Il suo sguardo ha raccontato il XX secolo, con tutte le contraddizioni di un secolo breve ma non troppo, ricchissimo di avvenimenti, di personaggi diventati icone grazie anche alla fotografia, di cui Elliott Erwitt è stato un maestro, nel senso più profondo della parola. Nato a Parigi, il 26 luglio 1928, Erwitt è morto il 30 novembre 2023, nella sua casa di Manhattan. A diffondere la notizia è stato il New York Times. Membro della prestigiosa agenzia Magnum Photos dal 1953, il suo obiettivo ha immortalato, sempre in maniera pacata, senza eccessi, l’assurdo del quotidiano che, sulla superficie in bianco e nero delle immagini, appariva in tutta la sua nascosta preziosità. Allo stesso modo, Erwitt ritraeva politici, star del cinema, rivoluzionari, da una rilassata Marylin Monroe in accappatoio, a Richard Nixon che punta il dito sul petto di Nikita Krusciov, passando per Che Guevara sorridente, con l’immancabile sigaro. Ma un posto d’onore nei suoi album fotografici meritano i cani, protagonisti di quattro dei suoi libri: Son of Bitch (1974), Dog Dogs (1998), Woof (2005) e Elliott Erwitt’s Dogs (2008).
Nato Elio Romano Erwitz da genitori ebrei di origine russa, visse in Italia fino al 1938. A causa della promulgazione delle leggi razziali fasciste, la famiglia fu costretta a emigrare negli Stati Uniti, nel 1939. Qui Erwitt studiò fotografia al Los Angeles City College dal 1942 al 1944, quindi cinema alla New School for Social Research, dal 1948 al 1950.
La carriera di Elliott Erwitt iniziò negli anni ’50, come assistente fotografo al seguito dell’esercito americano di stanza in Francia e in Germania. A influenzare il suo stile, autori come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker. Erwitt fu assunto proprio da Stryker, allora direttore del dipartimento di fotografia della Farm Security Administration: l’agenzia istituita per far conoscere agli americani le condizioni di povertà in cui versava buona parte del Paese, commissionò a Erwitt un progetto fotografico per la Standard Oil. Dopo questo periodo iniziò la carriera di fotografo freelance, lavorando per riviste quali Collier’s, Look, Life e Holiday o aziende come Air France e KLM. Nel 1953 entrò a far parte dell’agenzia Magnum Photos, la mitica associazione fondata nel 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger, William Vandivert.
Dagli anni ’70 decise di dedicarsi al cinema, realizzando lungometraggi, spot televisivi, documentari e film. Nel 1977 vinse il premio Glassmakers di Herat. Fu inoltre accreditato come operatore addetto alla camera per Gimme Shelter (1970), fotografo di scena per Bob Dylan: No Direction Home (2005) e fotografo aggiunto per Get Out Yer Ya Ya (2009).
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