Elaborare le immagini, ritrarre, raccontare, costruire, sviluppare. Queste tracce di memoria di una storia poliedrica e molteplice emergono in due importanti mostre: Helmut Newton. Legacy, al Museo dell’Ara Pacis fino al 10 marzo 2024, e Intimate Landescapes. Maryam Eisler, ospitata dalla Mucciaccia Gallery di Roma fino al 16 marzo 2024. Le esposizioni, seppur possano apparire così lontane, approfondiscono una ricerca sul ritratto femminile da cui emerge un percorso delicato, costellato di immagini in cui corpi e soggetti femminili vengono celebrati nella loro scultoreità, quasi altera.
Nel caso dell’ampia retrospettiva sul genio di Helmut Newton, sono stati raccolti 200 scatti, di cui 80 inediti. Attraverso un percorso prevalentemente cronologico, in cui si è voluto ricostruire l’intero immaginario dell’artista, emerge come, da sempre, la sua produzione è stata improntata ad un’estrema vicinanza al soggetto e ad un rapporto ancora più stretto con il fashion system. Newton, nato a Berlino da una famiglia benestante ebrea, è sempre riuscito, nelle sue opere, a cogliere lo zeitgeist: come sottolinea Denis Curti, curatore della mostra con Matthias Harder (presidente della Helmut Newton Foundation), Newton è stato «Un genio capace di reinventare il linguaggio fotografico», tramutando soggetti in attori di uno spettacolo da lui architettato.
La fotografia di moda è stato l’ambito di massima espressione della produzione del fotografo. Provocatorie, sensuali, carnali, noir, vivono in ambienti onirici costellati da un crudo e freddo realismo. Il mezzo non fa altro che certificare una congiuntura spazio-temporale in cui l’essere umano esprime la sua massima ambizione: un voyeurismo perverso di corpi perfetti e scultorei. Il fotografo gioca con i codici, rimescola i generi, attraversando la storia dell’arte per depredare forme e stilemi in cui può navigare. Ammiraglio cieco di una contemporaneità ostinatamente perfetta, Newton porta una contemplazione spirituale in un gioco immenso delle tracce dell’iconografia contemporanea e precontemporanea.
Il mondo diventa immagine e si trasforma in un ritratto fiero di una visione quanto più contemporanea possibile: una liberazione sostanziale del ruolo della donna, che può esulare da qualsiasi schema per emergere dalle macerie di un universo androcentrico e patriarcale. Anche l’allestimento, costruito attorno a neon che assomigliano a quelli di un club parigino, celebra la rottura del velo perbenista e borghese di una rappresentazione della società che soccombe alle sue convinzioni più stereotipate.
L’esposizione di Maryam Eisler supporta questo approdo concettuale sotto una prospettiva differente. Appartenente a una generazione successiva a quella di Newton, Eisler è nata in Iran, cresciuta a Parigi, ha studiato negli Stati Uniti. Un cosmopolitismo che emerge nella rappresentazione ibrida tra oriente ed occidente della figura femminile. Come Newton, tuttavia, parte da un’analisi realista della contemporaneità per costruire un’immagine onirica, colma di sentimenti, passioni, emozioni.
Le immagini si fanno architetture, paesaggi metaforici di un’atavica energia femminile, la cui fisicità viene esplorata e trascende in un corpo divino. L’estraneità dello sguardo fotografico è il presupposto necessario all’incontro con l’altro e all’emersione dell’alterità stessa: non c’è intimità, senza estraneità, per riprendere Il corpo dell’arte di Jean Luc Nancy (Mimesis, 2014). È questa intimità che sviluppa la dialettica ambigua delle rappresentazioni. Eisler, attraverso la lente della macchina fotografica, rivela l’ambivalenza della condizione femminile, costretta tra la sua forza e la sua vulnerabilità. Questi paesaggi intimi sono costruiti attraverso l’accostamento di fotografie di soggetti, oniriche e surreali, a elementi naturali e artificiali, che sviluppano questo stretto dualismo.
Le emozioni sono il veicolo fondamentale attraverso il quale le due esposizioni tracciano una traiettoria comune nello sviluppo di entrambi i percorsi concettuali. Dall’estetica di Newton emergono ritratti che vogliono sedurre e liberare, celebrare e trascendere il corpo e la bellezza femminile. Nella personale di Eisler, struttura e linearità illuminano i contorni levigati dei corpi dei soggetti. Un contrasto marcato tra luci ed ombre, forme e amorfismi, colori e strutture accomuna due esperimenti visuali così lontani ma profondamente correlati. Una riflessione quanto più contemporanea in un settore, come la moda, in cui la liberazione del corpo è l’obiettivo radicale di una riflessione e rivalutazione delle sue stesse metodologie.
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