“Se qualcuno mi chiede che fiore è questo io non so rispondere” dichiara Nobuyoshi Araky guardando le sue opere esposte in mostra; una lunga pausa di riflessione poi continua: “l’innamoramento dovrebbe odorare, ci vuole del fiore nella vita”.
Entrando nella prima sala della mostra in atto al museo Pecci, si avverte un avvolgimento nel colore: porpora, rosso, arancio e giallo predominano in continue sfumature di fiori giganteschi. Tre pareti sono tappezzate da 45 stampe in digitale 110 x 160 di Gerbere, Lylium, Tulipani, Anthurium, Rose … Colori sgargianti risaltano la sensualità implicita di quelle forme erotizzanti. Il profumo è esternato dal colore, l’innamoramento dalla sensualità delle forme e la vita dalla presenza, tra tanta vitalità, di fiori appassiti, accartocciati sul punto di morire.
Un cartello all’ingresso avvisa che la mostra si rivolge ad un pubblico essenzialmente adulto. In effetti, dopo l’impatto cromatico-floreale nelle successive 9 sale si dipana il viaggio sentimentale di Araky: tra la 2° e la 6° sala si sviluppa la visione quotidiana della vita giapponese di Tokyo, poi nelle sale successive, con intermezzo video che documenta il modo di operare di Araky nella sala 7, segue il viaggio sentimentale in Italia.
QUOTIDIANEITA’ è la parola chiave, è la visione di oggetti, persone e luoghi quotidiani in interni ed esterni di Tokyo: il gatto di casa che vaga nelle stanze, il piatto con gli avanzi del pranzo, la moglie nella bara, cieli nuvolosi, il banchetto di nozze, persone al bar, uomini in metro addormentati al ritorno dal lavoro e donne per la strada con le borse della spesa. Nell’affastellamento di piccole stampe dove è difficile soffermare lo sguardo, si trasformano in eventi quotidiani anche le forzature erotiche di nudi femminili quasi a sdrammatizzare tabù sessuali. La sessualità, nella sua esasperazione forse un po’ troppo forzosa e spesso priva di sensualità ed eleganza estetica, è evidente nei 100 B/N con interventi pittorici a colori intitolati “Color painted”.
Ancora colore nelle 8448 polaroid della sala “Polamandra” che ospita anche una vasta raccolta di cataloghi del lavoro del fotografo.
Lo sguardo quotidiano percorre la città, Tokyo, con un occhio che trasforma la metropoli in una città di provincia con i suoi stretti vicoli ed angoli di strade. L’obiettivo posto al di qua di un finestrino, di una ringhiera, di un passaggio pedonale o di un palo coglie spazi ed ambienti che si propongono come la moderazione del caos cosmopolita.
Ironico, dissacrante e feticista Araky gioca a ricrearsi un proprio mondo, “Araky’s Paradise”, popolato di animali preistorici di plastica che occupano il prato della sesta sala e sono protagonisti di molte foto. Tre video ripercorrono il lavoro di Araky tra servizi, esposizioni e feste.
Il “Viaggio sentimentale in Italia” si dipana tra sguardi ed espressioni mediterranei, pizze, opere d’arte e musei ed un bidè. L’occhio del giapponese sull’Italia? Certo è che lo sguardo sul Giappone e sull’Italia è sempre uguale, le inquadrature sembrano non studiate, oserei dire banali.
Chiude il percorso espositivo “Viaggio sentimentale. Viaggio d’inverno” racconto personale, intimo e doloroso della storia d’amore fra Araky e la moglie Yoko fino alla morte di lei.
Nasce il 25 maggio 1940 a Tokyo, la città in cui vive e lavora ed a cui dedica la sua opera fotografica.
Nel 1963 completa gli studi in fotografia e cinematografia; nel 1964 vince il premio Taiyo, nel 1965 realizza la sua prima mostra personale.
Nel 1971 sposa Yoko Aoki, insieme pubblicano “Sentimental Journey”, il diario fotografico privato realizzato durante la loro luna di miele.
Negli anni ’80, anni del boom dell’industria del sesso, Araky diventa il protagonista della vita “a luci rosse” di Tokyo. Al contrario del porno la sua opera esplora esteticamente la verità fittizia dei locali notturni, dell’esibizionismo nei sexyclub, della mercificazione del corpo femminile.
Negli anni ’90 Araky porta al culmine la sistematica esposizione fotografica della propria vita privata.
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