Se ancora avete qualche dubbio su cosa sia questa famigerata “Criptoarte”, forse NFTMe potrà aiutarvi a fare chiarezza: su Amazon Prime Video sarà disponibile – prima negli Stati Uniti e nel Regno Unito e poi negli altri Paesi – la nuova docuserie dedicata, appunto, alle modalità di applicazione degli NFT Non Fungible Tokens all’arte contemporanea. Una tecnologia che ha permesso di autenticare digitalmente, sulla blockchain – e qui già iniziano i mal di testa – praticamente ogni tipologia di oggetto fisico o virtuale, permettendo guadagni inimmaginabili.
Nel marzo del 2021, il collage di immagini digitali Everydays-The First 5000 Days di Beeple, aka Mike Winkelmann, fu battuta in asta da Christie’s per la cifra monstre di 69,3 milioni di dollari. Da allora sembra passata una vita, la cosiddetta Arte NFT è esplosa e implosa più volte, facendo registrare altri record e sollevando moltissimi dubbi sulla sua effettiva consistenza. Artisti, curatori, direttori di musei, sedicenti esperti di settori, personaggi più o meno raccomandabili, nani e ballerine si sono avvicendati nelle cronache degli ultimi mesi. Dal media artist Refik Anadol, che ha presentato una sua grande installazione al MoMA di New York, lavorando in maniera sperimentale sull’Intelligenza Artificiale, fino all’imprenditore statunitense che ha bruciato un disegno di Frida Kahlo per “trasformarlo” in un Token, è successo veramente di tutto e, in questo vortice, non è semplice farsi un’idea chiara.
In sei episodi di 30 minuti, la serie Amazon Prime Video NFTMe introdurrà alcune delle personalità più attive, credibili e influenti nel settore della creatività, che racconteranno la loro esperienza con gli NFT, parlando di come questo dialogo sempre più intenso tra arte e tecnologia abbia influenzato positivamente la loro vita quotidiana. Insomma, un Black Mirror ma al contrario. 50 i pionieri dello spazio NFT, provenienti da tutto il mondo e da vari ambiti, a dimostrazione di come ormai ciò che chiamiamo arte contemporanea sia un “oggetto” diffuso tra diversi settori, come la cantante americana Susaye Greene dei The Supremes, la Regina Diambi Kabatusuila della Repubblica Democratica del Congo, Peter Rafelson, produttore musicale di Madonna, e lo stesso Anadol, che oltra a esporre al MoMA ha collaborato anche per società quali SpaceX e NASA.
Oltre a una storia del movimento NFT, gli episodi racconteranno anche di come molti marchi si stiano interessando agli NFT per esplorare altri segmenti di pubblico e nuove generazioni, ma anche dell’impatto sociale della trasformazione digitale, della tokenizzazione dell’industria musicale, del metaverso e del ruolo della tecnologia nel dare voce agli artisti.
Prodotta da Tech Talk Media, con la regia di Jonny Caplan, la docuserie è stata girata a partire dal 2019, quindi in anni ancora non troppo sospetti, ed è stata adattata in corso d’opera a causa delle restrizioni per il Covid-19. In questo modo, però, la produzione ha dovuto usare alcune tecnologie diventate diffusissime durante la pandemia e per un prodotto sul mondo virtuale questo non è stato per forza un male, da più punti di vista. Grazie e a causa della pandemia, infatti, tutti abbiamo iniziato a masticare un certo tipo di linguaggio, approcciando non solo a strumenti ma anche a concetti che, prima, circolavano perlopiù in ambienti di nicchia. Adesso, invece, tutti sappiamo cos’è il Metaverso o almeno crediamo di saperlo. E così anche NFTME non sarà poi un viaggio in un mondo completamente alieno.
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