Sensazioni sfuggenti, momenti che scorrono davanti ai nostri occhi. La realtà è un concetto tanto ambiguo quanto leggero: uno spazio noto, un corpo conosciuto, una identità definita, possono apparire inafferrabili improvvisamente, giusto il tempo di un’immagine. Con tutta la complessità che ne consegue, visto che, nello scatto una Polaroid, si innescano circa 5mila reazioni chimiche. Le foto in bianco e nero impiegano circa 10 minuti per emergere, quelle a colori circa un po’ di più. Quelle di Enzo Obiso sono sempre elusive. Elusive Polaroid è il titolo del volume pubblicato nel 2024 da King Koala Press e presentato in occasione del MIA – Milano International Art Fair 2024, che raccoglie una serie di istantanee inedite. Una selezione di 12 di queste immagini è presentata nella project room di NH Collection di Torino, in Piazza Carlina, per un progetto espositivo in collaborazione con Photo&Contemporary.
«Le fotografie, sono tutte realizzate nel mio studio di Torino dove i soggetti fotografati interagiscono profondamente con lo spazio, la luce e gli oggetti presenti in studio e dove la connessione tra corpo e ambiente crea una narrativa visiva che stabilisce un dialogo profondo tra tutti gli elementi», spiega l’artista.
Nato a Campobello di Mazara, Obiso ha completato i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove ha iniziato a esporre nel 1976 alla galleria Documenta. La sua ricerca si concentra sull’essere umano, esplorando i luoghi di appartenenza, la natura e il paesaggio come rifugio della memoria, e il corpo alla ricerca di identità. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni italiane e internazionali. Ha partecipato a mostre importanti come la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e diverse esposizioni alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Dal 2011, è cofondatore e direttore artistico di Phos, Centro Fotografia Torino, dedicato alla promozione della fotografia e delle arti visive.
«Enzo mi racconta che le polaroid sono nate in parallelo a quella che è la sua consueta pratica di lavoro, sono spuntate attorno, wild flowers un po’ punk, senza andarne in cerca, “è come il tempo che scorre.” Quasi non se ne è accorto di questo corpus importante che cresceva, prendeva consistenza, personalità, alimentato da un suo fare leggero, da scatti veloci e sciolti che accadevano nelle pause degli altri scatti, quelli, invece, frutto di pose e inquadrature meticolosamente studiate, appartenenti a un rigoroso rituale», scrive Olga Gambari, nella prefazione al libro.
«Pian piano hanno creato una sorta di diario visivo privato, una documentazione di backstage presa per appunti sparsi e non strutturati, dove concedersi la libertà, l’ascolto, il respiro, dove appuntare e trattenere quello che la sua precisione quasi ossessiva e il controllo totale di ogni dettaglio, alla ricerca dello scatto perfetto, non gli hanno mai concesso. Le polaroid costituiscono un percorso a parte, una gemmazione dal corpo principale del suo lavoro, dove avviene uno stacco, una sospensione di responsabilità e dominio. Enzo è il primo spettatore di ciò che accade. Condivide la sorpresa. Queste polaroid, infatti, sembrano galleggiare in un tempo e in uno spazio sospeso, suscitano dubbi, non danno risposte né pongono domande, rendono l’apparenza scivolosa e schiusa, fisica e onirica al tempo stesso. Viva».
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