Vasi, libri, ciotole, lampadine, piccoli pezzi di legno, oggetti e forme, oppure ombre, ricordi, sottili tracce lasciate su una superficie sensibile all’impressione. Così Sergio Scabar interveniva sull’immagine fotografica, attraversandola nelle sue dimensioni e nelle sue possibilità, per far emergere l’essenza fenomenica delle cose, quella che tende a sfuggire come una eco ma di cui una parte, una sottile frequenza, pure si trattiene, diventando, alla fine, natura morta. «La mia è una stampa creata in camera oscura, un momento vissuto nella nascita di qualcosa di miracoloso», raccontava Scabar, parlando del processo della sua arte. È dunque una sorta di viaggio alchemico, di trasformazioni continue, quello proposto dalla mostra Il tempo sospeso: Opere di Sergio Scabar, ideata da Fabio Castelli e curata da Angela Madesani, che presenta gli ultimi lavori del fotografo scomparso nel 2019, con immagini inedite provenienti dalla famiglia e da collezioni private. Inserita nell’ambito delle iniziative di MIA Photo Fair, la mostra sarà visitabile dal 25 gennaio al 20 aprile 2024, a Milano, negli spazi di BAG – Bocconi Art Gallery, in via Sarfatti 25, che già ha ospitato altri appuntamenti di MIA, tra cui una selezione di opere del fotografo tedesco Uli Weber.
La mostra di Sergio Scabar a Milano sarà scandita da una serie di fotografie in bianco e nero, stampate su carta baritata di alta gamma, costituita di pura cellulosa a grammatura spessa, e poste all’interno di cornici nere, senza vetro né passe-partout. «Scabar è – uso volutamente il presente – un artista difficilmente collocabile in un ambito ristretto, sarebbe una coercizione priva di utilità», si legge nel testo critico scritto da Madesani ad accompagnamento della mostra.
«Il legame con quelli che Scabar considerava i suoi maestri era di natura spirituale, più che formale. Ognuno dei suoi lavori è portatore di un’aura, che ne determina l’unicità, la non banalità per quello che rappresenta all’interno della sua storia. Le sue non sono narrazioni, l’artista ha, piuttosto, bloccato degli oggetti nel tempo, li ha sospesi. I suoi sono still life nel senso più corretto del termine e non nature morte. Nelle sue opere è sempre un incontro spazio-temporale preciso, in cui ci troviamo di fronte a delle epifanie sacre. È come se l’artista creasse un recinto, un tèmenos, nell’accezione della grecità antica, dove nessuno è, tuttavia, il legame con la fede», continua Madesani.
«I suoi sono teatri delle cose, di cui Scabar è stato regista perfezionista e severo, prima di tutto con sé stesso. Nulla poteva sfuggire dal suo controllo. Sono come dei tableaux- vivants, che rimandano a certa tradizione storico-fotografica vittoriana».
La mostra si Sergio Scabar a Milano rientra nel percorso di avvicinamento a MIA Photo Fair 2024, la fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia in Italia, la cui prossima edizione si terrà dall’11 al 14 aprile 2024, nella centralissima sede di AllianzMiCo. «La mostra dedicata a Sergio Scabar ospitata in Bocconi – afferma la Direttrice di MIA Ilaria Dazzi – testimonia la volontà di Fiere di Parma di stabilire un rapporto sempre più stretto con la città di Milano. Pensiamo che la fotografia possa dare un contributo fondamentale per arricchire la già importante proposta culturale della città. Il nostro obiettivo è creare un network di valore con un numero sempre maggiore di istituzioni cittadine.
Fabio Castelli ideatore della mostra conclude: «La scelta di questo artista vuole ricordare l’intento espresso nel concept delle mostre in Bocconi, ossia quello di presentare autori italiani e stranieri di livello internazionale, ma relativamente meno conosciuti in Italia e a Milano in particolare. L’occasione si è presentata considerando il tema “Changing” nell’edizione di MIA Photo Fair di quest’anno. Le opere di Scabar, così lontane dal tempo e dal fragore del nostro presente, trovano l’apice della loro suggestione osservando quelle nelle quali riconosciamo alcuni elementi che facevano parte del mondo della fotografia. Quel mondo lo conosciamo bene. Ci sembrano lontanissime, e ci inducono alla riflessione sui valori di questo cambiamento».
Sergio Scabar nacque a Ronchi dei Legionari (Gorizia) nel 1946 e qui ha vissuto e lavorato fino alla morte, avvenuta nel 2019. Cominciò a interessarsi alla fotografia nel 1964. Dal 1966 al 1974 ha partecipato saltuariamente a concorsi nazionali e internazionali, utilizzando la fotografia soprattutto con finalità di racconto e reportage. Successivamente, negli anni ’80, il suo lavoro prese una svolta sostanziale: la figura umana uscì dai dai suoi lavori e il suo interesse si concentrò sulla natura, sublimando l’aspetto materiale e concettuale.
Col lavoro Il Teatro delle cose nel 1996, iniziò a utilizzare una stampa alchemica ai sali d’argento “unico esemplare”. Il metodo di lavoro artigianale emerse maggiormente rispetto alle opere precedenti. Nel 2003 ha ricevuto dal CRAF il premio Friuli Venezia Giulia Fotografia. Nel 2005 realizzò una persona dal titolo Tempo Fermo al Castello di Grumello, Bergamo, a cura di Philippe Daverio. Nel 2008 pubblicò Silenzio di Luce per Punto Marte Editore e nel 2010 Cidinors, edito da Associazion cultural Colonos di Udicne. Partecipò nel 2015 alla collettiva Obiecta presso la Giacomo Guidi Gallery di Roma e nel 2016 a Silenzi, presso la Galleria Milano (Milano) di Angela Madesani. Nel 2017 venne realizzata una personale alla Galerie L&C Tirelli a Vevey, in Svizzera.
Le sue opere sono anche nella collezione della Pinacoteca dei Musei Provinciali – Palazzo Attems Petzenstein, della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, del CRAF – Centro di ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo (Pordenone), nella collezione della Polinova Galerija di Aidussina (Slovenia) e dell’Associazione cultural Colonos (Villacaccia di Lestizza, Udine).
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