Le foto – 12 grandi panoramiche, 10 piccole video captures e 22 b/n – scorrono le pareti disponendosi su diversi piani visivi: immagini in orizzontale e in verticale riempiono stampe su carta di cotone; la vista è subito impressionata da queste foto, intanto che un piccolo altoparlante blu, stile dada, suona musica cubana; sono le stesse sonorità che grazie a un CD prodotto da Ry Cooder hanno vinto un Grammy-Award nel ’97 e partecipato ad uno storico concerto alla Carnegie Hall di NY. Di fronte e intorno a chi visita ci sono realtà impresse: la gente di Cuba, i paesaggi, l’Avana, i musicisti e i loro strumenti; ciascuna e tutte le cose scrivono attraverso la fotografia. A volte i colori di queste grandi cartoline sfuocano in movimenti appena percettibili; è il caso degli scatti fermati dalla decisione di Wim di usare il digitale contro lo statico, contro la cinepresa, per un’immagine sempre mobile. Altre la nitidezza dei bianchi, dei neri, dei grigi e dei gialli accompagnano la scelta di Donata di usare la Leica per rimanere più vicina al tempo storico cubano; ciò non significa che le sue foto non siano anch’esse sulla soglia di un piccolo moto; l’uso, in certi casi, di inquadrature costruite su primi piani che poi dileguano in altre immagini e in altre ancora – a perdita d’occhio – mostra il contrario. Il movimento sembra dato dalle relazioni immaginifiche che si possono stabilire tra immagini in primo piano e immagini sfondi che continuano all’indefinito. Sono foto, in tutte e due i casi, che restituiscono un senso di equilibrio precario, di realtà sospese, come per sortilegio, tra una pace assoluta e le sensazioni di una guerra appena finita. Wim e Donata muovono i loro sguardi da un tempo che non è quello di Cuba, un tempo che seduce ma che non è il loro tempo. E’ come se, afferma Wim, io e il mio team non fossimo mai stati capaci di guardare tanto a fondo quanto avremmo voluto, come se non avessimo quasi avuto il diritto di vedere tutto cos’ì com’era. Noi, spettatori e spettatrici delle meraviglie create dai Wenders, ci lasciamo avvolgere dalla bellezza delle loro immagini; conquistati, come loro, dal carisma dei musicisti e dai luoghi: musica che contagia, musica malinconica e allegra in egual misura, scatenata e saggia, musica che, come ha affermato Ry Cooder, ha bisogno di spazio per respirare.
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Wim Wenders
Tullio Pacifici
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Molto interessante questo tuo riferimento all'"equilibrio precario" e alle "realtà sospese". Secondo me un momento cruciale, nel cinema di Wenders, riguardo la definizione di uno spazio altro, appunto indefinito, rispetto all'organizzazione spaziale all'interno dell'inquadratura, che può essere considerata una sorta di "primo livello", sono i "luoghi", appena percepibili, che appaiono sui monitor di quei piccoli oggetti simili a videogames - credo che lo stesso Wenders non intenda definirli in modo chiaro - di "Fino alla fine del mondo" - le macchine che fabbricano i sogni: altri modi di rappresentare, generati dal cinema, contenuti in esso e poi espulsi. Ciao!
Si i commenti di costantino di Firenze sono sempre ottimi...CIAO
a Costantino mille grazie per l'attenzione, la simpatia e le stimolanti osservazioni che arricchiscono i lavori delle redazioni...
amicizia....
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
chi? ciao matipazepazemati