Delusione? Non proprio, tutti si aspettavano un mezzo flop e Miart 04 così è stata. I segnali preoccupanti erano più d’uno: nessuna vera proposta di rinnovamento all’orizzonte, la kermesse all’UNA Tocq Hotel, organizzata da Flash Art troppo a ridosso della tradizionale fiera milanese, l’atavico gap di un evento che non ha mai saputo -a fronte di un innegabile primato della città nel settore dell’arte contemporanea- competere con le sorelle di Bologna e Torino.
Se a questo aggiungiamo la cronica difficoltà delle fiere italiane di attirare il collezionismo straniero di qualità, si spiega come mai -per logica maomettana- molte gallerie private italiane tendano sempre più a spendersi su piazze continentali come Colonia, Francoforte, Bruxelles, concentrandosi poi a concorrere per le rigide selezioni degli appuntamenti annuali più ambiti di Basilea, New York (e in seconda battuta Parigi e Madrid). A cui va aggiunto il nuovo asso pigliatutto londinese, motivo del lamentoso refrain che sentiamo ripetere ovunque da ottobre: si vende poco perché tutti hanno comprato a Frieze.
Checché se ne dica, questo a Milano è stato l’anno delle grandi defezioni: rispetto all’edizione 2003, hanno scaricato (qualcuno dice boicottato) Miart gente del calibro di: Bagnai, Biagiotti, The Flat, Cardi, Ciocca, Estro, Kaufmann, Giò Marconi, Noire, Minini, NicolaFornello, Noero, Laura Pecci, Raucci/Santamaria, senza citare quelli che non ci hanno mai creduto.
Fatto sta che Miart sta riducendosi quasi a richiamo e pretesto. Un paio d’orette rilassanti alla fierucola e poi via, concentrati per le strade di Milano a scovare eventi, mostre, festicciole, boutique, aperitivi, vernissage esclusivi, rassegne stuzzicanti: Carsten Nicolai che firma copie dell’ultima monografia Tema Celeste editions, le mostre di Via Farini, Assab One n° 2, la fiera a latere alla galleria Pack (con la collaborazione di Lipanjepuntin, Pilar Parra di Madrid, VTO di Londra), l’inaugurazione gossipara ad Open Care – Frigoriferi Milanesi (con la Barale, Degan e Camila Raznovich tra gli altri. Naturalmente vedrete tutto nelle pagine fotofinish di Exibart.onpaper), l’apertura del monumentale spazio Borgogno, la mostra di una sera di Patrick Tuttofuoco, le rassegne video: al teatro Litta, a cura di The Flat, e all’Hollywood, discoteca culto per calciatori e veline.
Fatto salvo il giorno dell’inaugurazione, dove s’è vista una certa affluenza e fermento, per il resto calma piatta a Miart e tante (ma tante) brutte cose, da saltare a pié pari, con un’unica vera novità: la camminata della balconata Art & Co. , con manufatti, artigianato e design. Una specie di deprimente mercatino delle pulci che non ti aspetti dalla città dove il settore del modernariato sta a livelli di professionalità altissimi.
Così c’è perfino chi giura che il marchio di Miart sia in vendita e che Artefiera di Bologna ci starebbe facendo un pensierino, per chiuderla e togliersela dai piedi. Probabilmente una balla, ma indicativa dell’umore generale.
il giro delle gallerie
Cosa si è salvato? Complessivamente il Padiglione 1, con tanta fotografia e qualche buona idea.
Nathalie Obadia (Parigi) propone una mostra di opere su carta di alta qualità (e prezzi contenuti), con artisti del calibro di Delvoye, Ocampo, Fiona Rae, Milhazes, Oehlen, Queiroz, Monica De Cardenas sfrutta l’onda lunga della sua importante mostra per lo scozzese Neil Tait, Fotografia Italiana imbastisce una buona selezione di fotografi noti ed emergenti, con Erba, Tranchina, Tarantini, Zanta e Wolf, ma presenta anche i suoi cataloghi extralusso e perfino un periodico professionale di fotografia e dintorni.
Visto lo stato dell’arte francese, un’altra parigina, Daniel Templon, mette da parte il proverbiale sciovinismo d’oltralpe e punta sulla nostra Transavanguardia, la londinese Lisson resta invece fedele alla tradizione: si fa tutte le fiere ormai, mescolando più o meno sempre gli stessi nomi e opere. Comunque bella la mandorla violetta di Kapoor e curiosità per il video di Christian Jankowski Commercial landscape, surreale ed ironico dialogo toscano di due vecchietti (sottotitolato in inglese). Opere nuove per Continua, di Zuffi, Mezzaqui, Fulgeri, Cecchini ed una sfida con il dirimpettaio Guenzani a chi ha le palle più grosse: il primo ha quelle dell’impegnativa installazione (un po’ sacrificata per la verità) di Ilya Kabakov, il secondo va su quelle classiche di Tuttofuoco e intornoLambri, Gabellone e Arienti.
Lipanjepuntin rinuncia al consueto stand spettacolare, si presenta in una dimensione più rigorosa e razionale ma non stecca perché è bella la nera buccia emisferica di Sassolino, che arriva tardi (è del ’67) ma è bravissimo, i taccuini di Toffolini sono una chicca, i Personal Jesus di Giacon decisamente ironici. Semmai al Gligorov svogliato visto qui preferivamo quello impertinente dell’UNA Tocq
Da Claudia Gian Ferrari eleganti ricami su seta di shantung di Angelo Filomeno e il nome pesante di Kristufek, da Spruth-Magers Projekte (Monaco) foto importanti di Gursky e Matthew Barney. Non ha certo lesinato sulla qualità Lia Rumma: le foto di Ruff e Schaller sono bellissime, come pure il tappeto di Kentridge. Basta solo una grande installazione di Mario Merz (Albero grande solitario, 1995) alla Kewenig Galerie (Colonia), al contrario di BrancoliniGrimaldi, che punta sulla quantità dei nomi quando sarebbe bastato far respirare Vitali, Basilico, Collishaw ed Epstein.
Al Padiglione 2 bella l’idea di Milan Art Center di dedicare lo spazio al progetto collettivo di Ruggero Maggi Camera 312 – promemoria per Pierre, cascata di post-it d’artista in omaggio a Restany, curiosità per i disegni di Riello da Astuni, tante foto di Mapplethorpe da Spazia, il sottovalutato James Brown da Raffaelli e poco altro. Giusto il tempo per segnalare la buona tecnica pittorica di Daniela Montanari da Amste, le belle foto di Bruening, Olaf e Teotino da B&D, di lodare la scelta di Lattuada di dedicare una larga parte dello stand alla body art, da Schwarzkogler ad Orlan, e per il resto si salvi chi può, noia mortale.
Al Padiglione 3 , il settore Anteprima, la situazione non è che migliori di molto. Comunque la 10.2 annuncia la prossima performance di Simona Spaggiari esponendone la nera coda da sirena, Fabio Paris espone un bel pezzo che documenta uno dei più riusciti inganni di 0100101110101101.org, che hanno abbindolato gli austriaci facendogli credere che la Karlsplatz di Vienna sarebbe stata rinominata Nikeplatz, con tanto di logo Nike formato monumento (della serie: se le bevono… tutte!). Priska (NY) offre tutto lo stand ai circuiti elettronici pop dipinti da Danielle Tegeder, Percy Miller (Londra) a Simon Morley e alle sue copertine dipinte ad acrilico, mentre Marella mette a fuoco la nuova fotografia cinese con Li Wei e Huang Yan: che sia un segnale per meditare un investimento per il futuro?
A latere della fiera, un paio di segnalazioni: bella l’iniziativa della maison Mont Blanc , un progetto a sostegno dei giovani artisti (quest’anno tocca a Deborah Logorio, buona scelta) e 6 performance per interpretare la famosa stella bianca, logo dell’azienda. Hanno lavorato “live”: Gilberti, Pancrazzi, Pietrella, Lanzini, Fumagalli e Camoni. Interessante anche la collettiva Alta attenzione (documentata in catalogo) organizzata dalla Provincia di Milano. Ma vi pare carino strombazzare come criterio di selezione il fatto che gli artisti non siano presenti negli stand delle gallerie? Alcuni dei 12 artisti sono bravi, perché farli passare da sfigati?
Il Padiglione 4 è riservato all’arte moderna e qualche chicca la si trova, senza strafare.
Ecco dunque i Guidi degli anni ’30 di Bonaparte, un Contini che non ti aspetti con Warhol, Schnabel e Sutherland, un grande Vedova a Il Mappamondo che, nel ’76, ancora reggeva, associato a De Pisis degli anni ’20 e ’30.
Da Tornabuoi l’Afro cubista del ’51, un De Chirico del 1909 e le antorpometrie di Klein, alla Galerie 1900-2000 (Parigi) interessanti disegni e foto di Duchamp, Dalì, Tanguy, Magritte ed Ernst e qualche bel Turcato d.o.c. Di nuovo Turcato di qualità (se ne sono visti più d’uno) ad Arte ’92, ma anche uno Scialoja in forma e poi Nitsch e Schneider.
Infine la Blu: per il suo collezionismo storico che voglia fare una capatina nel contemporaneo con gusto reazionario ecco il nome: Coda Zabetta.
In conclusione citazione d’obbligo per il mitico stand di Art Attack che presenta la nuova serie di Giovanni Muciaccia su Disney Channel.
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alfredo sigolo
[exibart]
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Sono stato per un pò di giorni a Milano durante Miart e devo dire che non solo la fiera ma tutta la città è al ribasso. Anche le altre mostre in città, vedi Assab-one, non erano un gran chè... spaventoso come dopo solo 2 anni dalla precedente edizione ci sia stato un vero crollo verticale; gallerie che prendono lunghi "periodi di riposo" vedi Laura Pecci, la Galleria Blu che presenta coda zabetta (volutamente scritto tutto in minuscolo)... far peggio è difficile !!!
in piazza 24 maggio Cattelan con i bambini impiccati, al Miart Muciaccia gioca con i bambini...a buon intenditor poche parole...
Ma andiamo la galleria migliore Bonelli? Siamo veramente alla Frutta allora...
Sono stata a Madrid, poi a Milano, e devo dire che tra le gallerie italiane, risulta sempre tra le migliori quella di Giovanni Bonelli di Mantova
Molto interessanti le opere di Alex Pinna della Galleria Ronchini.
Basilè in continua crescita, Marco Grassi la bella sorpresa!
Ciao a tutti
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