Ci sono volte, lo devo confessare, che non è facile scrivere qualcosa; vuoi per la difficoltà nel “tradurre” le immagini o per scarsa affinità con l’autore, ma in questo caso la difficoltà so che sarà un’altra.
Non è una mostra come le altre, non tanto per l’autore (che è stato un grande della moda e della pubblicità , suo uno degli ultimi, famosi, calendari Pirelli) ma per il soggetto. Ed è qui la difficoltà : scrivere qualcosa su di un mito senza cadere nel banale, usare frasi fatte, dire cose già dette.
Sarò sincero, credo d’essere stato uno dei pochi adolescenti a non aver mai avuto un poster od una foto di Marilyn in camera, non per indifferenza alla sua bellezza ma perché trovavo inutile e frustrante guardare qualcosa che non avrei mai potuto avere, ma sincerità per sincerità , non fosse per il costo (che in assoluto non è nemmeno elevato, dai 5 ai 7,7 milioni ), oggi avrei comprato una di quelle immagini.
Di Lei è stato detto tanto, ma forse la cosa più vera che resta sono proprio queste foto (scatti eseguiti alcuni giorni prima della sua morte), ritratti che danno esattamente l’idea del mito: sensualità e spontaneità , mai l’impressione di una diva ma solo di una persona la cui bellezza va aldilà dell’aspetto.
“Ma cosa voleva Bert Stern in realtà ? Il più grande desiderio del fotografo, ad essere onesti, era di trovarsi nella stessa camera con Marilyn Monroe, con nessuno intorno, e toglierle i vestiti. Si procurò dei foulard trasparenti, delle sete con disegni geometrici e dei gioielli: Marilyn non doveva indossare nient’altro. Viene scelto come studio la camera di un famoso albergo di Bel Air. Qualsiasi posto poteva essere trasformato in uno studio. Tutto quello di cui si aveva bisogno erano le luci, uno spazio adeguato per sistemarle e uno sfondo, in questo caso il più semplice possibile perché Stern non voleva distrarre gli occhi di Marilyn e completamente bianco, per creare attorno a lei un luminosissimo campo di luce.”
Le foto, commissionate da Vogue nel 1962, furono scattate in due riprese, una prima serie (quasi un appuntamento intimo fra i due) nell’arco di un giorno, fino all’alba, la seconda serie (tre giorni di riprese) con assistenti, costumisti e truccatori.
“Vennero scattate moltissime foto ma non erano le foto vere. Erano le foto prima della foto, le foto che preparavano la foto. Dopo ore e ore di scatti e di pose costruite Stern fa uscire tutti dalla camera.
Si avvicina al letto dove era sdraiata Marilyn e cerca di baciarla, ma lei si ritrae. Stende la mano sotto le lenzuola e lei si avvicina. Scatta la sua ultima foto in bianco e nero. Marilyn è nuda, tra le lenzuola. Poi esce e la lascia dormire. ”
Ed è proprio l’ultima foto quella a cui Stern tiene particolarmente e spingerà Vogue affinché la pubblichi insieme alle altre.
In seguito alcuni dei negativi vennero deliberatamente graffiati da Marilyn, perché non la soddisfacevano ed alcune foto, segnate con un grosso pennarello rosso. Parte di questa storia è in mostra con le 23 immagini della collezione di Davide Manfredi e buona parte degli scatti (provini compresi) sono nel catalogo.
Consiglio vivamente, a chi avrà la fortuna di visitare la mostra, di sfogliare il catalogo (è enorme, ma dal prezzo non “popolare”) che riporta, oltre alle foto selezionate, anche i provini con i “segni” dell’autore e della stessa Monroe.
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Bert Stern
Marilyn Monroe
Maurizio Chelucci
mostra vista il 18 aprile ’01
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Una mostra che non perderò occasione di vedere in compagnia di un'amica fotografa.
E' una lirica di Pasolini, razza di analfabeta....
oddioddioddio!
che bellezza, che sottile lirismo...
c'est la pleine décadence: amore, bellezza e morte...
"Ora i fratelli maggiori, finalmente, si voltano; smettono per un momento i loro maledetti giochi; escono dalla loro inesorabile distrazione e si chiedono: è possibile che Marilyn, la piccola Marilyn, ci abbia indicato la strada?
Ora sei tu, quella che non conta nulla, poverina, sei tu, col tuo sorriso, oltre le porte del mondo, abbandonato al suo destino di morte."