo e incontro fra collezionisti e galleristi.
L’euforia fieristica si è spinta
ben oltre gli stand grazie ad alcuni eventi di rilievo sparsi per la città,
inclusi uno show d’arte cinese e belga,
Fantastic Illusions al
Moca, e la mostra
I
tesori rubati dalla Cina moderna, ospitata nel nuovo spazio della
ShangArt Gallery nelle Ville Dunhill, una coppia di splendidi palazzi degli anni ‘30.
Nel nuovo distretto Redboc
Complex,
Zhou Tiehai ha inaugurato il suo museo, il
Minsheng
Art Museum, che ha aperto con un group show, rivelando
quanto sia notevolmente migliore in veste di curatore piuttosto che di artista.
Sul Bund la
18Gallery ha invece presentato un’interessante collettiva di videoarte,
Faces, alla quale hanno partecipato
anche gli italiani
Botto e Bruno e
Laurina Paperina.
Deludente l’iniziativa
multimediale di
Zhang Ga presso l’
Oriental Pearl
Tower. Sotto il
nome di
eArts Festival, l’evento si presentava per la prima volta quest’anno, ma l’entusiasmo
è stato velocemente smorzato dal basso livello qualitativo dei lavori
selezionati.
A dire il vero,
rispetto agli anni passati si è riscontrata una lieve flessione nel numero totale di
eventi e opening in concomitanza con la fiera, ma ciò ha favorito un’affluenza più
concentrata e maggior relax.