Ci può spiegare il titolo della mostra?
Percorsi alternativi me lo ha suggerito mia moglie, io avevo pensato a caleidoscopio. In ogni caso vuole essere un omaggio a tutti i temi affrontati in quarant’anni di lavori, inoltre alcune delle foto non sono mai state esposte. Ho girato molti luoghi del mondo,
Nella prefazione a Skyline lei scrive che con la fotografia cerca la dimensione dello spazio, a suo parere alla base di tutto l’equilibrio della vita, quindi di ogni forma artistica. Questa visione metafisica raggiunge la vetta con le foto di Los Angeles New Dowtown, meta reale della Mother Road, la Route 66?
Sì, queste ultime immagini sono quelle decisive di una serie di visioni oniriche per piani contrapposti, regolari, in cui cancello per eleggere, in cui i tagli servono per mettere, un po’ il contrario di chi dipinge. E la route 66, la madre di tutte le strade come la chiamano loro, è un po’ il clou. Ho percorso le sue 2.248 miglia fotografando gli USA geografici che congiungono Chicago a Los Angeles; luoghi immensi ed eterogenei, probabilmente gli ambienti più adatti perché si sviluppasse un modo di guardare e un’arte pop. Bisogna vedere, girare l’America per rendersi conto che certe megacity sono culturalmente strepitose ma anche alienanti.
Le persone fermate al passeggio tra i grattacieli mi sembra esprimano visioni alternative del mondo a seconda di come le loro ombre e i loro corpi si stagliano in rapporto con le architetture. E’ d’accordo?
No, la gente non sta in questo tipo di relazione; lì certi spazi urbani sono come deserti, staccati da una considerazione che varrebbe tra i paesaggi europei come i nostri, più a misura. Sono perciò uomini isolati; se penso ai loro dopo party, quando si incontrano senza riconoscersi, la chiamerei solitudine di gruppo. Come fotografo chiedo loro di passare in quel momento, durante lo scatto, nient’altro che questo per me.
E’ plausibile immaginare l’acqua come un collante che trascina gli intenti poetici di presenzassenza ad incontrare quelli di piscine?
Si, sono d’accordo con questa ipotesi. Le serie possono essere guardate in contrapposizione, ombre contro materie, ma anche in una certa continuità. L’acqua può essere uno specchio liquido immobile che ridà un’immagine quasi intatta del corpo che sta fuori di essa, lo restituisce alla sua presenza materiale, oppure un elemento deformante che produce trasparenze, assenza, ombre, come gli effetti dei corpi immersi alla luce dei palazzi.
In un confronto tra tecniche, i lavori con la polaroid e quelli con l’ausilio del pc, come varia il prodotto del suo immaginario?
Le tecniche al pc rendono possibile l’impossibile in quel momento. Questa tazzina decorata, per esempio, ha una fascia di colori che ho realizzato per una combinazione che mi serviva, senza dover aspettare. Certamente potevo trovarli in natura, ma quando? Di fronte al vuoto, quando non c’è significato, le tecnologie ci danno quello che vogliamo, libertà sul tempo. Il computer fornisce licenza pittorica, mette dove non c’è, come dicevo prima. In ogni caso resto dell’idea che l’oggetto immaginato è artisticamente valido quando esprime potenze, originalità creative e qualità di chi lo inventa.
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