Nella sontuosa dimora di Villa Pignatelli, a Napoli, il 14 settembre, in un lucente pomeriggio, si è tenuto un interessante convegno ispirato alle Storie di Pietròfori e Rosomanti, ultimo lavoro fotografico realizzato nella città partenopea da Elisa Sighicelli. L’appuntamento ha visto ospiti internazionali discutere sul ruolo della fotografia e sul suo scopo. Già il titolo dell’incontro, Domanda: Ma questa è fotografia? – Risposta: Vi sembra una buona domanda?, vuole proporre uno spostamento del punto di vista sulle possibilità che questo medium può aprire per le arti visive.
In una sala della villa neoclassica su Riviera di Chiaia, decorata da ampie specchiere e lampadari, gli invitati hanno intrattenuto la platea con una discussione poliedrica. Andrea Viliani (Direttore del Madre), Sabrina Tarasoff (Critico d’arte), Jennifer Higgie (Editor at large di Frieze Magazine), Carolyn Christov-Bakargiev (Curatore, storico dell’arte, Direttore del Castello di Rivoli) hanno dato vita a un dibattito vivo, argomentando temi inerenti la letteratura e la critica, per poi spaziare verso la fisica e le sue grandezze.
Per la natura stessa dell’argomento, arrivare a una conclusione universale e paradigmatica sarebbe stato troppo ma ne sono venute riflessioni acute, permettendo anche un dibattito, sia sul lavoro di Elisa Sighicelli, in mostra a Villa Pignatelli di Napoli fino al 22 settembre, a cura di Denise Maria Pagano, che sulla discussione in atto.
In definitiva è giunto il momento di assegnare un ruolo preciso alla fotografia ma qual è il suo spazio?
Dei tanti punti emersi, una sintesi potrebbe ripercorrere l’andamento stesso del medium che, con le esperienze futuriste e dadaiste, in particolare, e il susseguirsi di grandi esponenti dal dopoguerra a oggi, ha esperito un potenziale enorme, tanto da offrire potenza comunicativa e autonomia di linguaggio. Indubbia è la valenza allocronica, per dirla alla Francesco Faeta, antropologo visivo, cioè quella peculiarità di sospensione del tempo che, in ambito descrittivo e narrativo, interviene a rimodulare l’importanza e l’eccezionalità dell’evento, non come espressione filtrata e rielaborata ma come immediatezza di lettura e di narrazione. D’altro canto, non si può più tergiversare sull’autonomia creativa del mezzo che va al di là della sua natura documentaria e affronta il problema dell’evoluzione dell’immagine e della partecipazione alla costruzione culturale collettiva.
Elisa Sighicelli, infatti, parte da frammenti reali – una specchiera oppure le lanterne delle carrozze o ancora i dettagli delle sculture – e li trasforma, attraverso la selezione del taglio e dell’inquadratura, in un oggetti fantastici. Come lei stessa ha sostenuto: «Da una parte abbiamo l’immagine e la rappresentazione, dall’altra abbiamo la realtà. La nostra percezione naviga tra questi due aspetti».
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