Un barattolo contenente della terra, sigillato in un sacchetto trasparente, un armadio di legno chiaro senza ante, con la cassettiera divelta. Potrebbero sembrare oggetti senza alcun particolare valore e invece, anche solo attraverso un piccolo particolare, rivelano la loro preziosa testimonianza. La terra è quella di Castel Volturno, prelevata, analizzata e schedata come contaminata. Il mobile, invece, apparteneva alla casa di Antonio Schiavone, fratello di Francesco, detto Sandokan. Bisogna aguzzare la vista e i sensi, insomma, per seguire i tanti fili intessuti dalle immagini di “Corpi di Reato”, lavoro fotografico di Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco e Fabio Severo, per “Un’archeologia visiva dei fenomeni mafiosi nell’Italia Contemporanea”. In occasione del decennale dall’inizio del progetto, la Fondazione Garuzzo ha deciso di ospitarne le immagini nella sua totalità presso il polo museale della Castiglia di Saluzzo, in occasione di una mostra curata da Alessandro Carrer in collaborazione con Clemente Miccichè, in apertura il 14 ottobre 2022.
Significativa la scelta dello spazio espositivo, che racconta una storia di trasformazione. Prima antichissima residenza nobiliare fortificata, poi carcere temutissimo, funzione svolta fino al 1992, quindi sede espositiva. Al piano terra si trova infatti la collezione permanente d’arte contemporanea della Fondazione Garuzzo, grazie alla quale la Castiglia è entrata a far parte dei Luoghi del Contemporaneo individuati dal Ministero della Cultura. Ed è dunque in questi spazi stratificati e pieni di significato che saranno esposti i lavori fotografici raccolti da Bonaventura, Imbriaco e Severo nel corso di dieci anni. «Il progetto è per sua tematica in continuo divenire e la Fondazione Garuzzo, insieme al Comune di Saluzzo, sta collaborando con i tre autori per sostenerne la prosecuzione», ha dichiarato Rosalba Garuzzo.
«Le immagini dei tre autori sono lontane da ogni forma di spettacolarizzazione, nulla hanno a che vedere con la violenza e il male che il senso comune associa all’agire mafioso», spiega Carrer. «Sono fotografie all’apparenza volatili, evanescenti, assai più vicine alla prospettiva documentaria che a quella fotogiornalistica. Come è stato più volte notato, abitano accanto alla tradizione di “Viaggio in Italia”, pietra miliare della fotografia italiana; prediligono un angolo di visione più periferico, vicino ai margini, piuttosto che la forza denotativa di un singolo oggetto troppo carico di senso».
«I protagonisti delle fotografie in mostra, infatti, non sono i carnefici né le vittime, ma ciò che nel quotidiano i boss mafiosi vedevano dalla finestra della loro abitazione, che in questa trasfigurazione è passata dalle regge principesche del meridione alle villette monofamiliari di piccoli paesini industriali del Norditalia», continua Miccichè. «Ciò mostra come negli ultimi anni non sia stata solo la storia della mafia a cambiare, ma anche la sua geografia: da Corleone, Casal di Principe, Gioia Tauro, si è estesa a territori quali Bardonecchia, Giussano, Trezzano sul Naviglio».
Prodotta in collaborazione con il MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, la mostra rimarrà aperta fino all’8 gennaio 2023 e durante il periodo espositivo verranno organizzati eventi di approfondimento, incontri e presentazione di libri sul tema, visite guidate.
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