Giovanni Carpanzano, regista del lungometraggio Il vuoto, debutta sul grande schermo con la storia di un amore impossibile. Protagonisti sono Giorgio (Gianluca Galati) e Marco (Kevin Di Sole), ventenni provenienti da due contesti sociali differenti – uno è figlio di un avvocato affermato, l’altro di un agricoltore -, che, per difendere il proprio amore, condividono una lotta di emancipazione nonché il desiderio bruciante di emergere e trovare il proprio posto nel mondo.
Attraverso un viaggio nella loro dimensione interiore, si indaga il dramma di vivere un amore impossibile destinato a soccombere in una società avvelenata dal pregiudizio e dall’inaridimento emotivo. Il titolo del film assume così un significato molto più profondo, «Il vuoto è la condizione essenziale per cadere o spiccare il volo. È la vertigine che si prova difronte ad una scelta esistenziale o cruciale della vita di ognuno di noi. Il vuoto è altresì la forza che tiene insieme tutte le paratie dell’aereo, non la colla o i rivetti ma il vuoto, allo stesso modo il vuoto tra Giorgio e Marco e la società e l’unica forza che li tiene insieme. Anche solo una piccola crepa potrebbe distruggere tutto», ci ha detto Carpanzano.
Tanti sono i rimandi alla storia dell’arte, proprio nelle prime scene vi è un esplicito riferimento al Cristo morto di Mantegna e successivamente al Giudizio universale di Michelangelo. Da un’autobiografia all’universale, il film parte raccontando una storia vera successa a Carpanzano agli inizi degli anni 2000 ma, durante la stesura, succede molto di più. Il regista stesso dichiara che «Iniziando a scrivere il film con il mio co-sceneggiatore Alessio Petrolino mi sono subito accorto che piano piano la storia si espandeva, staccandosi dai suoi nodi iniziali personale e autobiografico e dilagava verso dinamiche e temi che non riguardavano più soltanto me. Perché non racconta solo un amore impossibile tra due giovani amanti a causa dei costrutti patriarcali della società ma narra un amore impossibile come archetipo per il cinema, come memoria del desiderio e della passione, in cui chiunque può identificarsi. I confini autobiografici si sono così dissolti e la storia non è più soltanto mia, ma di tanti altri perché chiunque ha avuto in gioventù un amore travolgente in cui può riconoscersi. Non è una questione di genere».
Toccante e travolgente ma senza escludere la parte comica, Il vuoto tratta di tematiche molto attuali: mette in luce la tossica società patriarcale in cui viviamo dove l’apparenza viene posta prima della felicità dell’individuo. Alla domanda su quanto possa un film ispirare a lottare contro tali costrutti, Carpanzano ci ha risposto che «Al 100 per cento, la mission del film è proprio quella di portare il pubblico ad affrontare le scelte importanti che si ritrova davanti, arrivando fino all’orlo del precipizio per spiccare il volo. Il vero protagonista di questo film è il coraggio di scegliere sé stessi fino in fondo, e un’altra cosa che mi piacere rivendicare è che questo è il film su un amore che va aldilà dei generi, perché l’amore come archetipo che ognuno di noi ha non guarda al genere. Il genere è un costrutto sociale frutto del dominio del patriarcato maschile etero normativo».
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