Gli spazi di una casa d’accoglienza innovativa e sperimentale della periferia di Roma mutano in luogo di bellezza, di riflessione e di contemplazione, grazie al progetto fotografico di Silvia Sciarra (Tarquinia, 1996) che attraverso una mescolanza di scatti ci descrive un mondo intimo, politico e personale. “Changanika”, appunto “mescolanza” dallo Swahili, è una parola perfetta per descrivere anche ciò di cui si occupa Casa Scalabrini 634, spazio situato in via Casilina 634, tra Centocelle e Tor Pignattara, punto di partenza di un lungo progetto, dove la prima parte dell’opera, realizzata nel 2019, testimonia attimi e attività quotidiane all’interno della struttura, mettendo in luce la profondità e l’intensità dei rapporti umani, sociali e culturali che si innescano in un contesto di accoglienza della periferia romana.
Una serie di immagini in bianco e nero, dallo stile quasi cinematografico, che ritraggono i protagonisti del luogo, immortalati nelle diverse situazioni possibili della stessa casa d’accoglienza. Qui l’artista, tramite il suo lavoro, diventa parte attiva di questo percorso di integrazione, coinvolgendo l’osservatore in un viaggio introspettivo e di reciproca scoperta e non solo; Sciarra porta con sé il fruitore in questa potente opera di rivelazione e di esplorazione di un mondo che non sempre siamo capaci di osservare con la giusta attenzione. Proprio i concetti di scoperta e d’accoglienza sono distintivi di Casa Scalabrini che, tra i suoi obiettivi, persegue quello di accompagnare ogni richiedente asilo in un vero percorso di autonomia e integrazione attraverso un’attenta politica di cura e di vita comunitaria.
È in questo percorso fisico e mentale che l’artista si integra perfettamente, mescolandosi e perdendo così ogni tipologia di confine, entrando così con la sua macchina fotografica nelle attività, nelle esperienze e nelle storie personali degli abitanti della struttura. Questo viaggio, durato oltre due anni di lavoro, la porterà a scoprire, vedere e rivedere un mondo anche fuori dalla struttura, un luogo dove l’umanità finalmente trionfa e non affonda e dove saranno gli stessi ex inquilini della struttura, Shahid, Hashim, Farhan e Shukrullah, a ospitare l’artista in momenti familiari e conviviali come quello semplice della condivisione di un pasto, nella loro nuova casa (e vita) romana.
Anche lì, le fotografie rimangono dalla traccia intima e coinvolgente e restituiscono ai fruitori l’idea di come sia la vita all’interno di questo microcosmo. Un’immersione totale e partecipata nella condivisione e nella solidarietà, un richiamo all’umanità in un momento storico dove quest’ultima non è così scontata o naturale. Nel complesso, la mostra fotografica offre al pubblico uno sguardo intenso e autentico sulla vita d’accoglienza, evidenziando l’importanza del sostegno e della solidarietà nella creazione di una comunità inclusiva e accogliente. Grazie al suo lavoro, Silvia Sciarra ci regala uno sguardo nuovo e altamente umano sui valori della solidarietà, dell’altruismo e dell’unione.
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