04 luglio 2022

La storica Scuola di restauro di Botticino apre a Milano: intervista ad Angelo Crespi

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La storica Scuola di restauro di Botticino avrà la sua nuova sede a Milano già a settembre prossimo, con la firma di Valore Italia: ce ne parla Angelo Crespi

intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino
intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino

La storica Scuola di restauro di Botticino, nata nel 1974, avrà la sua nuova sede a Milano già a settembre prossimo, per l’anno accademico 2022-23, e porta la firma di Valore Italia, il centro internazionale per la formazione e la ricerca sul restauro e la conservazione del patrimonio culturale.

Scuola di restauro di Botticino apre nel capoluogo lombardo in 6.000 metri quadri di aule e laboratori dotati delle tecnologie più avanzate, di cui 1.500 nel contesto di Bovisa e 4.000 nel Distretto dell’innovazione MIND dell’ex area Expo. L’Open Day si svolgerà il prossimo 12 luglio in MIND (info e registrazione qui); mentre le prove di ammissione al corso di Restauro avranno luogo il 14 e 15 luglio in MIND (info e registrazione qui). Per saperne di più abbiamo intervistato Angelo Crespi, direttore scientifico di Valore Italia.

Chi è Angelo Crespi

Angelo Crespi è il direttore scientifico di Valore Italia. Attualmente, inoltre, siede nel consiglio di amministrazione del Piccolo Teatro di Milano, dell’ADI Museo del Design di Milano, e del museo Maga di Gallarate di cui è anche vicepresidente. In precedenza, ha ricoperto il ruolo di Presidente di Palazzo Te a Mantova, di consigliere del ministro della Cultura, di consigliere di amministrazione della Triennale di Milano, di presidente del museo Maga di Gallarate che ha fondato nel 2010. Da sempre si occupa di cultura. Ha scritto numerosi saggi di arte contemporanea e curato centinaia di mostre. Nel 2021 ha pubblicato “Nostalgia della Bellezza” (Giubilei Regnani editore).

Scorcio di MIND, Render sviluppato da FUD _ Ddlab

Partiamo da dove tutto ha avuto inizio, da Botticino. Qual è la sua storia? Come state portando Botticino nel Terzo Millennio?

«La Scuola di Botticino viene fondata nel 1974, nell’omonimo paese in provincia di Brescia, per volontà di Enaip (Ente Nazionale ACLI Istruzione Professionale), con il sostegno di Regione Lombardia e dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, per realizzare corsi di alta formazione, formazione superiore e continua nell’ambito della valorizzazione, conservazione e restauro dei beni culturali. In questi quasi cinquanta anni di attività, la scuola ha aggiornato numerosi professionisti del settore, qualificando migliaia di restauratori e tecnici del restauro, garantendo risultati significativi in termini di livello occupazionale e successo professionale.

Nel 2019, viene costituita Valore Italia-impresa sociale con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo della Scuola di Botticino. Valore Italia è un “Centro di formazione e di ricerca” con sede a Milano, ma a vocazione internazionale, un luogo dinamico e interdisciplinare, innovativo e sperimentale, dove studiare le nuove metodologie da applicare al restauro, la conservazione e la valorizzazione del Patrimonio culturale italiano, e dove al contempo verranno formati i futuri restauratori ed esperti che si dovranno assumere il compito di questa tutela e conservazione

Essendosi modificati i percorsi di formazione del restauratore che oggi è obbligato per essere tale a frequentare un corso di 5 anni a ciclo unico, parificato all’università, abbiamo pensato che Milano fosse la città più giusta per attirare studenti da tutta Italia e dall’estero e così da ottobre i corsi della scuola di Botticino ripartiranno a Milano. Tra l’altro a Milano non esiste una scuola del genere e Valore Italia nel suo complesso, con la Scuola di Botticino, si pone l’obiettivo di diventare un polo di prestigio che si occupa di conservazione e valorizzazione dei beni culturali a 360 gradi, puntando soprattutto sul tema dell’innovazione; ed è per questo che abbiamo scelto come sedi due luoghi emblematici di Milano come MIND (Milano Innovation District) nel quale abbiamo uno spazio di 4.000 metri quadrati, mentre per i nostri laboratori, di oltre 1.500 metri, abbiamo puntato sul cosiddetto Bovisa District dove ha già sede, tra gli altri, il Politecnico».

Vista aerea di MIND, foto scattata da New Fly Zone

Come mai la scelta di Bovisa?

«Bovisa è un quartiere completamente riqualificato grazie al progetto del Politecnico, un distretto ormai celebre per il design e l’architettura, animato da oltre 20 mila studenti provenienti da tutto il mondo. Grazie al supporto di REDO sgr, una società specializzata in housing sociale, abbiamo individuato per la nostra sede un grande spazio che potesse offrire grandi vantaggi agli studenti: per esempio, nell’edificio, edificato sopra gli oltre 1.500 metri quadrati dei laboratori, gli studenti della scuola di restauro di Botticino potranno usufruire di un servizio di campus a prezzi calmierati: di fatto scenderanno dalle abitazioni ai laboratori direttamente con l’ascensore.

Aggiungo che Bovisa è collegata in modo straordinario con il centro di Milano e con Mind che sorge nell’area ex Expo, dove abbiamo l’altra sede di Valore Italia».

Come mai la scelta di MIND?

«Stiamo parlando di un futuro che si avvera. MIND è già oggi il polo dell’innovazione e della ricerca con Human Technopole, a cui si aggiunge Fondazione Triulza, e poi l’acceleratore dell’università di Barkley, l’ospedale Galeazzi, e l’università Statale di Milano che trasferirà entro due anni tutte le facoltà scientifiche, solo per citare i principali operatori coinvolti su una area di oltre 1 milione di metri quadrati (come 120 campi di calcio). MIND però non è solo un progetto architettonico e urbanistico, ma si caratterizza per una vision che accomuna lo sviluppatore australiano Lendlease e tutte le realtà, consolidate o ancora start up, che stanno aprendo i propri centri ricerca partecipando a un ecosistema unico in Italia e in Europa.

In questo contesto, Valore Italia non solo farà formazione, ma anche ricerca e restauro, puntando ovviamente a nuovi settori come il restauro dell’arte contemporanea o del design».

intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino

Mi puoi descrivere le caratteristiche innovative della scuola e delle sue aule?

«Da sempre l’approccio didattico di Botticino è stato incentrato sul “compito reale” che pone al centro dell’apprendimento l’intervento diretto sulle opere. Gli studenti oltre alla preparazione teorica, che ibrida conoscenze scientifiche con quelle umanistiche, sviluppano una preparazione pratica con 4.000 ore di laboratori tecnico-pratici. Con il trasferimento a Milano ci siamo impegnati ad aggiornare e migliorare gli spazi e le tecnologie necessarie per un insegnamento di questo tipo e al passo con i tempi.

Per quanto riguarda l’allestimento delle aule, abbiamo progettato gli interni con un team di super architetti, mentre per le tecnologie necessarie ai laboratori ci siamo avvalsi della società Bresciani, leader assoluto nel mondo per queste tipologie di allestimenti».

Quali sono le implementazioni tecnologiche che da settembre avranno studenti e docenti?

«In MIND, stiamo lavorando a un importante progetto, per ora segreto, legato alla didattica, in collaborazione con “Federated Innovation @MIND” a cui partecipano alcuni dei massimi sviluppatori di nuove tecnologie: realizzeremo alcuni spazi d’aula in cui la domotica e la connettività ultra veloce con il 5G saranno messe al servizio dell’apprendimento e che renderanno possibile un nuovo e inedito mix tra formazione in presenza e a distanza, tra formazione fisica e digitale».

intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino

Con quali corsi aprirete e quale sarà a regime l’offerta didattica?

«In linea con la normativa prevista dai ministeri alla partita, Mic e Miur, proponiamo tre corsi quinquennali al temine dei quali si acquisisce un titolo equipollente alla laurea magistrale in Conservazione Restauro dei Beni Culturali: il primo specifico per restauro di dipinti murali, affreschi e superfici decorate, nonché materiali litoidi (pietre) naturali e artificiali; il secondo per il restauro, conservazione e manutenzione dei dipinti su legno, tela, arredi e strutture lignee, a cui si aggiunge l’interessantissimo ambito del restauro di opere d’arte contemporanee, cioè del polimaterico, plastiche e materie simili; il terzo forma restauratori in grado di intervenire su materiali tessili, arazzi, tessuti e tappeti, a cui si aggiungono cuoio, pelle e materiali etnoantropologici.

In futuro, prevediamo di ampliare la nostra offerta, con master, corsi di specializzazione e seminari legati a questo settore e più in generale all’arte».

In quali ambiti la vostra offerta formativa sarà particolarmente distintiva rispetto alle esigenze del mercato?

«Puntiamo a istituire percorsi di formazione che possano rispondere in modo efficace alle esigenze di un mercato del lavoro e di una professione in constante mutamento e aggiornamento. Pensiamo all’arte moderna e contemporanea in cui, dalle avanguardie in poi, si producono opere d’arte destinate a sparire e si utilizzano materiali spesso facilmente deperibili. L’inesorabile invecchiamento di questo immenso patrimonio testimone di un giovane passato, necessità nuove competenze e abilità. Non solo nuove tecniche o tecnologie, ma anche visioni e prospettive. Pensiamo, per esempio, all’arte digitale e ai problemi che comporta una sua futura prossima conservazione.

Per quanto riguarda il restauro del design abbiamo stretto una partnership con Triennale Milano, una delle più importante istituzioni culturali italiane nel mondo, di cui ospiteremo i laboratori nella nostra nuova sede di MIND. Invece per l’alto artigianato abbiamo sottoscritto un protocollo con la Fondazione Cologni che si occupa dei mestieri d’arte ed è leader in Italia in questo settore.

In generale, vogliamo capire quali possono essere i nuovi sbocchi professionali dei restauratori nel campo del contemporaneo, visto che già i musei o le assicurazioni, chiedono l’intervento di specialisti non solo nella fase di conservazione, ma anche nella fase di installazione dell’opera d’arte, o nella perizia di essa o nella prevenzione dei danni».

intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino

Parliamo di quella che si definisce conservazione programmata…

«Sì, ed è una vera rivoluzione che implica un cambiamento radicale delle politiche culturali in questo ambito. In Italia ci vantiamo di essere bravi nelle situazioni emergenziali, e lo siamo, ma la vera sfida è pensare la conservazione del nostro immenso patrimonio prima che esso si deteriori al punto da necessitare un vero restauro. Oggi la tecnologia ci permette di monitorare gli oggetti e gli edifici, anche rispetto ai cambiamenti climatici, e di programmare interventi leggeri e meno costosi che però consentano di mantenere stabili le condizioni del bene, prima che esso si degradi.

Con Valore Italia ci siamo posti l’obiettivo di contribuire a divulgare questo approccio che possa rendere sostenibile il patrimonio culturale che non solo rappresenta un valore economico, ma è anche un giacimento di senso e di identità per il nostro Paese».

Quanti anni comprendono i corsi di laurea in restauro, qual è il numero chiuso, come si accede? Quando sono previste le selezioni e come candidarsi?

«Il corso a ciclo unico dura cinque anni, per accedervi è prevista una prova d’esame al fine di capire le competenze dei canditati e le loro reali motivazioni. Visto l’approccio pratico, agito direttamente su beni culturali tutelati dalle sovrintendenze, la supervisione del docente sugli interventi degli studenti è indispensabile ed è per questo che la normativa prevede un numero massimo di cinque studenti per docente. Questo garantisce la qualità assoluta della formazione».

Quanto costa il corso di laurea? Mi puoi parlare del prestito d’onore che avete previsto con Intesa San Paolo?

«La retta annuale è di 8.500 euro. Un costo non troppo alto se si considerano le attività laboratoriali e l’eccellenza del contesto formativo, e soprattutto se lo si paragona a quello di altre accademie private che operano nei settori dell’arte, dei design, o della moda, che hanno prezzi doppi, perfino tripli. In ogni caso, per garantire l’accessibilità a tutti gli studenti, anche a quelli di fasce di reddito non alte, abbiamo firmato una convenzione con Intesa Sanpaolo aderendo al programma “per Merito”: un finanziamento che ogni studente residente in Italia può ottenere, senza garanzie, con la sola condizione di essere in regola con il percorso di studi, e che consente di far fronte alle rette di iscrizione, all’acquisto del materiale didattico, alle spese per l’alloggio e a tutto quanto possa essere utile ai fini del percorso accademico. Al termine dei cinque anni e dopo un periodo ponte, estendibile fino a 24 mesi, necessario allo studente per entrare nel mondo del lavoro, comincerà la restituzione del prestito, a tasso agevolato, che potrà essere diluita in 30 anni».

Come si colloca Valore Italia nel panorama dell’alta formazione in restauro in Italia?

«La scuola di restauro di Botticino è una delle istituzioni storiche più significative in Italia in questo settore. È un’eccellenza che copre le esigenze formative di tutto il nord-est del Paese, soprattutto Lombardia e Veneto, e che potrà lavorare in sinergia con un’altra grande istituzione come la scuola di Venaria che copre la regione Piemonte. Il tema è di formare, come abbiamo sempre fatto, restauratori in grado di prendersi la responsabilità dell’immenso patrimonio italiano: una sfida anche per le istituzioni e la politica che deve cambiare approccio nei confronti della cultura e del patrimonio. Restauratori che, tra l’altro, in questi decenni sono stati chiamati anche all’estero a ricoprire importanti cariche o in posti chiave di grandi istituzioni culturali».

Valore Italia è una realtà che dà il suo contributo a mantenere l’italianità dell’alta formazione artistica, rispetto al fenomeno che, invece, si è registrato in questo ambito per le altre accademie d’arte private?

«Sembra un paradosso, visto che ci vantiamo del made in Italy, ma a parte le scuole pubbliche, resta poco in un settore strategico come la formazione nell’ambito dell’arte, del design e della moda, essendo che quasi tutte le accademie private italiane sono state acquisite da grandi gruppi internazionali o da fondi stranieri che hanno investito sulla formazione.

Valore Italia, che si è costituita come un’impresa sociale, può invece vantare di essere italiana al 100%, avendo tra i soci fondazione Enaip, emanazione delle Acli, e il gruppo Umana di Venezia attraverso la sua partecipata Umana forma. Valore Italia si costituisce come impresa sociale grazie alla lungimiranza dei due soci promotori.

Da una parte abbiamo Fondazione ENAIP Lombardia che da settanta anni opera per lo sviluppo professionale e civile delle persone, per il riconoscimento di pari opportunità sul lavoro e nella società, per l’integrazione sociale dei soggetti maggiormente esposti a rischio di marginalità, per la crescita delle economie territoriali e del sistema produttivo, in rapporto con le istituzioni locali, e infine per lo sviluppo del Terzo Settore e delle organizzazioni sociali, sempre avendo tra i propri principi la centralità della persona umana, il suo protagonismo nella comunità, la valorizzazione del lavoro quale strumento di partecipazione alla crescita della società, lo sviluppo dei principi di democrazia, solidarietà e sussidiarietà.

Dall’altra, Umana attraverso Umana Forma opera a supporto delle imprese e delle persone, progettando e realizzando percorsi di crescita professionale e personale con l’obiettivo di garantire l’employability attraverso l’aggiornamento continuo. Dal 2001 risponde alle necessità formative delle aziende, progettando e realizzando percorsi di crescita personale e professionale. Umana Forma crede da sempre nella centralità della persona e propone una formazione vera e progettata su misura, permettendo un miglioramento e un aggiornamento professionale continuo».

intervento di restauro, foto di Scuola di Botticino

Quali progetti di sviluppo avete sul territorio nazionale e su quello internazionale?

«In Italia, grazie a Umana, abbiamo attivato una partnership con la Scuola Grande della Misericordia di Venezia, uno degli edifici simbolo del nostro patrimonio artistico. Pensando anche che Venezia è la città italiana più conosciuta nel mondo per la sua storia, ed è il luogo per eccellenza dell’arte contemporanea a livello internazionale. Ma abbiamo sottoscritto anche una partnership con l’Hangar Bicocca di Milano che è un altro degli altri luoghi straordinari dell’arte contemporanea italiana.

Dato che puntiamo molto sull’internazionalizzazione della scuola, abbiamo presentato il progetto Valore Italia al Sottosegretario con delega della promozione della cultura italiana nel mondo Benedetto Della Vedova. Con questo supporto siamo riusciti ad incontrare organismi multilaterali che si occupano di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale come UNESCO, ICOM e ICOMOS riscontrando interesse e attenzione. Stiamo avviando un progetto di seminari con la Maison d’Italie a Parigi e con l’Istituto italiano di Cultura a Mumbai, e guardando a Lugano in Svizzera per un altro importante progetto».

Quali sono le difficoltà che trova un restauratore per entrare nel mondo del lavoro? Quali sono oggi i principali sbocchi professionali?

«Nonostante la vastità del patrimonio artistico italiano e la sua significanza in chiave identitaria, poiché noi ci sentiamo italiani in quanto eredi di un grande passato, il restauratore ancora oggi non ha trovato una sua centralità nel sistema dei beni culturali. Spesso è un anello debole della catena della valorizzazione, ma è ovvio che aumentando la quantità di tecnologia al servizio del restauro, il restauratore qualificato sta diventando una figura sempre più importante ed essenziale. Ci sono poi ambiti ulteriori che già prevedono la presenza del restauratore, per esempio durante gli allestimenti di opere e mostre d’arte contemporanea, o nelle funzioni tipiche dei musei pubblici e privati, per esempio il registrar, o ancora il perito per i broker assicurativi e le assicurazioni che operano nel mondo dell’arte».

Perché a tuo avviso oggi un giovane diplomato dovrebbe fare il restauratore? A chi lo consiglieresti?

«È una sfida. Anzi, un atto di amore verso il proprio Paese. In un certo senso, quella del restauratore è una vocazione. Ed è anche una professione che permette di lavorare a stretto contatto con la Bellezza e l’arte. E che offre opportunità di impiego internazionali, in prestigiose istituzioni, dato che i nostri restauratori sono riconosciuti come i migliori al mondo.

In un Paese, come il nostro, che è un museo a cielo aperto, la cui vastità e significanza del patrimonio culturale è una risorsa ma da cui si genera anche una responsabilità verso le generazioni future, la professione del restauratore, declinata secondo le specificità che impongono le nuove tecnologie e metodologie, è centrale e offre agli studenti la possibilità di realizzarsi in un contesto di bellezza. Il patrimonio culturale materiale rappresenta la storia e i valori di un popolo, la ricchezza e la diversità delle sue tradizioni; non è solo espressione e memoria del passato, ma ponte e strumento di fondamentale importanza per progettare il futuro e rafforzare il senso di appartenenza a una comunità territoriale. Il patrimonio culturale prima ancora di essere un asset economico è fonte inesauribile di identità e senso, per un Paese come l’Italia e una regione come la Lombardia che ritrovano le proprie radici proprio nel lascito millenario di bellezza e arte, tramandato di generazione in generazione senza soluzione di continuità.

Esso è patrimonio condiviso e comunitario che necessita di essere compreso, coltivato, fruito e, prima di tutto, salvaguardato e conservato: è qui entra in gioco il restauratore».

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