I profili culturali sono ben delineati e di altissimo livello, le esposizioni hanno alle spalle anni di organizzazione e collaborazioni capillari. Proprio questa è la sfida o, se vogliamo, il “passaggio obbligato” del buon progetto. Almeno quello di cinque grandi istituzioni impegnate nella sperimentazione del linguaggio fotografico e nella sua promozione culturale e scientifica. Sia a livello pubblico che privato.
Parliamo di realtà concretamente attive nelle diverse maglie della ricerca, quali le fondazioni dell’area di Milano e Padova, e di altre impegnate nella diffusione di un cospicuo patrimonio storico, sempre attente a proporre contenuti trasversali, nuovi e possibili ponti da percorrere. Ognuna ha un proprio specifico, ma comune è il valore attribuito alla creazione di un network. Una rete di sinergie che mira a coinvolgere altri enti pubblici locali o internazionali, fondazioni private, singole aziende, secondo diversi livelli. Dalla sponsorizzazione alla coproduzione, fino all’istituzione di premi e manifestazioni.
A fare di questa scelta una bandiera è il
Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, che vola davvero alto. È il suo direttore scientifico, Roberta Valtorta, a raccontarci le potenzialità del network: “
La collaborazione tra istituzioni, sia italiane che straniere, è fondamentale per imparare, crescere, confrontare scelte e condividere progetti, sia in senso culturale che economico. Il nostro nuovo museo ha scelto questa strada fin dalle prime battute”. La Fondazione, costituita dalla Provincia di Milano e dal Comune di Cinisello Balsamo, è nata nel 2005 da un progetto attivato nel 1996. Oltre alle tradizionali funzioni, legate alla conservazione e alla divulgazione, il MFC commissiona ambiziosi lavori a fotografi contemporanei. Basta pensare al progetto
Salviamo la Luna affidato a uno degli autori più importanti d’Europa nell’ambito dell’arte pubblica:
“
L’incarico dato all’artista tedesco Jochen Gerz è nato dall’esigenza di mettere il museo in relazione con il territorio nel quale si trova, e dunque con i cittadini di Cinisello Balsamo e della fascia nord dell’hinterland milanese. La scelta di impegnare il museo e la città in un’opera di arte pubblica vuole però anche mettere l’accento su un’idea nuova e dinamica di fotografia, intesa non come opera da contemplare nel luogo classico della mostra, ma come immagine che crea relazioni e situazioni di scambio culturale e di partecipazione”. Qui il linguaggio fotografico è diventato strumento sociale, una traccia al centro di un più ampio processo che ha contato addirittura 2734 partecipanti. È un punto focale quello del coinvolgimento pubblico, come ha ripetuto più volte anche il curatore della Biennale di Venezia 2007 Robert Storr, il quale invitava a “
offrire al pubblico comune l’accesso a cose che altrimenti sarebbero riservate a pochi eletti”.
Altra sfida ambiziosa del Museo è la partecipazione a
Changing faces/Work, un progetto europeo di scambio di committenze tra istituzioni dedicate alla fotografia e appartenenti al network IPRN (International Photography Research Network), di cui il MFC è entrato a fare parte nel 2006. Prosegue Roberta Valtorta: “
Il progetto IPRN è mirato all’approfondimento dell’idea di committenza oggi, come ambito che consente agli artisti di sviluppare le loro ricerche e come momento di approfondimento di temi scelti”. Qui l’analisi riguarda il mondo del lavoro, visto come possibile chiave di lettura delle mutazioni culturali in atto. Storie di un’umanità in cammino, storie di persone, di un intero sistema in trasformazione. Attivata nel 2004 dall’Università di Sunderland in Gran Bretagna, la rete vede partecipare istituzioni tedesche, olandesi, inglesi, slovacche e finlandesi. Le attività del Museo comprendono inoltre una serie di riconoscimenti per la promozione dei linguaggi e dello studio della fotografia, quali il Premio Pezza e il Premio Costantini.
Anche le collezioni sono volte al contemporaneo e vantano più di un milione di foto e trecento autori dal secondo dopoguerra a oggi, soprattutto per un interessante spaccato sulla trasformazione del concetto di paesaggio. Come ci spiega il direttore, “
si fa sempre più complessa, cambia, l’idea di paesaggio. Che non è più solo geografico, urbanistico, sociale, ma anche psicologico, immaginario, virtuale. Muta l’idea di fotografia, che non è più vissuta come lettura dei luoghi, ma come esperienza multiforme, progettuale, molto libera”. Ed estroverso è anche il futuro del centro lombardo: “
Nel 2008”, anticipa Valtorta, “
ospiteremo la mostra Robert Frank, ‘Paris’, condivisa con il Museum Folkwang di Essen, il Nederlands Fotomuseum di Rotterdam, il Jeu de Paume di Parigi, dunque anche un’istituzione francese”.
Sempre attivo sul territorio milanese è il Centro Internazionale di Fotografia di Milano (
Forma), nato però da un’iniziativa privata. Promotore è Fotospazio, una società costituita da Fondazione Corriere della Sera e dall’agenzia Contrasto in collaborazione con ATM, l’Azienda Trasporti Milanesi. Che, tra l’altro, ospita il museo in uno storico e affascinante deposito di tram.
Se l’approccio curatoriale di Cinisello Balsamo è più improntato a fissare le trasformazioni sociali in atto, Forma si focalizza su tre direttrici di fondo: la storia della fotografia, i grandi autori e i maestri della moda e del ritratto. Il focus è oggi rivolto a quest’ultimo filone, sentito come uno dei settori maggiormente interessanti della fotografia contemporanea.
Ed emblematica è una delle ultime fatiche del museo, la bellissima mostra
Faccia a Faccia, che ne ha indagato i nuovi orientamenti. Abbiamo chiesto al direttore artistico Alessandra Mauro in che modo è cambiato il ritratto nel panorama della fotografia odierna: “
Per citare Barbara Kruger, il ritratto è veramente il campo di battaglia su cui si affrontano e si scontrano una serie di possibili scuole, tendenze e soprattutto possibilità espressive. ‘Faccia a Faccia’, la mostra che abbiamo presentato con il Musée de l’Elysée di Losanna, intendeva proprio raccogliere una serie di esperienze in questo senso. Il territorio è noto ma mantiene aspetti inesplorati. Questo è il volto visto da molti artisti contemporanei, che tramite la fotografia s’interrogano sulle possibilità di interpretazione della realtà di oggi. Il viso si deforma, con la chirurgia plastica o con Photoshop, si trasforma nel tempo, si annulla e si assomma. Come le identità di chi vede e di chi è visto. E tutto questo è pensato e raccontato, con trasposizione artistica, dai nuovi autori contemporanei”.
Anche Forma ha aperto i propri orizzonti di ricerca attraverso la creazione del Premio F, dedicato alla fotografia di documentazione sociale e istituito nel 2006 insieme a Fabrica, il Centro di ricerca sulla comunicazione del Gruppo Benetton. Recente la mostra della vincitrice
Jessica Dimmok che, nel lavoro intitolato
Il nono piano, ha fotografato il dramma della droga. Non mancano le collaborazioni con istituzioni francesi, come afferma Alessandra Mauro: “
La prima mostra di Forma, dedicata a Gianni Berengo Gardin era nata proprio insieme alla Maison Européenne de la Photographie”, poi è stata la volta di
Henri Cartier-Bresson, organizzata insieme alla Fondation Cartier-Bresson Paris. E in futuro? “
A febbraio ospiteremo la grande personale dedicata ad Avedon e frutto della collaborazione internazionale di varie istituzioni tra cui il danese Louisiana Museum, la Fondazione Avedon e il Jeu de Paume di Parigi”.Tornando in Italia, a Firenze, un’altra realtà rilevante è il
Museo Nazionale Alinari della Fotografia (MNAF), inaugurato nel 2006 e nato come emanazione dello storico Atelier dei Fratelli Alinari, la più antica azienda al mondo operante nel campo della fotografia, dell’immagine e della comunicazione.
Il Museo, attraverso un intrigante allestimento progettato dal grande regista premio Oscar
Giuseppe Tornatore, mette in mostra la grande avventura della fotografia, dai primi dagherrotipi fino alla stampa plotter. Un percorso per immagini che conta anche su un’ampia esposizione di strumentazioni storiche, dagli apparecchi del fatidico anno 1839 ai cellulari di ultima generazione, e vanta una biblioteca specializzata con i primi resoconti sull’invenzione di
Daguerre.
Fiore all’occhiello dell’istituzione, diretta da Monica Maffioli, è il Museo Tattile, un’area espositiva sperimentale per non vedenti, realizzata in collaborazione con la stamperia Braille. Il percorso, nato da un’idea di Claudio de Polo, presidente della Fondazione, raccoglie una selezione delle immagini più significative del Museo, trasposte in rilievo. La stamperia ha infatti portato da due a tre dimensioni svariate immagini dell’archivio, le più adatte a spiegare il percorso storico della fotografia. Il risultato sono venti insoliti collage di diverse misure, realizzati secondo le esigenze della foto da riprodurre, della lettura tattile o del fotografo.
Anche le realtà venete, pur essendo ancora contenute, mandano segnali promettenti. Come la manifestazione
Aprile Padova Fotografia, organizzata dal
Centro Nazionale Fotografia (CNF) del comune veneto. L’istituzione conta su molteplici spazi espositivi dislocati sul territorio cittadino e, oltre al programma dedicato a maestri internazionali, è impegnata nella promozione dei giovani artisti dell’area locale e dei grandi talenti italiani, come
Giovanni Umicini, in mostra al Museo Civico fino all’inizio di febbraio.
Frequenti, inoltre, le collaborazioni del CNF con un’altra fondazione specializzata, il
Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona. Un’interessante e senz’altro stravagante sperimentazione, in cui un sito archeologico con reperti romani e medievali diventa sfondo di un percorso espositivo volto alla contemporaneità, nel quale sono ospitate mostre dedicate a celebri autori italiani e internazionali. Basta pensare che per le solenni antichità sono passate personalità quali
Elliott Erwitt,
Douglas Kirkland,
Frans Lanting e
Tazio Secchiaroli.
Valorizzazione del background culturale, ricerca e libera sperimentazione. Questo lo scenario complesso e affascinante della fotografia odierna, visto attraverso l’impegno delle maggiori istituzioni italiane. Il loro sguardo punta lontano e si volge verso territori inesplorati, al confronto con le potenzialità della fotografia. Che, secondo quanto insegnava il grande semiologo Roland Barthes, “
è una terra di mezzo, senza confini”.