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Le fotografie di Marco P. Valli: scuse per accedere a mondi inaccessibili
Fotografia
Negli scatti di Marco P. Valli, frammenti di umanità si mescolano in un variegato dipinto sociale che non dimentica proprio nessuno. Scambisti, esibizionisti e feticisti di ogni tipo, politici e migranti, ci appaiono negli scatti come misteriosi personaggi di un racconto del quotidiano. Pensare per immagini! Storie irresistibili, ridicole e intime, racconti nei quali non vediamo l’ora di immergerci. Ci sono tanti modi di fare di fotografia, in questa nuova puntata di The Undergorund, la nostra guida all’arte al di là dei circuiti convenzionali, abbiamo intervistato Marco P. Valli, chiedendoci di parlarci del suo.
The Underground: l’intervista a Marco P. Valli
Ti ricordi il tuo primo scatto?
«Non ho ricordi del mio primo scatto ma ho ben chiaro il periodo in cui ho iniziato a fotografare. Ai tempi del liceo frequentavo l’Istituto Statale d’Arte di Monza, non avevo mai soldi e fare foto era uno sport per ricchi. Fortunatamente Max, il magazziniere della scuola, mi passava sotto banco delle pellicole scadute ma ancora buone che abbinate ad una Yashica che avevo “preso in prestito” da mio nonno, mi hanno dato l’opportunità di approcciarmi alla fotografia. Insieme a un amico ho poi messo in piedi una camera oscura completa di tutto per sviluppare e stampare pellicole in bianco e nero. Anche in quel caso buona parte dell’attrezzatura mi era stata donata dalla scuola».
Tra i tuoi lavori più evocativi c’è Italian Ghettos, i cui esiti sono stati pubblicati da l’Espresso e Internazionale, per questi scatti hai trascorso alcuni giorni nel Ghetto di Rignano. Come hai vissuto quest’esperienza? Quanto incide immergersi in un ambiente per la riuscita di uno scatto?
«Quella di Italian Ghettos è stata una delle mie prime esperienze da fotografo. Sono andato prima al Ghetto di Rignano in Puglia, poi a quelli di Rosarno e San Ferdinando in Calabria insieme a Luca Santese, tra il 2013 e il 2014. Sia in Puglia che in Calabria è stato necessario immergersi completamente nell’ambiente per riuscire a portare a casa la “storia”, dato che gli abitanti dei ghetti erano molto schivi nei confronti della stampa; io e Santese abbiamo infatti vissuto lì per quattro giorni e quattro notti, mangiando con loro e dormendo in una delle poche strutture in muratura presenti nel ghetto, solitamente impiegata da due prostitute per lavorare.
In situazioni delicate come quella, se non ci si immerge del tutto nell’ambiente che si vuole raccontare, si ottiene una documentazione sterile e per niente approfondita. Al contrario invece si ha un rapporto con il prossimo, si iniziano a comprendere le dinamiche interne del luogo, si entra nell’organico del racconto con tutte e due le gambe».
Bakeca è una ricerca fotografica sull’esibizionismo come forma di espressione sessuale creato con la collaborazione di Anna Adamo, come è nato questo progetto e soprattutto come lo avete realizzato?
«Bakeca è un progetto di ricerca nato all’inizio del 2014. Io e Anna in quel periodo volevamo lavorare sulla sessualità altrui e per farlo, dopo una serie di tentativi fallimentari, abbiamo trovato il mezzo che faceva per noi: un sito di incontri per adulti frequentato da escort, scambisti, esibizionisti e feticisti di ogni tipo. Abbiamo quindi inserito un annuncio in questo sito web, dichiarando di essere una coppia di fotografi alla ricerca di soggetti esibizionisti per un progetto fotografico. Quella dell’esibizionismo era più che altro una scusa, perché abbiamo pensato che la natura esibizionista dei soggetti, il volersi mostrare, fosse una scorciatoia per poter accedere ai lati più intimi e nascosti della loro sessualità. E ha funzionato.
Al nostro annuncio rispondevano decine di persone a settimana, anche se solo una piccola percentuale di queste diventava poi uno shooting. Incontravamo i soggetti in luoghi stabiliti da loro (motel, boschi, uffici, fiumi, abitazioni…) e loro ci mostravano, con più o meno disinvoltura, un lato della loro sessualità fino ad allora inespresso o nascosto. Questo lavoro è andato avanti per circa due anni, poi ci siamo convinti a dare una forma al progetto attraverso la creazione di un libro. Bakeca è uscito, edito da Cesura Publish, a novembre del 2017. Lo abbiamo presentato prima a Parigi e poi a Milano».
Bollito magro! è un progetto realizzato assieme al collettivo Cesura che unisce street food e lussuria, come è nata questa idea?
«Bollito magro! è parte di Photobuster, un progetto collettivo che Cesura ha organizzato a Palermo come in altre città d’Italia e d’Europa. Questo coinvolge un gruppo assortito di fotografi di Cesura che vengono “sguinzagliati” in una città per seguire ognuno una storia di pochi giorni che, insieme agli altri, dà vita a un racconto della città.
Bollito magro! è stato il mio lavoro per il Photobuster di Palermo. Diversi anni fa ho visitato Palermo insieme ad un amico siciliano con famiglia palermitana. Ai tempi ero rimasto impressionato da quanto il cibo e il mangiare fossero una colonna portante della cultura locale. Nel 2018 ho preso quindi la palla al balzo con Photobuster per poter approfondire questo aspetto unico del capoluogo siciliano e ho iniziato a indagare su quali fossero i luoghi di culto dell’unto per poi fotografarne i cultori, cioè i “mangiatori” palermitani.
Non nego che sia stata anche un’ottima scusa per potermi strafogare di ogni leccornia di cui non sospettavo nemmeno l’esistenza fino ad allora. Ricordo che diversi miei colleghi di Cesura si sono preoccupati per il mio stato di salute».
Tra le tue ultimi imprese vi è Realpolitik un’analisi critico-satirica sulla situazione politica italiana dopo le elezioni del 4 marzo 2018, che ci fa comprendere l’importanza dell’immagine nella comunicazione politica. Realpolitik riscrive inoltre il ruolo del reporter da cronista a critico, determinando l’iconografia della Terza Repubblica. Come nasce questa idea? È stato facile realizzarla? Ci sono state ripercussioni politiche dopo la pubblicazione di questo lavoro?
«Realpolitik è nato dall’occasione che io e Luca Santese, coautore del progetto, ci siamo trovati davanti verso la fine del 2017 con l’avvicinarsi di quella che sarebbe stata una nuova era politica nel nostro Paese. Abbiamo avvertito la possibilità di dedicarci fin dall’inizio alla documentazione di quella che alcuni hanno definito la Terza Repubblica e della ventata populista che si trascinò dietro.
Abbiamo iniziato producendo una serie di ritratti ai leader dei partiti in gara per le elezioni politiche del 2018 con lo scopo di vendere le fotografie ai magazine nazionali e internazionali. Esausti, dopo due mesi di comizi con poche foto vendute, ci siamo auto-prodotti un volume contenente i ritratti più ravvicinati e grotteschi partoriti in quei mesi. Lì è nato Boys Boys Boys, primo capitolo di Realpolitik.
Nell’anno successivo, tra feste, proteste, manifestazioni e comizi dei due partiti al governo (M5S e Lega), hanno preso vita gli altri tre capitoli del progetto: Popolopopolo, Lega Nord Party e MoVimento Lento. Il nostro scopo era quello di restituire un’iconografia del potere alternativa e opposta a quella di cui sentivamo parlare tutti i giorni attraverso i media tradizionali o i politici stessi. Realpolitik è stato un tentativo di sovversione dei canoni della comunicazione politica contemporanea».
Quale è secondo te il ruolo del fotografo nella società contemporanea?
«Non me la sento di dire quale sia il ruolo del fotografo nella società. Credo che ogni fotografo abbia un ruolo diverso in base a come lavora o al perché ha scelto il linguaggio fotografico per raccontare. Nel mio caso quella della fotografia è sempre stata nient’altro una chiave: la migliore delle scuse per poter accedere a delle realtà o dei contesti altrimenti inaccessibili».
Marco P. Valli è nato nel 1989 a Monza. Dopo il diploma ottenuto nel 2009 all’Istituto d’Arte di Monza, frequenta nel 2010 l’Accademia delle Belle Arti di Brera per poi specializzarsi nel 2011 presso la scuola di fotografia CFP Bauer a Milano.
Ha collaborato con il collettivo CESURA sino al 2016, producendo progetti sia personali che collettivi. Nel 2017 pubblica il suo primo libro edito da Cesura Publish: Bakeca, un progetto di ricerca fotografica sull’esibizionismo legato alle espressioni della sessualità̀.
Nel 2018, insieme a Luca Santese, sviluppa il progetto Realpolitik, un’analisi satirica sulla situazione politica Italiana dopo le elezioni del 4 marzo 2018 che viene pubblicata periodicamente attraverso una serie di volumi (Boys Boys Boys, Popolopopolo, Lega Nord Party, MoVimento Lento).
I lavori di Marco P. Valli sono stati pubblicati su magazine nazionali e internazionali, come Time, Vogue, L’Espresso, Libèration, Vanity Fair, Internazionale, Vice, Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore.
«La fotografia è sempre un escludere il resto del mondo per farne vedere un pezzettino», Luigi Ghirri
Per le altre puntate di The Undergroud, la nostra guida all’esplorazione dell’arte diffusa al di là dei circuiti convenzionali, per scelta o per caso, potete cliccare qui.