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Diciamo subito che la fiera patavina si è, anche quest’anno, attestata nelle retrovie. Appuntamento ormai classico per i connaisseurs del nord-est, rimane fedele alla propria scelta di un target piuttosto tradizionalista, offrendo una discreta selezione di gallerie italiane che trattano l’arte del ‘900 storico. Nata nel 1990, Arte Padova si è svolta su un’area di 18.000 metri quadri espositivi per quattro padiglioni, 180 le gallerie presenti, una dozzina di case editrici. Rarissime le presenze straniere (ricordo lo stand di una galleria orientale, una sorta di curiosité per l’ambiente da Ancien Régime), non significative quelle dei giovani artisti, d’altro canto non è questo il loro luogo.
Due mostre collaterali hanno arricchito la fiera, una curata da Paolo Rizzi (opinionista e giornalista d’arte de Il Gazzettino) sul tema della figura umana ed una organizzata dal Comune di Messina dal titolo “Messina Art Pride”. Gli incontri tenuti nel periodo di apertura della kermesse hanno puntato soprattutto all’analisi del sistema dell’arte a Padova (5 incontri); anche le scuole sono state coinvolte in alcuni dibattiti.
Venendo ad una disamina sommaria di ciò che la fiera ha offerto, è giocoforza che lo scrivente eserciti il proprio potere di evidenziare le cose che hanno maggiormente attratto la propria attenzione: e allora dirò che il vero punto debole della fiera sta forse proprio nella scelta di privilegiare, quasi a senso unico, l’arte italiana del ‘900, una specie di protezionismo che non fa bene perché evita un confronto che, sotto diversi punti di vista, potrebbe risultare vincente nei confronti dei coetanei artisti stranieri (non è testante la presenza di Warhol, Magritte, Chagall, quasi una consuetudine nelle fiere italiane). Sempre in cima alla classifica i vari De Chirico, Vedova, Guttuso, Fontana, Burri, Music, ecc., un po’ a rappresentanza delle rispettive correnti artistiche. Gli amici di questi (come direbbe Berenson) pagano la popolarità dei propri capiscuola in modo, francamente, eccessivo dal punto di vista delle quotazioni. Il nostro novecento è ricco di figure che, pur avendo un ruolo fondamentale nelle vicende artistiche, sono poco o per nulla conosciuti, poco o per nulla rappresentati, a fronte delle proprie indiscusse qualità. Perfino un’ottima tela di Pizzinato la si può ancora acquistare per una cifra relativamente contenuta, compresa tra i 20 e i 30 milioni, ma soprattutto un olio di Pio Semeghini, il cui ruolo nella cultura della metà del secolo scorso va ben al di là della sua altissima qualità pittorica, si attesta su livelli veramente convenienti, tra i 9(!) e i 20 milioni. La comparsa dei disegni di Music e soprattutto di Licini (di ottima qualità quelli di quest’ultimo) farebbero pensare che il mercato fatica a reperire gli oli, mentre un caso particolare è quello di Migneco, presente con molte tele, dimostrazione di un mercato vivace, pur essendo manifesta la penuria di opere “vecchie”, le più belle.
In questa lettura “a braccio” della Fiera patavina si segnalano un paio di belle misure di Santomaso, una tela ed una carta di pari qualità ad un terzo del prezzo della prima, due grandissime e belle tele (oltre i 2 metri di lato per una cifra intorno ai 40 milioni) di Omar Galliani, uno dei maggiori rappresentanti del citazionismo, presentato da Calvesi alla Biennale dell’84.
Continua la buona stagione del lavoro recente di un “vecchio” come Tommaso Cascella, dimostrazione che l’astrattismo di matrice intimista, tipicamente italiano, ha ancora le sue carte da giocare, mentre a conforto degli amanti della pittura materica si sottolinea la buona disponibilità delle opere di Morlotti. Un cenno meritano due artisti: interessante mi è parso l’approccio quasi nucleare alla superficie pittorica del coreano Kim Minjung (n. 1962), che utilizza gli inchiostri sulla carta di riso in modo molto suggestivo, sposando la tradizione astrattista occidentale con la liturgia della scrittura zen. L’altra segnalazione è per una giovane leva italiana, ancora sconosciuta; si chiama Michela Angeletti ed è nata a Scandiano (RE) nel ’74. Michela parte da una meditazione sulle tecniche di stampa valorizzandone il suo doppio, il negativo. Esposte non erano infatti le carte stampate, bensì le lastre d’alluminio incise, rifinite con l’olio. Le opere, belle innanzitutto per quelle piaghe organiche sulla superficie metallica, traggono linfa dalla loro stessa ambiguità, da quel sovvertimento istintivo dell’ordine imposto dalla rigorosa pratica della stampa. Insomma due artisti legati dalla scelta di sovvertire l’utilizzo tradizionale delle tecniche artistiche, entrambi propongono una soluzione intima all’ipotesi di una riconduzione del tempo ad una dimensione umana: Kim, com’è ovvio, relativamente alle pratiche scrittorie ispirate alla filosofia Zen, Michela per adoperarsi faticosamente all’opera di incisione delle lastre d’alluminio, che poi si completano con la lenta asciugatura del pigmento steso a riempire il solco vivo.
Articoli correlati:
Editoriale: le fiere d’arte contemporanea tra eventi culturali e supermercati dell’arte.
Le altre fiere italiane sull’arte contemporanea nel 2000:
Bologna, ArteFiera 2000
Milano, MiArt
Torino, Artissima
Alfredo Sigolo
“Arte Padova 2000” 11° Mostra d’Arte Contemporanea. Dal 16 al 20 novembre 2000. Padova, quartiere fieristico. Mostre collaterali: “La figura, oggi”; “Messina Art Pride”. Web: www.artepadova.com. Segreteria organizzativa: Intermedia s.r.l., tel. 049/8800305, fax 049/8800944. Vendita promozionale del catalogo, sul sito della fiera, a £ 25.000.
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