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Alzando il coperchio di una scatola grigia
Fotografia e cinema
Era il 1977 alla libreria Maldoror di Via di Parione a Roma “Francesca veniva a pescare da una scatola di vecchie fotografie. Veniva spesso, ma non l’avevamo notata, con un camicione e i calzettoni al polpaccio, le buste della spesa odoranti di pesce: anguille e aguglie comprate al mercato di Piazza Vittorio – le servivano per le sue fotografie (Fish Calendar)…
Una piccola libreria-museo dal nome magniloquente, composta di un’unica stanza, in Via della Reginella, nel ghetto di Roma, si è rivelata tappa determinante per conoscere un’artista che, a trent’anni dalla morte e con una produzione ridotta perché interrotta dal suicidio, muove gli animi delle nuove generazioni e trasporta persone di ogni età in giro per il mondo. “Il giorno dell’inaugurazione – dichiara Casetti– ho trovato centinaia di ragazze sui vent’anni davanti alla libreria, non si riusciva ad aprire. Non pensavo che dopo tanti anni ci potesse essere questa identificazione.” Tocca le corde femminili delle adolescenti di ogni tempo il suo mettersi a nudo ed insieme essere romantica. Non si tratta di un’affermazione femminista, ma di una curiosità di se stessa in rapporto con il mondo esterno, rapporto in cui il corpo fa da tramite. “Lei viveva molto nelle sue foto, per capire come stava nello spazio” racconta Casetti. La fotografia viene quindi utilizzata per confrontarsi in maniera autentica con gli strati più intimi e veri del proprio io e per sperimentare con sincerità, apertura, e senza difese un rapporto con lo spazio vuoto, che rimanda alla presenza di un altro da sé, spettatore ma anche giudice, alla cui osservazione ci si sottopone. Il rapporto con gli spazi tornerà anche in opere future, dalle architetture studiate o frutto di performance appositamente progettate, ma riesce con meravigliosa naturalezza nelle fotografie realizzate da Enrico Luzzi nello studio di Giuseppe Gallo in via degli Ausoni mentre Francesca Woodman prepara l’ambiente per alcuni scatti fotografici (1977-1978).
Ma cosa spinse l’artista ad avvicinarsi alla Libreria Maldoror? Francesca venne a Roma nel 1977 con un programma europeo della Rhode Island School of Design di Providence, che aveva ed ha tuttora luogo presso Palazzo Cenci. “Incominciò a frequentare Maldoror per il suo amore per il Surrealismo. Amava molto Duchamp e le avanguardie, e in quel periodo la libreria si occupava proprio di avanguardie, era come una wunderkammer… c’era anche una rivista di Scienze degli anni ’30 che proponeva invenzioni impossibili, ad esempio i raggi che fanno sparire, di cui sembra di vedere gli effetti in certe foto di Francesca, dove il corpo diventa una macchia indefinita e mossa come sul punto di smaterializzarsi (Ravenna)”.
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Libreria-galleria il museo del louvre
Via della Reginella 28 – 00186 Roma
Info: tel. +39 0668807725; info@ilmuseodellouvre.com; www.ilmuseodellouvre.com
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