La XXIV edizione di ARCO non ha deluso le aspettive della direttrice Rosina Gómez Baeza, come da lei stessa dichiarato: “Meno spettatori, meno Disneyland, più qualità, più affari”. Secondo l’ufficio stampa della direzione gli spettatori sono stati 180.000 in 6 giorni e la media di “utile” per ogni galleria è stata di 53.000 euro.
La stessa sera in cui ARCO diffondeva questi dati, Eduardo Arroyo, in diretta sul secondo canale della tv spagnola lanciava le sue frecciate: “L’organizzazione di Arco è ogni anno più deprecabile, si è completamente perso lo spirito originario e nonostante il rispetto che nutro per i galleristi, voglio dire che la fiera è diventata un baraccone insopportabile dove ognuno viene a vantarsi della propria intelligenza e delle proprie sterili azioni”. Polemica senza mezzi termini, non c’è che dire. E in effetti la confusione è davvero troppa, la dispersione immensa, la selezione di gallerie per nulla coraggiosa. Il giro d’affari è grosso, ma per pochi, noti, potenti e, bisogna dirlo, a volte pure bravi.
Veri pezzi grossi sono 3 o 4 gallerie di Madrid, tutte schierate nel corridoio più largo: i nomi sono Juana de Aizpuru (fondatrice di Arco), Helga de Alvear, Soledad Lorenzo e Oliva Arauna.
La Aizpuru aveva un grande Tillmans astratto e delle belle sculture di Franz West. Helga de Alvear alternava l’eterea pittura di Prudencio Irazabal e l’imponente scultura di Susana Solano a un Santiago Sierra completamente fuori contesto. Estremamente snob Soledad Lorenzo, con degli ottimi lavori di Pello Irazu, i quadri decorativi di Broto e soprattutto uno dei migliori artisti presenti in assoluto: Jon Mikel Euba, basco, classe ’66, che nella sezione “black-box” presentava un video intitolato One minute in Busan, effetto low-fi, protagonisti un gruppo di ragazzi cinesi.
Altre gallerie madrilene con begli stand erano la Salvador Díaz, soprattutto per due giovani interessanti: Pablo Alonso, che con marker e spray nero realizza tele drammatiche e attuali, e J. Pérez Aguirregoikoa, capace di sfottere in continuazione con poche, incisive scritte.
Sempre in forma e propositiva anche Espacio Mínimo che si fa notare soprattutto per il lavoro semplice e duro di Manu Muniategiandikoetxea Miguel Ángel Gaüeca.
La galería Distrito4 ci mette tutta l’ambizione possibile e, se si evitano molte cose velleitarie, si trovano dei lavori piccoli ma deliziosi di Iñaki Gracenea e Guillermo Kuitca.
Di gran qualitá ma datati gli stand di Marlborough, Elvira González e Pepe Cobo.
Fra le straniere le gallerie più in forma appaiono le tedesche, serie e, manco a dirlo, solide. 20.21 Galerie (Essen) presenta le divertenti trappole per topi, serpenti e vermi di Slominsky e la pittura radicalmente scabra di Schwontkowsky.
Da Conrads (Düsseldorf) emerge il violento lavoro iconoclasta di Kristian von Hornsleth. D’effetto le foto di radici in acqua di Axel Hütte da Munich Six o i fotomontaggi in bianco e nero di Keller/Wittwer, da Ulrich Fiedler (Colonia).
La migliore pittura della fiera probabilmente dallo svizzero Mark Müller con le tele di Judy Millar, Katharina Grosse, Dennis Hollingsworth.
Bene anche lo stand di Annet Gelink (Amsterdam) con lavori semplici ma vivaci di Ryan Gander, A. A. Tudela e un suggestivo fiore grigio di Kiki Lamers.
Dei francesi piace la vivacitá ludica di Sollertis con le divertenti sculture di lego di Serge Comte.
Fra le americane interessante Bitforms (NY) per le dita davanti alle telecamere a circuito chiuso di Lozano-Hemmes e Alexander & Bonin (NY) con delle limacciose pitture astratte di Robert Bordo.
Del Messico, paese ospite d’onore, si fanno notare le ben note Kurimanzutto e OMR. La prima con i bollini sulle pagine della finanza di Gabriel Kuri e un impressionante teschio rosso di Daniel Guzman. OMR invece con dei substrati psichedelici di Thomas Ruff e i cartoni strappati di Felix Curto.
Fra gli italiani, presenti in buon numero, interessante l’ampia proposta della Pack (MI) con il fotografatissimo acquario di un Robert Gligorov sempre più formale, e con la violenza naïf di Franko B. Bello il mostro nero e gommoso di Paolo Grassino da Persano, che presenta pure un bel video disturbato di Jorge Peris. Artiaco (NA) -nel comitato organizzativo- aveva un Perino&Vele da collezione, poi uno splendido Anselmo, ma anche un ridondante Albert Oehlen (assieme a Peter Zimmermann e Imi Knoebel, fra i più visti in fiera). Fiacco Coda Zabetta da Poggiali (FI), non convince Lamberto Teotino da B&D (MI). Bel cuore nero di Jeume Plensa da Scognamiglio (NA) che per il resto delude. Nessun sussulto da Bonelli (MN). Astuni (LU/PU) si permette di affiancare a Chia e Paladino delle foto di Sánchez Blanco, chiappe all’aria. Studio la Città (VR) presenta uno stand coerente ma molto patinato; al contrario Continua (SI) si defila con una sola opera, un cavallo stramazzato di Berlinde de Bruyckere nell’angolo più in vista di tutta la fiera. Bravi. In giro ancora molti Fontana, molti poveristi e altrettanti transavanguardisti a tenere alta la bandiera del passato.
albert samson
[exibart]
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sono abbastanza d'accordo col commento; tranne aggiungerei la pressenza della bravissima Rosangela Renno (che nell'ultima Biennale di Venezia rappresentava il Brasile) esposta dalla Galleria Portogese Cristina Guerra , che è riuscita a vendere la sua opera video installativa (e ce ne erano pocche) a tre Musei; le foto di Alejandro Gomez de Tuddo , dalla messicana "Terreno Baldio", e le foto collage di Patrick Hamilton esposte da Nina Menocal, andate direttamente al "Museo del Barrio" a New York.
Mi fa piacere che si parli di un artista notevole ma troppo poco conosciuto in Italia, ovvero di Guillermo Kuitka.
se la geografia e la storia non mi ingannano luis adelantado é di valencia (comunitá valenciana) e non della "catalogna", sarebbe come dire "delle gallerie milanesi delude "in arco" o delle gallerie romane delude "mimmo scognamiglio"... se poi usiamo la geografia del "regno delle due sicilie" la cosa cambia, ma sono passate alcune centinaia di anni...