03 gennaio 2021

Pop Corn 39#. La fertilità protagonista per Kathryn Hahn in Private Life

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Il tema del mancato arrivo di un figlio, in un periodo storico in cui l’età dei genitori si è alzata, caratterizza la narrazione di questo film, che vede una Kathryn Hahn in splendida forma

Private Life è una commedia ambientata a Manhattan, dove Richard (Paul Giamatti) e Rachel (Kathryn Hahn) sono una coppia sposata che lavora nel ramo intellettuale. I due desiderano profondamente un figlio ma l’età di Rachel, 41, e quella di Richard, 47, rendono il percorso più complesso del previsto. Mentre hanno intrapreso la via per l’adozione, tentano per l’ultima volta una fecondazione in vitro che si rivela fallimentare e il medico suggerisce l’utilizzo di un altro ovulo, possibilmente appartenente a una donatrice più giovane. Il caso vuole che arrivi presso di loro la giovane nipote di Richard, Sadie, che, in totale adorazione per gli zii e sulle loro orme professionali, decide di aiutarli sottoponendosi alle cure ormonali. Anche questo tentativo, oltre a mettere a dura prova la coppia e i loro rapporti famigliari, non va in porto.

Parlare del desiderio di mettere al mondo una creatura è sempre difficile e delicato, perché le sensibilità in merito a questa volontà è diversa da soggetto a soggetto. Ci sono molte donne che hanno un’oggettiva difficoltà a restare incinte, i problemi ormonali sono aumentati negli anni (o forse la consapevolezza in merito?) e le conseguenze si ripercuotono anche sulle gravidanze.

Spesso, l’età della procreazione è anche più avanzata, perché ci sono questioni legate alla stabilità professionale ed economica, dettate anche dalla fine degli studi universitari e il conseguente ingresso nel mondo del lavoro intorno ai 25 anni. Infine, le relazioni sono più difficili, le esigenze sono mutate e trovare una persona con cui decidere di condividere l’esperienza di genitore non è affatto semplice.

L’età sicuramente influisce sul corpo femminile in modo più drastico e netto rispetto al corpo maschile, costringendo molte donne a ricorrere alla fecondazione assistita con una frequenza crescente: in Italia il 14% dei bambini nasce grazie a questa tecnica. La percentuale di riuscita però cambia drasticamente, perché se fino ai 34 anni abbiamo un 28% di possibilità di buon esito, dopo i 40 arriviamo al 12% e scendiamo al 4% in tempi rapidissimi.

Il problema è che pochi raccontano i disagi di questo percorso: le medicine da assumere, i costi, i numerosi controlli, le iniezioni, l’enorme quantità di ormoni da assumere, le gravidanze interrotte, gli sbalzi di umore, i tentativi falliti, il senso di impotenza. E, attenzione, abbiamo un mostruoso impatto sul corpo della donna, cosa che in qualche modo avviene anche con la gravidanza, anche se viene presa sempre dal lato gioioso della vita che arriva.

Tuttavia, la capacità di Kathryn Hahn in Private Life è quella, certamente, di raccontare tutto questo, ma anche quella di non dimenticare i sentimenti del suo partner e dell’impatto devastante che tutta la situazione ha sulla dimensione della coppia: la sessualità è programmata, così come le uscite, mentre gli umori si ripercuotono su entrambi, la frustrazione si distribuisce equamente e il malcontento cresce.

Accanto a una Rachel e a tutti i suoi problemi di donna, c’è sempre un Richard con i suoi problemi di uomo e ci sono la coppia e il mondo fuori. In questo film si vedono tutte le dimensioni, con una bella sensibilità nei confronti di entrambi: sarà forse che la regia è di una donna, Tamara Jenkins?

Film che ha debuttato al Sundance nel 2018, ha il perfetto scenario che racconta la vita newyorchese di una coppia di perfetti intellettuali che vivono downtown con affitto bloccato.

Kathryn Hahn, Private Life, 2018, regia di Tamara Jenkins

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