Lynn Bianchi al Museo Ken Damy
La mostra inedita per l’Italia della fotografa newyorkese, è composta da 50 immagini divise in tre gruppi tematici:
The Spaghetti Eaters, The Distortions e Caryatids. I tre gruppi sono legati tra loro dalla particolare tecnica ad alti toni utilizzata dall’autrice che giustifica il titolo “Heavy in white”, e cercano di risolvere gli interrogativi sulla bellezza, i suoi diritti e i compromessi che facciamo per ottenerla o ignorarla.
Alcune immagini potrebbero avere un debito inconscio nei confronti di André Kertész e Frantisek Drtikol.
Le fotografie di Lynn Bianchi riflettono l’idea classica del nudo femminile, ma con un tocco particolare. L’autrice cerca di contrapporre la mitologia con le più ordinarie attività quotidiane. Si diletta nel creare il suo proprio teatro.
Il suo interesse si rivolge all’immagine del corpo e su come lei stessa e tutte le donne si sentono nei propri confronti. Ciò che cerca è il tocco di houmor combinato con la bellezza ideale che ognuna di queste donne incarna. Le sue immagini ci ricordano che il nudo incarna non solo la gamma della bellezza umana, ma fanno in modo che ci si interroghi anche su cosa costituisce la perfezione. Queste fotografie offrono a tutti noi la conferma della nostra abilità di trionfare sull’inevitabilità della natura.
Robert Bianchi al Museo Ken Damy
La mostra, inedita per l’Italia è composta da 50 immagini in B/N. Robert Bianchi ama il buio, come lui stesso dice, nel buio può vedere e sentire cose e sensazioni. Nell’oscurità cerca qualcosa, una luce che lo leghi alla
natura. Oltre che fotografo, è un voyeur, un esploratore che spera di scoprire ulteriormente se stesso nei visi e
nelle forme che fotografa. Partecipa alla loro bellezza e al loro mistero di esistere, augurandosi segretamente di
lasciare tracce di sè e di far parte di qualcosa di più grande di se stesso. Lavorando con l’intuito, quasi senza un proposito, Robert Bianchi sente un’elettricità sia del pensiero che dell’emozione mentre fotografa. Interrogandosi
sullo spazio che lo circonda compie le scelte necessarie per comprendere la sua visione sostenendo che per capire la luce bisogna conoscere l’oscurità .
Roland Castro al Ken Damy Fine Art
Le opere inedite di Roland Castro, presentate per la prima volta in Italia, sono il frutto di una ricerca sulla materia che l’autore, docente all’accademia superiore di belle arti di Liegi, porta avanti da molti anni.
A differenza di molti autori contemporanei che utilizzano i materiali sensibili, Roland Castro, come un alchimista del secolo scorso, preferisce fabbricare da sé i supporti cartacei, utilizzando una carta di riso giapponese, sovrapponendola, incollandola, doppiandola.
Le immagini scelte per questa mostra sono didascaliche, semplici ombre di grande contrasto.
Il senso dell’opera sta appunto nell’esasperazione della materia, quasi una calligrafia di tipo giapponese, dove la materia stessa del supporto è immagine e non tanto l’oggetto ombra fotografato. Vengono presentate grandi carte che lasciano trasparire nelle zone chiare il muro su cui vengono esposte. Le tracce di un pensiero: un rayogramma, una sindone per intenderci, e non una ricerca fotografica in termini estetici come siamo abituati a vedere. Il tutto, ovviamente, richiede una particolare concentrazione da parte del fruitore. Questa mostra ben si inserisce nel programma di “contaminazione” portato avanti dal Ken Damy Fine Art, che si discosta dalla programmazione ufficiale del Museo Ken Damy.
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