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Anaïs Tondeur, un’energia che cerca la luce: la mostra alla Spot Home Gallery di Napoli
Fotografia
di Chiara Reale
Buone notizie dal mondo dell’arte: ci sono ancora artisti che si dedicano ai fiori. C’è poi modo e modo di farlo: le opere di Anaïs Tondeur coniugano il puro godimento derivante dalle combinazioni cromatiche e dalla delicatezza di foglie e corolle all’indagine sociale, filosofica e, ancora, all’impegno ambientalista.
Cristina Ferraiuolo ospita nella sua Spot Home Gallery, a Napoli, Fiori di fuoco. Testimoni delle ceneri, mostra personale dell’artista francese, in esposizione fino al 12 aprile 2025. Parlare di una mostra – con tutto il rispetto che questo termine comporta – è però in questo caso riduttivo: Fiori di Fuoco è il naturale proseguimento di un progetto complesso nato da una serie presentata nella stessa galleria nel 2022 chiamata Chernobyl Herbarium, in cui Tondeur volge lo sguardo alle piante ruderali che crescono in altri terreni estremi dell’Antropocene, quelli della zona di esclusione di Chernobyl.

«È stata questa l’occasione in cui abbiamo percepito tutte le potenzialità del progetto – spiega Ferraiulo – L’idea era quella di porre l’attenzione sui territori martoriati della terra dei fuochi mettendone in luce un duplice aspetto: la spietatezza umana che ha avvelenato questi territori e la struggente poesia che proprio da questi territori può derivare. In questo è stata fondamentale la collaborazione con il filosofo Michael Marder».
«Ed è così che inizia la mia residenza artistica a Napoli, proprio fra le pareti di questa Galleria – racconta Tondeur – Ho scoperto che alcune specie di piante ruderali, utilizzate dall’uomo al tempo dei Romani per scopi curativi, prima dell’eruzione del Vesuvio, oggi contribuiscono alla guarigione dei suoli, contaminati dall’incenerimento e dalla sepoltura dei rifiuti tossici. Dal metabolismo di queste sostanze ne deriva una molecola, innocua in natura, chiamata fenolo, caratterizzata dalla fotosensibilità».

Anaïs Tondeur sfrutta tale caratteristica per creare una serie di fitografie: fotografie ottenute grazie alla reazione fra luce, fenolo contenuto nelle piante e un supporto di carta o tessuto. Il risultato è sbalorditivo: forme floreali che richiamano gli affreschi che si possono ammirare proprio nelle ville dei parchi archeologici dell’area vesuviana e colori che virano dall’indaco al violetto, attraverso tutte le declinazioni cromatiche del rosa e del malva.
«Considero questo progetto un progetto corale – prosegue l’artista – il nostro girovagare attraverso i territori devastati, fra Acerra e le pendici del Vesuvio, è stato guidato da un team di scienziati che hanno compreso tutta la forza del messaggio sotteso. E poi ci sono stati i cittadini, le associazioni e i loro portavoce, gente che lotta da anni e la cui voce è stata a lungo ignorata».

Riprendendo il rituale della poetessa e botanica Emily Dickinson – che amava arricchire la sua corrispondenza con piccole piante o fiori essiccati – Anaïs Tondeur ha inviato le sue fitografie al filosofo Michael Marder, il quale ha risposto con una serie di lettere indirizzate a ciascuna pianta.

«Accompagnare Anaïs nelle diverse fasi realizzative del lavoro è stata un’esperienza al tempo stesso emozionante e fisicamente dura – conclude Ferraiuolo – Si lavorava direttamente sul posto, con camere oscure improvvisate, utilizzando spesso i materiali che trovavamo sul luogo. Dopo aver ricevuto le lettere, tornavamo dalla pianta per leggerle le parole del filosofo, raccogliendo al contempo una nuova fitografia della pianta. Era questo un modo per restituire qualcosa. Dire grazie o chiedere scusa. Ricordare, ad ogni modo, che non tutto è perduto».