08 aprile 2024

L’importanza di essere acqua: Nobilis Golden Moon di Mariagrazia Pontorno

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A margine della presentazione al MAXXI di Roma, Mariagrazia Pontorno ci parla di Nobilis Golden Moon, il suo recente documentario sull'importanza dell'acqua, tra magia e scienza

Mariagrazia Pontorno, Nobilis Golden Moon, 2020, still da frame. Courtesy: l’artista
Mariagrazia Pontorno, Nobilis Golden Moon, 2020, still da frame. Courtesy: l’artista

Quanto l’acqua sia fondamentale non è sicuramente necessario sottolinearlo. Una risorsa scarsa la cui carenza ha devastato – e devasta – popolazioni e territori. Tuttavia, è necessario ribadirne l’importanza. Una sistematica crisi degli ecosistemi, la crisi climatica, la modificazione di paesaggi e la progressiva rarificazione di una natura incontaminata – che appare sempre di più antropizzata – portano ad un impatto sempre più evidente e intenso, a mutamenti radicali nell’intero eco-organismo globale.

Acqua Foundation, un’associazione filantropica senza scopo di lucro, si occupa della conservazione dell’acqua e della sua governance a livello globale. Attraverso l’informazione alla comunità sull’importanza dell’acqua in quanto risorsa da salvaguardare, l’associazione vuole sviluppare un network per finanziare progetti strategici al fine di accrescere la consapevolezza sul tema delle risorse idriche. Il loro programma, Art for water, si propone di analizzare questa tematica attraverso l’occhio sensibile della stessa pratica artistica.

Il team di Acqua Foundation, MAXXI, giornata mondiale dell’acqua. Foto: Giovanni De Angelis. Courtesy: MAXXI, Roma

Il 22 marzo 2024 è stato presentato, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Nobilis Golden Moon, realizzato da Marigrazia Pontorno, nella cornice del MAXXI di Roma. Co-prodotto da Acqua Foundation e Maritima01, promosso dall’Associazione Culturale Art Made di Elena Posokhova, sottolinea la desacralizzazione del Mar Mediterraneo attraverso un processo di estinzione di uno dei suoi simboli e delle sue sentinelle, la Pinna Nobilis. Si tratta di un grande mollusco che supera l’altezza di un metro che secerne il bisso, una fibra tessile di colore dorato nota come seta di mare.

La riflessione dell’artista si situa in questo lembo sottile, liminale, tra pensiero magico (metafora dell’arte e della sua forza alchemica) e pensiero scientifico. Metodo, indagine, sogno e trasformazione sono i quattro pilastri su cui si sorregge l’intero apparato concettuale dell’opera e della poetica di Mariagrazia Pontorno. Riferimenti biografici e personali, visioni oniriche perse nel confine tra il ricordo ed il sogno, ricerche biologiche, si intrecciano nello sviluppo di un racconto intimo e a tratti autobiografico.

Nobilis Golden Moon, MAXXI, giornata mondiale dell’acqua. Foto: Giovanni De Angelis. Courtesy: MAXXI, Roma

Il potere di cambiare le cose sembra, per qualche ragione, eterno onere dell’essere umano. In questa intervista la condizione di ascolto dell’artista sfida la nostra sensibilità, sorretta dalla struttura antropologica e antropocentrica della nostra necessità di intervenire sul reale. Lasciando alle spalle, per un istante, qualsiasi teoria critica sull’antropocene, emerge il tremendo terrore che ogni gesto possa essere vano. Un’eco-fobia per certi versi heideggeriana: l’atopia eco-fobica si manifesta nella mancanza di possibilità di riconoscimento, dell’individuo, all’interno del luogo che abita – estraneo allo stesso mondo in cui partecipa attivamente. Tuttavia, è ben più evidente come, senza il nostro intervento – né attivo, né passivo – la natura si riapproprierebbe degli spazi che noi abbiamo, abusivamente, dominato. E lo farebbe in un tempo estremamente rapido.

Alessandra Mammì e Mariagrazia Pontorno, MAXXI, giornata mondiale dell’acqua. Foto: Giovanni De Angelis. Courtesy: MAXXI, Roma

Come nasce la tua collaborazione con Acqua Foundation e qual è l’obiettivo di questa collaborazione specifica?

«Nel 2019 sono stata contattata per partecipare ad una residenza che aveva come focus il rapporto tra arte e scienza, che è la base fondante della mia poetica. Inoltre, in questo progetto, organizzato da Maritima01 a cura di Elena Posokhova, in collaborazione proprio con Acqua Foundation, era coinvolto l’Imedmar di Valencia. Al tempo avevo proposto un progetto sul turismo sostenibile collegato alla leggenda per cui, a Valencia, è custodito il Sacro Gral. Poi, in seguito alla pandemia del 2020, mi è stato chiesto di rivedere il progetto. Nell’estate del 2020, non so se ricordi, c’è stata per tutti noi una finestra di aria e di libertà, e questo lavoro è stato girato in quella congiuntura. A cavallo tra due lune piene e due pandemie. Infatti, la nostra pandemia è stata lo spunto per riflettere su un’altra, sottomarina, che stava funestando il Mediterraneo, in parallelo a ciò che noi vivevamo. È questa la premessa di Nobilis Golden Moon».

Il Mar Mediterraneo è stato percorso da infinite vite, ha visto l’ascesa e il crollo di imperi, guerre e devastazione, commercio e pirateria. Profondamente aperto agli scambi culturali e identitari, è un ricchissimo bacino in cui tutto cambia seguendo prospettive inaspettate. Il mare resta l’unico elemento presente e il rischio circa il suo futuro è ancora più inquietante. Quali sono gli aspetti che la tua opera cerca di far emergere sull’ambiente che questo animale, la Pinna Nobilis, ha popolato per secoli? C’è anche un sottofondo, si potrebbe dire, fortemente politico.

«La scomparsa della Pinna Nobilis mette a repentaglio l’ecosistema del Mediterraneo stesso. È un animale in via di estinzione, per cui è chiara la necessità della sua tutela, ma è un depuratore naturale, perché filtra l’acqua. È alla base della salute del Mediterraneo. Non si tratta solo di difendere un essere vivente, ma anche, in maniera egoistica, difendere noi stessi attraverso la salute del mare, che è anche la nostra salute. È un discorso molto più ampio perché la Pinna Nobilis svolge un ruolo fondamentale nella pulizia e nella depurazione, ed è quasi sparita dal Mediterraneo da un giorno all’altro. La pandemia ha avuto una diffusione rapidissima: la Pinna Nobilis, che era presente in centinaia di migliaia di esemplari, a partire dal 2016 è stata decimata.

Per ciò che riguarda la seconda parte della domanda, in pochi definiscono il mio lavoro politico, perché non ci sono sovrastrutture esplicite che fanno pensare ad un impegno politico. Però l’arte è politica, perché porta all’attenzione dei temi in una maniera chiaramente non giornalistica o saggistica, ma attraverso un sistema linguistico e una poetica che le appartengono profondamente. In tal senso il lavoro di ogni artista è politico. Significa, prima di tutto, un impegno di coscienza. Giacinto Cerone, che è venuto a mancare troppo presto, diceva proprio questo: tutta l’arte è politica, e noi (artisti) dobbiamo essere come martelli che rompono i vetri e fanno entrare il vento in casa. L’ipertecnicismo porta all’obsolescenza, la politica al pensiero».

La tua opera è pervasa da una certa pratica onirica estremamente contemporanea. Il mondo, in sé, sembra quasi essere percorso da incubi inquietanti: i cambiamenti dovuti all’impronta dell’essere umano che, per secoli, ha cercato di dominare con spregiudicatezza l’intera natura. Quale è il profondo nesso tra il sogno e la crisi che stiamo vivendo?

«Nel caso di Nobilis Golden Moon è la mia stessa vita. Ho incastonato in questo lavoro un elemento autobiografico che, in realtà, è sempre presente ma non si vede. Qui, invece, è esplicito. Il rapporto tra me e la bambina dell’introduzione (Lia, la nipote dell’artista, ndr), il mio alter ego, è presente in tutta la trilogia del pensiero magico, è il trait d’union. E Nobilis Golden Moon è il primo capitolo della trilogia. Questa bambina sono io, ma è anche il pensiero magico, ed è funzionale alla declinazione del rapporto tra pensiero scientifico e pensiero magico. Il pensiero infantile è un sistema in cui il nesso causa-effetto non ha nessuna logica e che si contrappone a quello scientifico basato sul metodo sperimentale. Da questo elemento autobiografico, si passa a una crisi legata al Mediterraneo, e un tentativo di tutela da parte degli scienziati, attraverso un progetto molto importante che si chiama Life Pinnarca. C’è uno sguardo, naturalmente, alla scienza e all’impegno che si sta portando avanti per fronteggiare questa pandemia. E poi ci sono anche gli aspetti onirici che sono rappresentati dalla controparte magica, la sacerdotessa del bisso Chiara Vigo. Che poi è l’altra parte della luna, il Dark Side of the Moon, perché la Luna, in questo caso, è anche una metafora. C’è una parte visibile e chiara che è quella, in qualche modo, dell’aspetto visibile e quindi scientifico, chiaro e razionale. E poi invece c’è una parte nascosta che è l’aspetto esoterico, onirico e magico. E il racconto autobiografico si situa nella parte oscura, nascosta, perché legata al ricordo. Quindi evanescente per definizione».

Mariagrazia Pontorno, Nobilis Golden Moon, 2020, still da frame. Courtesy: l’artista

Passato, presente e futuro si ibridano nella tua narrazione. L’opera, infatti, ripercorre gesti atavici come quelli dei “maestri del bisso”, che lavorano questo filo d’oro prodotto dal mollusco. La tua ricerca, allo stesso tempo, costruisce una stretta correlazione tra la pratica scientifica e una certa magia nascosta. Di fatto, indaga il rapporto stesso tra arte e scienza che è una delle aporie del pensiero più complesse e inscindibili. Ma, dunque, come può l’arte riuscire a riflettere sulle emergenze paradigmatiche del nostro presente in un’epoca in cui la scienza rischia di diventare scientismo?

«Forse, la risposta è proprio quella che danno gli artisti attraverso le loro opere. Veicolare, tramite strumenti e categorie percettive diverse, dei temi cruciali che poi sono alla base della nostra vita, ma anche della nostra sopravvivenza. L’operazione su cui Acqua Foundation mi ha invitato a riflettere è il parlare di una emergenza che riguarda il mare attraverso, in questo caso, un film. E costruire il film a partire dalla conoscenza approfondita di un tema. È quello che è successo durante la residenza, in cui io mi sono confrontata direttamente con gli scienziati. C’è alla base una conoscenza e un approfondimento che viene dalla frequentazione e dal colloquio con gli scienziati. Questo lavoro nasce intorno a un dialogo, che è stato sublimato in qualcos’altro, non un saggio, ma un’opera. L’arte può trascendere le forme, ed è un ruolo necessario che non sempre è così scontato. Se ci pensi è un equilibrio sottile, specialmente quando si parla di arte e di scienze. Io mi sentivo su un filo, sospesa, che poi in questo caso è veramente un filo, il filo del bisso. L’oro, per esempio, appartiene alla tavola periodica però, da sempre, ha una fascinazione che trascende il suo aspetto materiale. O anche la luna: sia gli scienziati che la sacerdotessa del bisso sono d’accordo, si incontrano proprio nella luna; nel momento in cui c’è la luna piena, la pinna nobilis si schiude e la sacerdotessa del bisso compie un rituale, che è un canto alla luna, prima di immergersi e raccogliere il bisso. La luna è il satellite che unifica la parte scientifica e la parte magica. Chiara Vigo compie un rituale che viene tramandato da secoli in una linea che è quella nonna-nipote, una linea femminile che salta una generazione perché il bisso, una volta raccolto, prevede tutto un sistema, una metodologia di lavorazione che contiene anche una parte esoterica».

Il dibattito sull’antropocene è un’altra di quelle dimensioni così pregnanti da essere inserita in narrazioni in cui può apparire, forse, stretta. L’antropocene è, di per sé, un filone di ricerca caratterizzato da una multidisciplinarietà persistente e complessa. Fondamentalmente, il ripensamento del ruolo dell’essere umano nel suo pensiero, come è correlato alla sua pratica artistica? Quale è l’obiettivo di questa riflessione?

«Ti rispondo anche con una riflessione non presente nel film, che gli scienziati hanno fatto purtroppo a telecamere spente. Secondo loro Walt Disney ha compromesso la percezione della natura, perché ha umanizzato gli animali, di fatto snaturandoli. La Pinna Nobilis, agli occhi di un essere umano, fa una vita noiosissima perché, per quarant’anni, è radicata nel terreno. Non pensa, non ha un cervello, non sente. Il discorso sull’antropocene, a volte e paradossalmente, si riduce proprio all’estendere il punto di vista umano all’intera natura. Che non è se non una parte minima. Durante la residenza ho compreso quanto, in realtà, parliamo di difesa della natura ma tutto quello che stiamo cercando di fare è proteggere noi stessi. Nel momento in cui l’uomo si dovesse estinguere, la natura si impadronirebbe in pochissimo tempo dei suoi spazi, come quelli di un edificio dismesso. La natura è violenza, lo dice benissimo Frederick Wiseman in un documentario meraviglioso che si chiama At Berkeley, ambientato nell’omonima università. Durante una lezione di chimica il docente fa comprendere come non ci sia nulla di neutro, né di bello, né di accogliente nella natura e quindi anche questo modo di difenderla, sempre con un punto di vista umano, permette di capire che stiamo difendendo prima di tutto il genere umano».

Thomas Merton, un prete trappista statunitense, ha scritto nel 1955 No Man is an Island. Un testo che, di primo acchito, potrebbe sembrare strettamente correlato ad una visione tendenzialmente cristiano-centrica, mentre mostra una certa vivacità laica. In un modo abbastanza immediato, Merton vuole sottolineare come ciascun essere umano è membro di una umanità collettiva che si scontra apertamente con la violenza che vuole minare questa stessa collettività. La violenza, tuttavia, è figlia dell’essere umano stesso. In che forma di violenza è collocata la nostra realtà? Quali sono le sue radici, le sue origini?

«Nel mio lavoro c’è molta violenza, ma è una presa d’atto, non c’è una condanna o un tentativo di redenzione. Da Roots, con le radici che si sradicano e volano verso il cielo, fino  a Nobilis Golden Moon con la pandemia. C’è un avanzare ineluttabile delle cose. Penso sia anche poco onesto convincersi che questo aspetto possa tramontare o essere eliminato, è una costante dell’essere vivente. Bisogna saper convivere con la violenza e non credo che ci sarà mai un momento in cui, come si vede nei cartoni animati, trionferà il Bene. Il Male è pervasivo, ma non è neanche male, è semplicemente realtà, crudezza delle cose. Poi, per porre degli argini, c’è tutto l’aspetto etico, costruito dall’umanità. Ma questa è un’altra storia».

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