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Dura oramai da quasi due settimane l’occupazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli da parte delle studentesse e dagli studenti, che hanno dato il via alla mobilitazione per far sentire la propria voce contro i disservizi e per rivendicare il loro diritto all’istruzione e alla socialità. «Vogliamo il rientro nelle aule di tutti i corsi. Questa è casa nostra», dichiarano gli studenti che, minacciati di sgombero, misura approvata dal Consiglio Accademico, continuano nella loro protesta, rendendo gli spazi fruibili a tutti, nel pieno rispetto delle norme anticovid, per dimostrare che una didattica sicura e in presenza è possibile. Anche perché «L’arte in DAD non si può fare», continuano, sollevando una questione metodologica di ampia portata.
Alla direzione dell’Accademia si contestano non solo l’assenza di un piano concreto in previsione di un ritorno in presenza ma anche la rigidità nel conservare un regolamento didattico ancorato a norme oramai impossibili da ottemperare, come quella dell’obbligo di frequenza. Nella protesta sono confluiti anche altri motivi “strutturali”, per denunciare le condizioni fatiscenti di alcune aree dell’edificio e l’assenza di aule studio adatte. L’occupazione ha assunto una portata generale, per gli studenti delle Università e delle Accademie di tutta Italia che, da un anno, non possono frequentare i loro corsi, perdendo irrimediabilmente il valore relazionale insito nel metodo dello studio superiore.
«Prima di arrivare all’occupazione abbiamo chiesto un dialogo con la direzione, ma oltre all’imposizione di sgombero non ci è stato comunicato altro», spiegano gli studenti che, per rispettare le norme di sicurezza, hanno effettuato una campagna di tamponi presso le strutture dell’ex OPG, l’ex ospedale psichiatrico abbandonato, occupato sei anni fa da collettivi studenteschi e, oggi, diventato un centro di servizi a disposizione del territorio. «Crediamo che sia necessario rivendicare i nostri diritti ma dobbiamo farlo in piena sicurezza. Anche per questo chiediamo di essere ascoltati e non arretreremo di un passo. Ci è stato comunicato che nelle prossime ore potremmo essere sgomberati. Ora non possiamo fare altro che aspettare».