Goldbeck nasce nel 1891 o 1892, la data è incerta, a San Antonio (Texas), località ove morì nel 1986 e nella quale diverse delle fotografie in mostra sono state scattate. Sin da giovane ritrae i compagni, e, cosa questa importantissima, a vendere loro le stampe fotografiche che ne ottiene. Tutta la successiva vicenda professionale di Eugene non tradirà mai questo assunto iniziale che ne spiega in parte gli sviluppi.
Già nel 1912 acquista la sua prima fotocamera panoramica, una Cirkut, e si autocostruisce il necessario per fare riprese dall’alto. Queste scelte operative sono dettate dalla necessità di riprendere grandi gruppi di persone su più file in modo tale che ognuna di esse possa riconoscersi nella fotografia per quanto minuscola sia la sua apparizione. Difatti i veri clienti di Goldbeck sono le persone stesse che lui ritrae in gruppo e che, solo riconoscendosi in esso, ne acquisteranno di buon grado una delle copie messe in vendita dal fotografo.
Tuttavia la ripresa panoramica orbicolare, per intenderci quella che al giorno d’oggi si può ottenere da fotocamere come la Horizon, va effettuata con un’esposizione temporizzata e la rotazione dell’obiettivo attorno al suo asse focale, il ché in ripresa richiede un livellamento orizzontale perfetto, per evitare distorsioni inaccettabili. Cosa questa che escluderebbe le riprese con la fotocamera puntata dall’alto verso il basso. Il geniale Goldbeck, riuscì a superare il problema con un congegno di sua invenzione che consentiva perfette riprese orbicolari, motorizzate e decentrate, su rulli appositi di grande formato, da altezze di molte decine di metri.
Goldbeck, del tutto inconsapevolmente e con il tipico pragmatismo statunitense, anticipò molte delle odierne operazioni di Arte concettuale e di Land Art.
Osservati oggi i suoi risultati non cessano di stupire: dalle riprese ordinate di migliaia di militari con tutti i loro mezzi bellici schierati, tanto da sembrare soldatini di piombo disposti sul campo di gioco, come quella dei soldati della divisione Taro Leaf alle Hawaii (1926), con 8500 uomini ricreanti il simbolo divisionale della foglia del Taro o anche “VII brigata cavalleria meccanizzata di Fort Knox, il primo luglio 1938”, immagine nella quale l’effetto prospettico compresso rende l’insieme, visto da lontano, simile allo skyline dei grattacieli nuovayorchesi.
Ma soprattutto nelle riprese di gruppi di civili il suo valore odierno giunge al suo apice. Vedere i singoli volti (osservabili uno ad uno, grazie alle lenti da ingrandimento messe intelligentemente a disposizione del pubblico), il loro abbigliamento, la posa è un vero e proprio viaggio nel tempo. Tutto è così perfettamente leggibile da poter pensare di scomporre una singola fotografia di Goldbeck in centinaia di intensi ritratti individuali. Vi si leggono storie, situazioni, richiami all’umanità descritta anche da scrittori come Steinbeck, al mito della frontiera, al razzismo dei Klan, alla, oggi, ridicola pretesa di bellezza delle prime bagnanti di provincia. Difficile lasciare le sale della mostra senza provare uno straniamento inquietante. Forse di lassù, Eugene sta preparando la fotografia planetaria che certamente il suo spirito senza limiti avrebbe voluto scattare. Per poi venderla ad ognuno di noi, of course.
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anche noio andrem a veder la mostra,grazie alla tua magnifica presentazione.
Per Fulvio Bortolozzo:
Mancano i saluti panoramici alla fine…
Da te non me l'aspettavo…
Complimenti, mi hai fatto venir voglia di andare a vedere, gia' il tuo sunto è piuttosto stimolante.
Ciao