exibstoria – la fotografia III | Fotodinamismo Futurista

di - 7 Dicembre 2000

Parallelamente ai percorsi di chi ricercava una fotografia “pura”, il Novecento ha visto anche la nascita di diversi movimenti artistici di Avanguardia che per la prima volta hanno avuto, in qualche modo, a che fare con la fotografia. La “straight photography”, rispetto al pittoricismo, delineava un’evoluzione verso lo “specifico” fotografico, seguendo tuttavia uno stesso modo di puntare l’obbiettivo sulla realtà, al fine di costruire un’immagine pur sempre simile a un quadro. Ora vedremo chi cercò di ribaltare questa regola.
La prima vera Avanguardia artistica, ovvero il primo movimento culturale che abbia programmato una rivoluzione del modo stesso di intendere l’arte in rapporto alla vita e alla società, nacque in Italia, e fu il Futurismo. Il manifesto dei pittori futuristi, che porta le firme di Boccioni, Balla, Severini, Carrà e Russolo, fu redatto all’inizio del 1910.

In quello stesso anno tre fratelli di Frosinone, ma trasferitisi a Roma, Anton Giulio, Arturo e Carlo Ludovico Bragaglia, iniziarono alcune sperimentazioni fotografiche. Già questo fatto è singolare, perché fecero ciò indipendentemente da altri artisti, perché in Italia, allora, non esisteva altro che la fotografia pittorica più tradizionale, e perché essi, nel 1910, avevano venti, diciotto e sedici anni. Questi esperimenti, la cui tecnica non è mai stata pienamente chiarita, consistevano nel registrare sulla lastra il movimento di un gesto, con una esposizione prolungata per il tempo necessario a compierlo. Le figure ritratte durante l’azione, dunque,risultano “mosse”, ma non solo, perché spesso, lungo la scia che crea il loro movimento, appaiono anche “moltiplicate” in quelle che sembrano “stazioni intermedie” del gesto. Tra le immagini più note, sono quelle di uno schiaffo, di un inchino, di una testa che dondola, di una dattilografa al lavoro. L’ispirazione di questo tipo di ricerche venne certo dai noti studi ottocenteschi di Eadweard Muybridge e Etienne J. Marey. Il primo di questi aveva studiato il movimento dei corpi eseguendo di essi serie di scatti a ripetizione, con macchine fotografiche disposte lungo la traiettoria; il secondo, invece, impressionava una stessa lastra con un elevato numero di brevi scatti, per cercare una resa complessiva del moto nello spazio.
A teorizzare queste ricerche, e per la prima volta, quindi, a giustificare concettualmente un utilizzo sperimentale del mezzo fotografico, fu il fratello maggiore, Anton Giulio. Nel 1911 scrive e pubblica il saggio “Fotodinamismo futurista”, dando così un nome al frutto di quegli esperimenti, e associandoli al movimento di Marinetti. Il saggio inizia con la volontà di «far osservare che io e mio fratello Arturo, non siamo “fotografi”, e ci troviamo ben lontani dalla professione di fotografi»: questo per distinguere i propri intenti da quelli di chi esercitava la fotografia come professione, giacché questo si intendeva allora, inequivocabilmente, per “fotografo”. «Noi vogliamo realizzare una rivoluzione, per un progresso, nella fotografia: e questo per purificarla, nobilitarla ed elevarla veramente ad arte. “Movimento” e “vita” sono le due parole d’ordine; «rendere ciò che superficialmente non si vede», è la sfida alla fotografia tradizionale. La Fotodinamica si distingue così, oltre che da Muybridge e da quanti si sono ispirati a lui («con un atto assolutamente arbitrario e pazzesco, l’istantanea ha arrestato in posizioni assurde il moto»), anche da Marey, perché ha intenti culturali, invece che scientifici, tendendo non all’analisi ma alla sintesi.
Nonostante gli intenti di Anton Giulio, però, il pregiudizio dei pittori futuristi verso la fotografia lasciò i Bragaglia e la Fotodinamica in posizione marginale. Nonostante le conquiste tecniche della fotografia fossero state fondamentali per le forme della pittura futurista, nel 1913 Boccioni, artista tra i più geniali del secolo, condiviso dagli altri firmatari del manifesto del ’10, afferma: «Una benché lontana parentela con la fotografia l’abbiamo sempre respinta con disgusto e con disprezzo perché fuori dall’arte». Dunque, proprio coloro che, unici in campo culturale, esaltavano la civiltà delle macchine, non compresero l’importanza e le capacità espressive innovative della fotografia; e questo fece sì che il Fotodinamismo restasse un’esperienza isolata.

Solo nel 1930 Marinetti e Tato rivalutarono il linguaggio fotografico redigendo un “Manifesto della fotografia futurista”, ma la freschezza visiva e teorica dei Bragaglia non si ripeté più. Del resto, fuori d’Italia, le altre avanguardie artistiche avevano già, allora, utilizzato tantissimo il mezzo fotografico integrandolo in vario modo nella propria poetica; e nel 1929, come abbiamo detto la volta scorsa, si svolse un’esposizione internazionale itinerante che consacrò la fotografia come mezzo artistico nuovo. Nel 1932 Arturo può scrivere che «la Fotodinamica, a distanza di vent’anni, si può intendere e giustificare più agevolmente, se ne poniamo l’esperienza allo stesso livello delle altre manifestazioni artistiche contemporanee»; e per quanto fosse rimasta all’epoca priva di seguito, nessuno può negare oggi che le conclusioni a cui giunse sono state tenute ben presenti da tutti coloro che, nell’arco del secolo, hanno continuato a sperimentare le possibilità del mezzo fotografico.


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Daniele De Luigi


[exibart]

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  • Quanta parte delle evocate possibilitĂ  dei fratelli sono rotolate nelle opere dei futurati
    confratelli che ne refusero l'invito e li bollarono d'abiura solo per poter con piĂą agio scorticare l'oro del loro ingegno (ingenuo, certo) e siglarlo col nome loro dopo steso su una "concezione" o "signora e cagnolino"?
    Vorrei farvi (o vi facessero) leggere il testo completo della lettera di Boccioni brevemente citata nel testo.
    grazie.
    marco salutari
    u204753@comune.torino.it

  • questo non è un commento e meno ancora una pipa. Le possibilitĂ , infondono forza alle idee, anche quando queste compaiono in uno solo dei mondi possibili, per l'appunto.
    Forse è proprio l'aspetto di "essenziale" dell'intento dei fratelli che è stato sottratto e rifratto nelle opere dei loro in verità un poco disonesti contemporanei futuranti, e non solo Marinetti.
    A citazione: vedi documento completo di cui l'articolo riporta un estratto (Boccioni).
    molto onorato, ringrazio per il Vs. testo.

    marco salutari
    u204753@comune.torino.it

  • Noto una velata critica verso Giacomo Balla, quando si dice male del "cagnolino e signora"??

  • Siori e Siorre, abbiamo accheffare con il miglior esempio di neo-futurismo-letterario-all'amatriciana...o sono io che non capisco?

  • At Non Capisco: qual è dunque l’essere, il significare, di una parola che è anche nomastica. Qual è “nome” e come è “parola” fra i suoni? In breve: che significa “salutari”? e il suo suono? …e che significa “capisco”? e come funziona, attraverso quali evolventi ispira (in quanto suono, prima ancora che nel riverbero cerebrale) un “bene”?
    Dottor Capire Bene, non è questo, né un altro, il modo e il punto in cui dove e per come.
    E questo è un fatto; tanto a riferire (tornare a pugnare con fine l’offesa) io non trovo alcuno tra i sensi dello esprimere l’uno e l’altro che mi fingano un senso.
    NĂ© univoco come sogno. Addio
    Marco salutari

  • A Giuseppe Sprovieri, direttore della “galleria permanente futurista” di Roma, nel settembre 1913, così epistolava Boccioni Umberto in merito alla voce “Bragaglia”:
    […immagina dunque se abbiamo bisogno della grafomania di un fotografo positivista del dinamismo sperimentale. Il suo libercolo mi è sembrato semplicemente mostruoso.]
    Con buona pace della “forma unica…” e anche maggior rispetto per Balla. (e grazie a Yuri)
    p.s.: il brano è citato (ad esempio) nella Storia Sociale della Fotografia di Ando Gilardi ch’è sempre bene tener presente.
    Grazie per l’attenzione, marco

  • Da 13 anni lavoro ispirandomi al fotodinamismo futurista con successo all'estero, non capisco la mancanza di interesse per l'argomento in Italia. Strano, una delle piĂą interessanti avanguardie fotografiche, nata proprio quì.
    Rosetta Messori

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