Fotografia “pre raffaellita”

di - 18 Marzo 2003

Abbiamo visto nel precedente approfondimento come la pratica fotografica fosse considerata squalificante in ambito artistico. Discriminata per il suo automatismo meccanico in un periodo in cui l’artigianalità svolgeva ancora un ruolo determinante nelle Belle Arti. A peggiorare la situazione c’era poi la condizione di neo media che riguardava la fotografia; condizione che, per quel processo che McLuhan definisce “Narciso-narcosi”, tendeva a squalificare la pratica fotografica, poiché per McLuhan la massa: diffida dei nuovi media materiali appena introdotti, li avverte come un insidia proveniente dall’esterno; oppure li accetta, ma per i benefici contingenti riportabili in sede pratica, senza peraltro sentirsi obbligata a rivedere l’intero assetto della propria superficie mediale, delle proprie facoltà estetico intellettive. Di qui il prodursi di una frattura tra mezzi strutturali [tecnologici] e mezzi sovrastrutturali [culturali]: i primi accettati a livello pratico, di lavoro quotidiano, ma inseriti in un sistema di concezioni sovrastrutturali ereditate da altri cicli tecnologici, e non più rispondenti alle condizioni rese possibili dai mutamenti intervenuti: una situazione di radicale falsa coscienza. A questo punto alcuni fotografi, condizionati probabilmente anche dal nascente clima contemporaneo (principiato da artisti come William Blake e Heinrich Füssli), cercarono di ovviare all’handicap dell’hardware rinascimentale (la camera obscura ora automatica) e non avendo ancora maturato una propria consapevolezza estetica né potendo vantare una tradizione fotografica cui rapportarsi, volsero lo sguardo (il software) verso la pratica artistica riconosciuta più simile alla fotografia. Ovviamente dato il grado di parentela, nonché per l’evidente rassomiglianza (superficie piana, tipo di fruizione, delimitazione di uno spazio visivo, soggetti trattati, ecc.) “l’invenzione meravigliosa” volse lo sguardo alla pittura in una sorta di “involuzione” che attestasse un intervento manuale. Ma rifarsi ad un tipo di pittura naturalista non avrebbe comportato nessun tipo di intervento da parte dell’operatore, vista l’automaticità riproduttiva del mezzo in questo senso; così la fotografia che ambiva ad un riconoscimento artistico, prese le mosse in Inghilterra da un movimento pittorico antimoderno provvidenzialmente nato in quei tempi: il movimento preraffaellita. Formatasi a Londra nel 1848 dalle personalità di Hunt, Millais e Dante Gabriel Rossetti (amico di L. Carrol e M. Cameron), la confraternita preraffaellita si prodigava per un’arte libera, non condizionata dall’accademismo meccanico. Un’arte esplicabile attraverso la ripresa di temi, soggetti e trattamenti “primitivi”, congeniali a proporre una bellezza ideale, un ritorno all’innocenza dei tempi antichi in cui l’umanità e la natura non erano ancora corrotti dalla prepotenza moderna. Si vide in Raffaello il confine tra il pre-naturalismo ed il naturalismo e nella scelta del “prima di Raffaello” si anticipò in qualche modo la contemporaneità vera e propria che di lì a poco sarà varata da Cézanne proprio in opposizione al naturalismo di rinascimentale discendenza. Il Raffaello cui si riferiscono i preraffaelliti è ovviamente quello influenzato dal Perugino e non quello naturalista (moderno) del periodo romano. Ritornano allora caratteristiche antinaturaliste come la posa melodrammatica, il chiarore metafisico che si impone sull’oscurità terrena, il tratto lineare su quello sfumato, l’a-plat sulla profondità prospettica, la molteplicità del dettaglio sull’unità visiva e così via. La fotografia si impegna dunque su un fronte antitetico alle sue intrinseche, specifiche si dirà di lì a poco, possibilità riproduttive ed è proprio nello sforzo dell’operatore, atto a piegare il mezzo verso traguardi non congeniali che si vide un recupero di manualità e quindi d’artisticità. Su queste premesse, sempre a Londra, si fonda nel 1892 il circolo fotografico Linked Ring Brotherhood, ad opera di Alfred Maskell ed Henry Peach Robinson. Al motto di: “liberty loyalty”, il gruppo si fece promotore di importanti avvenimenti come il Photographic Salon internazionale del 1893, al quale partecipò l’elite pittorialista del tempo (Robert Demachy, Alvin Langdon Coburn, Guido Rey, Alfred Stieglitz) che trovò qui un luogo privilegiato d’incontro. Ma lo spazio è tiranno; analizzeremo l’opera di questi pionieri la prossima settimana.

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roberto maggiori

[exibart]

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