Franco Fontana ha attraversato gli Stati Uniti nel 2001, da Chicago a Los Angeles, percorrendo la mitica Route 66, e ha documentato quest’esperienza con gli scatti esposti nel 2002 a Palazzo Magnani, a Reggio Emilia.
Oggi il fotografo propone le fotografie che fungono da descrizione minuziosa del viaggio, articolate in due sezioni curate da Sandro Parmiggiani: alla Reggia di Colorno, nell’ambito di ColornoPhotoLife, sono esposte 65 fotografie; la seconda sezione ha inaugurato giovedì 15 ottobre a BDC, Bonanni Del Rio Catalog.
Nel 1963 lo stesso Parmiggiani aveva percorso il medesimo itinerario, mosso dall’ebbrezza e dalla frenesia che contraddistinguevano gli anni Sessanta e aveva intrapreso «un viaggio non solo nell’oceano, ma nell’anima», come racconta nel testo introduttivo del Catalogo della Mostra.
La necessità di scoprire, di vagabondare, di lasciarsi andare alla scoperta di un territorio ignoto, l’idea di un viaggio esistenziale è uno dei miti dolenti di quegli anni. Il paesaggio che la strada attraversa è caratterizzato da vedute estremamente diverse tra loro: terreni agricoli e aridi e praterie desertiche lasciano via via spazio ai ranch e a una vegetazione selvaggia e lussureggiante.
A distanza di quarant’anni Fontana documenta lo spettacolo che si presenta davanti al suo obiettivo fotografico e coglie il sole, ma anche le ombre insite in questo orizzonte e le fa emergere unitamente alla polvere rossa della strada e al blu squillante del cielo. Nei contrasti cromatici serpeggia un’atmosfera di solitudine e abbandono che pervade gli edifici, nonostante i colori forti, feroci, abbacinanti, che si slegano dalla natura circostante e sembrano blocchi isolati nella wilderness.
Il sole non compare mai fisicamente nelle fotografie, ma è protagonista indiscusso perché responsabile della vividezza dei colori. I motel sono disabitati, dimessi, con le saracinesche abbassate di un blu che è stato zaffiro, ma che ora si intravede attraverso lo spesso strato di polvere. Le insegne scolorite a lettere maiuscole sembrano urlare messaggi che ora nessuno recepisce. Il fotografo coglie perfettamente il baluginio che avvolge le cose, le vedute, quasi cristallizzate in un’atmosfera rarefatta. Il cielo è basso, di un azzurro terso e le nuvole non esistono. L’atmosfera è così spessa che permette allo sguardo di vagare solo in direzione orizzontale: la strada che solca il limite della fotografia sembra perdersi in un ideale fuoco prospettico che ipnotizza lo spettatore verso l’orizzonte. Unica intersezione sono i pali del telegrafo, geometrie disegnate nel cielo, punto di riferimento che, perpendicolare alla Mother Road, costituisce una mappa da seguire, una carta geografica che si sposta in verticale.
Luoghi mai esplorati, ma noti da sempre a chi guarda perché sono il panorama per antonomasia del Viaggiatore. E poi il giallo del sole e delle pareti dei motel, l’ocra delle pompe di benzina, il rosso acceso delle stazioni di servizio dalle cromie lucenti e la terra battuta. Villaggi fantasma, travi di legno consumate dalla pioggia e dal sole. Ovunque l’assenza dell’uomo suscita emozione, perché, al contrario, si rivela presenza forte che trasuda dall’abbandono.
Bar e fabbricati sono fatiscenti, ma in questi serpeggia ancora l’impulso vitale delle macchine che hanno sfrecciato sull’asfalto o che hanno sostato brevemente qui, delle persone che hanno guardato questi orizzonti e che Fontana riesce perfettamente a cogliere e a tradurre in volontà di proseguire.
È come se si trattasse di abitazioni temporanee che comunicano desolazione, una desolazione lasciata dall’abbandono di coloro che si sono allontanati per proseguire. Questi luoghi sono simbolo della caducità, ma allo stesso tempo, traballanti, le resistono e si tengono in piedi, acquistando significato solo in sequenza, perché tappe di un viaggio da percorrere, ancora lungo e privo di prospettive.
Le fotografie di Franco Fontana fissano quel che resta di un tempo perduto: tratti di strada non più in uso, di cui la natura si è riappropriata, che ha come unico testimone un sole implacabile e cieli così vicini da poter essere toccati.
Il viaggio sulla Route 66 è una sintesi di esistenza, speranza, esaltazione, scontro con la realtà talvolta cruda, successiva disillusione, solitudine e infine amara consapevolezza. Come sottolinea il curatore Sandro Parmiggiani introducendo il catalogo della mostra: «Si imbocca la “strada” per inseguire un sogno, anche breve, per allontanarsi dalla cronaca quotidiana, per uscire dalla storia, per andare incontro al proprio destino».
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…
Un'artista tanto delicata nei modi, quanto sicura del proprio modo d'intendere la pittura. Floss arriva a Genova in tutte le…
10 Corso Como continua il suo focus sui creativi dell'arte, del design e della moda con "Andrea Branzi. Civilizations without…